È sempre in balia del contesto, anche col Crotone. Se i calciatori sono in forma e giocano con intensità, come a Roma e a Milano, i risultati arrivano
Una stagione in una partita
Napoli-Crotone 4-3 sarà ricordata come una partita elettrica, piena di errori, perciò molto divertente. Per l’autore di questa rubrica, però, è stata soprattutto una gara-trattato, una specie di saggio completissimo sulla stagione della squadra di Gattuso, su pregi e difetti, su qualità e (mancanza di) strutture tattiche. C’è tutto il Napoli, c’è tantissimo Gattuso, nei 90 minuti che hanno permesso al Napoli di appaiare la Juventus al quarto posto, quattro giorni prima di un nuovo (decisivo, stavolta sì) scontro diretto tra Gattuso e Pirlo. Su questo, permettete una piccola digressione: prima o poi bisognerà riflettere un attimo sugli allenatori venuti fuori dall’Italia Campione del Mondo nel 2006. Sulla loro reale consistenza. Finora, infatti, le loro carriere in panchina dei vari Grosso, Oddo, Nesta, Cannavaro, Zambrotta, Filippo Inzaghi, oltre a quelle dei tecnici di Juve e Napoli, non è che siano stati così brillanti.
Torniamo a Napoli-Crotone. E partiamo dal risultato, ovvero l’unica cosa che conta davvero – come ha giustamente scritto Massimiliano Gallo nel suo commento postpartita. Dentro il 4-3 venuto fuori allo stadio Maradona, come detto, c’è tutto il bene e tutto il male del Napoli 2020/21. C’è il grande talento dei suoi uomini offensivi, innanzitutto: lo splendido gol realizzato da Osimhen è il frutto di una lunga azione costruita esattamente come vorrebbe Gattuso nel suo mondo ideale, ovvero un possesso monologico iniziato dal basso, fatto di dialoghi stretti e cambi di fascia, il tutto concluso con una doppia accelerazione tecnica e mentale, con l’intuizione del giocatore superiore indovinata da Insigne, Fabián Ruiz e ancora Insigne, prima dell’ultimo tocco di Victor Osimhen.
Oltre ai tre (meravigliosi) tocchi finali, la cosa davvero interessante di quest’azione è la capacità del Napoli di schiacciare il Crotone eppure di muovere il pallone velocemente. Come se la difesa di Cosmi lasciasse degli spazi. In realtà è il possesso del Napoli a crearli, gli spazi.
Questo è un momento di bel calcio. Anzi, di calcio bellissimo. Il Napoli ha costruito altre azioni simili, non a caso pure il primo gol (di Insigne) nasce dagli stessi presupposti, dalla costruzione bassa, da una bella sovrapposizione di Di Lorenzo, che poi si inventa una grande sterzata con dribbling e trova Insigne a centro area per la conclusione decisiva. Anche i numeri raccontano un ottimo primo tempo da parte del Napoli: nei 45′ iniziali, la squadra di Gattuso ha segnato 3 gol e ha colpito una traversa dall’interno dell’area piccola; ha tirato 12 volte verso la porta di Cordaz e in 8 occasioni ha centrato lo specchio; delle 12 conclusioni tentate, 11 sono arrivate al termine di azioni manovrate. Il tiro mancante è la splendida punizione di Mertens. Quella del 3-1.
Anche in fase difensiva, il rendimento è stato ottimo: 4 tiri totali concessi al Crotone, l’unico vero (il gol di Simy) nasce tra l’altro da un inspiegabile tocco corto di Manolas in fase di rilancio del pallone, tra l’altro all’interno dell’area di rigore. Dal punto vista tattico, questo primo tempo così positivo è il frutto della prestazione pressoché perfetta, anche perché perfettamente complementare, di Fabián Ruiz e Bakayoko. Il doble pivote scelto da Gattuso ha spaziato a tutto campo in fase di costruzione e di interdizione, permettendo al Napoli di tenere alto il baricentro (a 54 metri in fase di possesso= senza rischiare in transizione, e di impostare il gioco con qualità senza dover coinvolgere troppo i difensori.
In alto, tutti i palloni giocati da Fabián Ruiz nel primo tempo; sopra, tutti i tocchi di Bakayoko nei primi 45′ di gioco. Una partita dinamica per entrambi, ovviamente con delle sottili differenze geografiche dovute alle caratteristiche fisiche e tecniche.
I dati intermedi e totali, esattamente come le mappe appena sopra, confermano queste sensazioni: Fabián e Bakayoko sono stati i due giocatori del Napoli con il maggior numero di palloni giocati nei primi 45′ (64 e 59, rispettivamente); a fine gara, lo spagnolo è risultato il miglior giocatore in campo per numero di passaggi in avanti riusciti (63 su 112 palloni giocati), mentre l’ivoriano è stato quello che ha vinto più contrasti in assoluto (5). Tutti nel primo tempo.
