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Davvero i tifosi preferiscono una Serie A in cui vincono sempre gli stessi?

POSTA NAPOLISTA – Che cosa ci sarebbe di equo nel sistema attuale? Si lotta per il quarto posto e si va in Champions a fare da sparring partner

Davvero i tifosi preferiscono una Serie A in cui vincono sempre gli stessi?

Il coro pressoché unanime degli oppositori alla Super League m’induce a qualche riflessione, non foss’altro per il sospetto che nutro per i plebisciti. Capi di governo e delle istituzioni sportive, intellettuali, esperti d’ogni tipo, opinionisti e addetti ai lavori fanno a gara di sdegno e gonfiano il petto contro i nuovi mostri del pallone, «perché il calcio è di tutti». La reazione era, in verità, prevedibile e meraviglia che abbia trovato impreparati i “ribelli”, costringendoli ad un frettoloso e poco decoroso dietrofront, come le ultime notizie sembrano confermare. Vedremo come andrà a finire, anche se l’esito credo sia scontato: accordo con i club (pseudo)scissionisti ed ampie concessioni in loro favore, con buona pace di chi oggi insorge in nome di una fantomatica “democrazia del calcio” (a memoria, ce n’è stata solo una isolata e risalente manifestazione nel Corinthians del compianto Socrates).

È strano, invece, che i tifosi delle squadre partecipanti alla nuova competizione si siano schierati compatti contro il progetto, restando oscura la ragione per cui dovrebbero osteggiarlo, considerato l’indubbio prestigio delle compagini coinvolte, la visibilità planetaria degli incontri e lo straordinario ritorno economico garantito ad ogni partecipante. Né sarebbero in discussione le rivalità locali, tanto care alle frange ultras, considerata la permanenza di ciascuna squadra nel rispettivo campionato nazionale (indiscutibile in base alle norme vigenti) che consentirebbe senz’altro di perpetuare le sfide di campanile in continuità con il passato. Quanto ai supporters degli altri club, quelli di seconda fascia, parvenue come noi, che si accapigliano da anni attorno agli ossi lanciati di tanto in tanto dalle grandi d’Europa per pelosa solidarietà, non mi convince affatto che si ergano a strenua difesa dello status quo, senza rendersi conto di perpetuarne, così, le storture, finendo per dare ancor più forza e legittimazione a chi ha gestito il sistema calcio portandolo a ciò che è oggi: di certo non uno sport, in cui ciascuno gareggia per prevalere sull’altro.

Ma vogliamo davvero continuare ad avere una serie A a 20 squadre, in cui solo una o, al massimo, due società ambiscono al titolo, mentre a tutte le altre non passa neanche per la testa di attrezzarsi per vincere, tanto basta e avanza la qualificazione in Champions, o la mera spartizione dei diritti tv, o il paracadute che rende perfino più conveniente la retrocessione? È questo misero scenario da teatro di quart’ordine che difendono i tifosi del Napoli, della Roma, della Lazio, della splendida Atalanta, del glorioso Genoa, dell’onorato Torino, dell’orgogliosa Fiorentina, del caro Bologna, del fiero Cagliari, della bella Sampdoria, del gagliardo Verona? (Tutte titolate in passato tranne la Dea, e scusate le molte altre degne squadre che trascuro).

Qual è il motivo per cui chi ama fin da bambino queste maglie debba iniziare ogni campionato senza neppure la speranza di vincere lo scudetto, accontentandosi di prevalere nel derby cittadino, o di battere l’odiata rivale, o – addirittura – di far quadrare il bilancio societario? Che gusto c’è a qualificarsi in Champions per fare da sparring partner alle big nei gironi, o per mettere in mostra i giocatori in vista di corpose plusvalenze e di lucrosi ingaggi, senza che sfiori nemmeno l’idea di arrivare fino in fondo come pure hanno fatto in passato il Nottingham Forest, il Celtic, l’Amburgo, la Steaua Bucareșt, il Marsiglia, il Feyenoord, il Psv Eindhoven, la Stella Rossa?

La verità, amara, è che i tifosi hanno da tempo abdicato al loro ruolo – quello di veri “padroni” del calcio, ai quali i gestori delle Società e delle Istituzioni calcistiche debbono dare conto – e sono diventati nella gran parte semplici spettatori, sempre più distaccati, abitudinari, annoiati. E le grida di oggi sembrano quelle di chi non riesce a vedere bene la partita in TV e vuole solo che il collegamento si ripristini al più presto, piuttosto che l’orgogliosa rivendicazione di proprietà sbandierata sui media.

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