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Il mistero Nevio Scala: un grande allenatore, un vero innovatore dimenticato dal calcio italiano

Portò in Italia la difesa con tre centrali coniata da Guy This. Strabiliò con Reggina e Parma. Poi, dopo il Dortmund, l’inspiegabile oblio

Il mistero Nevio Scala: un grande allenatore, un vero innovatore dimenticato dal calcio italiano

È veramente molto strano come, in un intero “sistema” come quello calcistico, nel quale si dispensano, a destra e manca, patenti e titoli di “grande allenatore”, “maestro della panchina”, “innovatore”, “professore”, “filosofo del calcio”, etc, a qualsiasi tecnico che abbia raggiunto determinati risultati o che abbia regalato sprazzi di bel gioco, poi venga sistematicamente “sottostimato” e poco pubblicizzato uno degli allenatori più bravi, vincenti e preparati degli ultimi 40 anni: Nevio Scala.

Chissà perché il suo nome non risulta quasi mai nelle varie graduatorie degli allenatori più “quotati”, al fianco, ad esempio, di nomi come Trapattoni, Sacchi, Capello, Lippi, Ancelotti, Allegri, Conte, Sarri, Zeman, Spalletti, Mancini, etc. Persino Galeone, Scoglio, Ulivieri, Orrico e Maifredi vengono maggiormente ricordati/considerati o, quantomeno, inseriti nel ristretto novero degli “innovatori” del calcio italiano; eppure anche Scala è stato un cosiddetto “pioniere”, dal momento che fu il primo ad introdurre in Italia, prima ancora dei vari Zaccheroni, Malesani e Mazzarri, la difesa con i tre centrali e i due terzini fluidificanti (fino a quel momento utilizzata soltanto dal Belgio di Guy Thys).

Erano gli anni in cui gli allenatori italiani si dividevano, principalmente, in due “correnti”: da un lato vi erano ancora i tradizionalisti, coloro che, fedeli ai dettami tattici della cosiddetta “zona mista” tanto cara ai vari Trapattoni, Bearzot, Radice, Bianchi, etc, erano soliti utilizzare in difesa il libero, due marcatori e un terzino fluidificante sulla corsia di sinistra, dall’altro i “i moderni” (Sacchi, Zeman, Galeone, Maifredi, Orrico, etc) che, invece, utilizzavano, in difesa, una linea di quattro uomini composta da due difensori centrali e due esterni. Scala, invece, seguendo l’esempio del già citato Thys, fuse i principi difensivi di entrambe le scuole, utilizzando il libero alle spalle dei due difensori centrali e dei due esterni bassi. In pratica, rispetto alla “zona mista” utilizzava un fluidificante in più (quello di destra), rispetto alla “difesa a zona” un centrale in più (il libero), adottando così un sistema di gioco nel quale si difendeva a zona ma con il libero (come con Liedholm), si aggiungeva un difensore senza tuttavia perdere qualità in fase di possesso palla e produzione offensiva.

Infatti, nonostante quello che in teoria poteva sembrare una scelta iper-difensiva, le squadre di Scala praticavano un calcio molto bello, divertente e al tempo stesso efficace e “vincente”, tant’è che il tecnico veneto ottenne subito una promozione in serie B con la Reggina al suo primo anno in panchina (terzo posto e promozione conquistata dopo la disputa dello spareggio) e, l’anno successivo, un sorprendente quarto posto in cadetteria sempre alla guida degli amaranto di Reggio Calabria, con i quali sfiorò un clamoroso doppio salto dalla C alla A perdendo, soltanto ai rigori, lo spareggio con la Cremonese per l’accesso alla massima serie. I due ottimi campionati in terra calabrese gli valsero la chiamata da parte dell’ambizioso Parma (sulla cui panchina, negli anni precedenti, si erano seduti sia Sacchi che Zeman…), condotto da Scala, al suo primo anno alla guida degli emiliani, ad una storica promozione (la seconda conseguita in appena tre anni da allenatore) in Serie A!

E anche una volta giunto in massima serie, il Parma di Scala, continuò a stupire tutti, arrivando, da esordiente assoluto in A, due volte terzo, una volta quinto, due volte sesto e una volta settimo in sei anni, nei quali ha anche conquistato una Coppa Italia (più una finale persa), una Coppa delle Coppe (e una persa in finale l’anno successivo), una Coppa Uefa e una Supercoppa Europea.

Ma, una volta terminata, dopo sette anni, la sua esperienza alla guida dei ducali, inspiegabilmente, nessuna società italiana di alta classifica decise di puntare su di lui, tant’è che, dopo essere rimasto “disoccupato” per mesi, fu chiamato in corsa dal neopromosso Perugia di Luciano Gaucci (tornato in massima serie dopo 15 anni di assenza), al posto dell’esonerato Galeone, nel tentativo di evitare un immediato ritorno in B (salvezza che, invece, il Perugia di Scala vide sfumare solo in virtù della classifica avulsa).

E quella alla guida dei umbri fu, strano a dirsi per un allenatore con i suoi trascorsi, l’ultima sua esperienza in Italia, dal momento che, dopo un anno trascorso alla guida dei campioni d’Europa in carica del Borussia Dortmund (con cui conquistò la Coppa Intercontinentale, superando a Tokio i brasiliani del Cruzeiro, e le semifinali di Champions League) e alcune esperienze di pochi mesi ciascuna (intervallate da periodi di inattività) in giro per l’Europa dell’Est alla guida dei turchi del Besiktas, degli ucraini dello Shakhtar Donetsk (condotti nel 2002 alla vittoria sia del campionato che della Coppa Nazionale!) e dei russi dello Spartak Mosca, il bravo tecnico veneto non ha più ricevuto nessuna chiamata da nessuna squadra italiana, chiudendo così la sua carriera di allenatore con “sole” quindici stagioni all’attivo, di cui undici (vissute da “protagonista”) dal 1987 al 1998 e altre quattro (costituite, come visto, da spezzoni di stagioni) dal 2000 al 2004.

Perché il mondo del pallone abbia prematuramente chiuso le sue porte ad un allenatore così e perché, ancora oggi, lo stesso Scala, non riceva la “considerazione” mediatica che merita (che invece viene riconosciuta a tantissimi suoi colleghi, anche meno “bravi”…) resta uno dei più grandi e irrisolti misteri della storia del calcio italiano (e non solo).

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