Bakayoko e Fabián, in realtà, non hanno fatto nulla di diverso – o di trascendentale, o di straordinario – dal punto di vista tattico. Semplicemente, hanno offerto una buonissima prova. Nel caso dello spagnolo, una grande prova. Hanno giocato a ritmi altissimi, determinando una situazione che non poteva essere gestita in alcun modo da una squadra tecnicamente inferiore come il Crotone. Anche perché se la fase di recupero palla e impostazione è così veloce ed efficace, anche il resto della squadra deve adeguarsi. Deve alzare a sua volta l’intensità e la qualità delle giocate. È invitata, anzi obbligata a farlo.
Certo, anche la qualità dell’avversario ha influito, in questo senso: il Crotone visto allo stadio Maradona è una squadra dagli scarsi contenuti, se non in alcuni giocatori (Messias, Simy, Djidji), che ha anche iniziato la partita con uno schieramento troppo sbilanciato, con Messias in una posizione ibrida tra le linee e due attaccanti, quindi con scarsissima protezione centrale e due esterni a tutta fascia (Rispoli e Molina) costantemente in inferiorità numerica con i quattro giocatori laterali del Napoli, a cui si aggiungevano (a turno) Fabián e Bakayoko.
Una classica sovrapposizione di Di Lorenzo dal lato di Politano, non assorbita dalla mezzala del Crotone (schierato col 5-3-2 in fase passiva). Da una situazione identica è nato il gol del vantaggio di Insigne.
Cosa è successo nella ripresa
Il punto, però, è che giocare in questo modo è dispendioso. Servono le grandi intuizioni dei campioni, le sovrapposizioni lunghe dei terzini, bisogna aggredire alto e far viaggiare velocemente il pallone. È necessario giocare in maniera sempre precisa, pulita, perfetta. E, come detto, bisogna fare tutto ad altissima intensità, altrimenti questo tipo di possesso diventa ripetitivo e quindi prevedibile.
Questo concetto è il grande caposaldo di questa rubrica di analisi tattiche, almeno per la stagione in corso. Il Napoli 2020/21, è una squadra che non può essere identitaria, perché la rosa è stata costruita senza una precisa direzione/indicazione tattica. È una squadra che deve provare a vincere le partite facendo valere il talento dei suoi calciatori, oppure attraverso intuizioni sempre nuove, cambi di atteggiamento e di schieramento.
In ogni caso, è una squadra che non ha – perché non può avere, ma anche perché Gattuso non ha saputo svilupparli – gli strumenti per gestire e governare le partite, per gestirle, se non in alcuni frangenti. E allora non può fare altro che giocare ad alta intensità, senza risparmiarsi, attivando le poche sovrastrutture tattiche trasmesse dall’allenatore – la costruzione dal basso, le catene laterali – e poi affidandosi alla qualità dei suoi uomini offensivi. Come detto, il primo tempo contro il Crotone è stato giocato bene, ed è stato vinto, perché il Napoli ha manifestato questa intensità. La ripresa è andata in maniera esattamente contraria, opposta, perché questa intensità – fisica, ma anche tecnica e tattica – è venuta a mancare.
Nel secondo tempo, Messias (nel cerchio di centrocampo) agisce da sottopunta, accorciando le distanze in campo tra i reparti. In questo modo, il Crotone imposta con un 3-5-1-1 più coerente, e le mezzali (in questo caso Benali) hanno più libertà di inserirsi sui lanci dalla difesa.
Anche il Crotone ha cambiato qualcosa, come si vede in questo screen sopra. Scottato dal primo tempo, Cosmi ha tolto Ounas, inserito un centrocampista (Vulic) e avanzato Messias a supporto di Simy. A quel punto, la squadra calabrese ha iniziato a giocare in maniera non tanto più coperta quanto più razionale, con tutti i giocatori inseriti nello slot in cui si esprimono al meglio. Di contro, come detto, il Napoli ha smesso di giocare con la giusta intensità, e così ha finito per disperdere tutto il vantaggio dovuto alla maggior qualità dei suoi giocatori.
Qualche cifra a conferma di questa lettura: dei 14 tiri fatti dagli azzurri, solo 3 sono entrati nello specchio della porta, per altro tutti dopo il terzo gol segnato dal Crotone (cioè dal minuto 64′ in poi); Fabián Ruiz ha continuato a essere il giocatore con il maggior numero di palloni giocati (49), ma il dato è sensibilmente inferiore rispetto al primo tempo; dopo di lui, i giocatori coinvolti maggiormente nelle azioni della squadra di Gattuso sono stati Di Lorenzo e Insigne (45 palloni giocati), seguiti da Maksimovic (42); se nei primi 45′, la gara degli errori gratuiti in fase di possesso era stata “vinta” (cioè persa) dal Crotone per 12-1, nella ripresa è finita 8-8. Tutti segnali di un possesso diventato meno rapido e quindi più prevedibile.
