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Il Napoli non ha più l’ossessione della costruzione dal basso. E il silenzio funziona

Da quando i due litiganti sono spariti dai radar mediatici la stagione della squadra ha avuto una sterzata in positivo

Il Napoli non ha più l’ossessione della costruzione dal basso. E il silenzio funziona
foto Hermann

FALLI DA DIETRO – 33a GIORNATA DEL CAMPIONATO 2020-21

La classifica avvampa sopra e sotto.

Non per lo scudetto.

I Suninter ormai possono decidere quando festeggiare.

L’unico ostacolo è Handa.
Dopo l’ennesima cappellata, capannello dei difensori nerazzurri con Bastoni che percùla a gesti e a parole lo sloveno.
“Ma come cacchio le metti quelle mani?”

Sarebbe gol se non fosse che Abisso e Var vedano un fallo di Faraoni e annullino un pareggio regolarissimo.

Basta Matteo Darmian. Ancora lui, come contro il Cagliari, il giocatore disprezzato da tutti che diventa l’uomo chiave per lo scudetto.

La classifica avvampa per l’Oro d’Europa. Dopo aver sopito – per ora – gli echi scissionisti.

Si complica per la Juve. Che lascia al Franchi due punti preziosi.
Anzi, a pensarci, per come ha giocato, in fondo ne ruba uno.

Il Toy Boy è da un mese in pausa caffè. E dà l’impressione di aver ormai mollato allenatore e società.

La cosa più interessante del post partita è il saluto di Andy Capp Iachini al Vispo Pirlocchio.
Stretta di mani e poi immediato controllo ai gioielli personali.

La classifica avvampa in coda.

Le Streghe precipitano sempre più nel burrone.
Una sola vittoria nelle ultime 17 partite. Chissà dove e contro chi.

I friulani dominano al Vigorito con un don Rodrigo sontuoso e spietato.

E mette in salvo i suoi con cinque giornate d’anticipo.

Il 2-4 definitivo lo mette a segno Jayden Braaf, talento olandese, dopo soli tre minuti dal suo ingresso in campo.
Sterzata su Glik e il tiro sul primo palo.
Prima rete in Serie A e record.
Visto che è il più giovane marcatore in questo campionato con i suoi 18 anni, 7 mesi e 25 giorni.

I Sangue oro non ci sono.
Fonseca ha la testa altrove. E decide di mollare il campionato.

Affida l’unica speranza di rientrare in Champions al trionfo per niente scontato in Europa League.

Un azzardo? Un errore? Una tattica perfetta? Lo dirà il campo.
Per ora solo una Caporetto. Dieci sconfitte in campionato e 54 gol subiti.

Conta ormai solo un appuntamento. Conta solo l’Old Trafford di giovedì.

Terza vittoria consecutiva per Semplici e i suoi ragazzi. che ritornano a lottare per salvezza.
Una cosa che appena due settimane fa sembrava utopistica.

Partita divertente, ricca di gol e di occasioni.

Maestosa prestazione di Razvan Marin.

Il centrocampista rumeno segna il gol del momentaneo 2-1.
Dal limite si inventa un destro potente e angolato. Poi serve l’assist a Joao Pedro.
Incanta letteralmente per visione di gioco e per l’impressionante numero di palloni toccati. Mostruoso.
Con un campione così la salvezza non è più un miraggio.

Avvampa la zona Champions e la Lazio rilancia prepotentemente la propria candidatura.

La squadra di Inzaghi entra in campo con determinazione.
Vuole subito la vittoria. E ci riesce con estrema facilità, gestendo in maniera impeccabile tutti i momenti del match.

Uomo partita Carlos Joaquín Correa.
Che non è proprio l’emblema della continuità.
Ma quando entra in campo come contro i Diavoli, non ce n’è per nessuno ed è una spina nel fianco costante per qualsiasi difesa.

Nella giocata con cui salta il Topone Gigante sul goal del vantaggio e nella conclusione potente del raddoppio, c’è tutta la classe di un attaccante di livello internazionale.

A onor del vero l’azione del primo gol parte da un evidente fallo.

Leiva colpisce con il destro il piede destro di Çalhanoglu.
Orsato non vede, l’azione prosegue e Correa segna.

L’arbitro è in evidente stato confusionale.

Prima fischia, poi va al monitor.

E’ qui che la presunzione dell’anziano signore di Schio ha il sopravvento.
Non può ammettere di aver sbagliato. E a sorpresa convalida.
Facendo infuriare John Malkovic Pioli.
Che di infuriarsi ha mille ragioni.

Il suo Milan frana. Come tutte le squadre che ha in precedenza diretto. Da secondo a quinto. Una disfatta incredibile.
Un crollo verticale per una squadra che 90 giorni fa era in corsa per lo scudetto e adesso rischia di gettare alle ortiche la stagione.

Le Aquile volano.
Sono a cinque punti e hanno una partita in meno.

E’ il Napoli delle meraviglie di questa umida primavera
quello che scende allo Stadio Olimpico Grande Torino.

In dieci minuti già si assicura i tre punti utili per agganciare Milan e Juve e balzare al terzo posto.

E’ un Napoli tanto bello da stropicciarsi gli occhi, tanto bello da perdonargli lo spreco per le mille occasioni create.

Il Gattaccio mostra di aver corretto assetto tattico e fondamentalismi caratteriali.

Costruzione dal basso non più ossessiva.
Centrocampo più solido grazie al contributo costante di Politano e soprattutto dell’ispiratissimo Pibe di Fratte di questi giorni.

Propensione all’imbucata per un Signorinello Pallido, sempre più sommerso da elogi a ogni deliziosa giocata e sempre più determinante nell’aggredire lo spazio fra le linee.

Ricerca più assidua della profondità. Dovuta anche al rientro di Osi, dalla fisicità squassante e dalla sua fame di gloria e di riflettori.

Insomma, le sfibranti scaramucce con il presidente sembrano aver fatto solo il bene della squadra.

Il tecnico calabrese dimostra ancora una volta di essere a proprio agio quando il mare è in burrasca.
E bisogna riconoscere anche un altro dato di fatto.
Da quando i due litiganti sono spariti dai radar mediatici la stagione della squadra ha avuto una sterzata in positivo.
E tutto l’ambiente sembra ora più sereno e concentrato.

Laura Pausini non ha vinto l’Oscar. Ma questo non attenua le responsabilità di chi l’aveva candidata.

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