Come al solito, è l’interpretazione della fase offensiva a determinare l’esito delle partite del Napoli. È una cosa che si nota chiaramente dall’azione del gol di Di Lorenzo, al minuto numero 72′, quando già si percepiva l’urgenza di rimettere il risultati sui binari giusti. A quel punto, la squadra di Gattuso ha ricominciato a portare molti uomini in avanti, a far viaggiare velocemente il pallone. È così che la qualità è venuta (di nuovo) fuori, solo col giocatore meno atteso.
Un’azione lunga 50 secondi, abbastanza veloce (ma non come nel primo tepo).
Solo che, come già detto in precedenza, portare in avanti un numero così elevato di giocatori può essere molto dispendioso, alla lunga. Può comportare un investimento energetico che, sul lungo termine, rischia di diventare insostenibile. Oppure, come avvenuto già in altre partite di questa stagione, può portare a squilibri gravi in fase di transizione quando gli uomini offensivi non riescono a trovare la giocata vincente, a essere decisivi.
A cosa serve la tattica
Nel calcio, lavorare sulla tattica serve proprio a questo. Permette a una squadra di andare oltre il talento dei singoli. Di moltiplicarlo, nel caso in cui venga trovato un sistema coerente ed efficace, non solo di sommarlo. L’abbiamo scritto più volte, in questa rubrica: la composizione ibrida della rosa e le assenze hanno inciso molto sul lavoro di Gattuso, di certo non gli hanno permesso di individuare e poi attuare quello che era il suo progetto tattico; allo stesso tempo, però, il tecnico non ha saputo trovare o creare i diversivi giusti per affrontare e superare i momenti di difficoltà. Ha finito per subirli e basta, attendendo passivamente la fine della tempesta.
E così oggi il Napoli è una squadra che sembra sempre in balia del contesto. Anche quando affronta il Crotone. Se i calciatori sono in forma e riescono a giocare con intensità, come a Roma e a Milano e nel primo tempo contro la squadra di Cosmi, i risultati arrivano. Altrimenti, non ci sono possibilità alternative. O meglio: non c’è una sovrastruttura tattica che possa fungere da riferimento, da rifugio, nei momenti no. Gli unici principi improntati realmente da Gattuso sono la costruzione dal basso e il gioco sulle catene laterali, che non si addicono a tutti i giocatori in rosa. Da qui il rendimento altalenante del Napoli in questa stagione. Da qui gli squilibri con cui gli azzurri hanno convissuto da settembre a oggi.
Conclusioni
Oltre a parlare dell’importanza del risultato, Massimiliano Gallo ha scritto che la qualità manifestata dal Crotone nella gara giocata a Napoli è stata troppo bassa perché la partita possa aver dato dei segnali reali, concreti, sullo stato di forma del Napoli in vista del finale di stagione. È una visione condivisibile, e il problema di questa stagione è stato proprio questo. Il Napoli, dal punto di vista tattico, è una squadra troppo intermittente, troppo poco strutturata perché si possa dire in salute o meno. Perché si possano tracciare obiettivi e prospettive sul medio-lungo termine. Tutto dipende dalla qualità momentanea di giocatori, vale a dire da quello che riescono a fare e a mostrare durante ogni singola partita.
Non a caso, contro il Crotone tutto è nato dall’intensità tenuta nel primo tempo, dalle giocate dei singoli, da errori puramente individuali (soprattutto di Manolas e Maksimovic). Una piccola chiosa sul difensore serbo: al netto del clamoroso pallone perso che ha spalancato a Messias la strada verso il gol, è risultato il miglior giocatore in campo per duelli aerei vinti (5), per recuperi (7) ed è stato molto efficace anche in fase di impostazione, con 5 lanci lunghi su 8 completati e il 90% di precisione nei passaggi su 85 appoggi. Insomma, almeno questa volta la sua partita non è stata per niente disastrosa, a parte un singolo momento di follia.
Forse il punto è proprio questo: il Napoli di Gattuso è una squadra troppo legata ai singoli episodi. E così, inevitabilmente (e giustamente) viene giudicata in base a fattori per l’appunto episodici. È un’altra conseguenza della mancanza di struttura tattica, di un’identità di gioco, qualsiasi essa sia. Al Napoli non restano che i risultati, e in questo l’inversione del trend è evidente, nelle ultime gare. Difficile, però, dire se basterà per raggiungere la Champions League. L’obiettivo minimo stagionale, che però è il massimo che si può raggiungere se si lavora così, così poco, sulla tattica.