ilNapolista

Troppi infortuni muscolari in Serie A: muscoli costruiti in palestra e troppa tattica

Sulla Gazzetta uno studio che certifica la maggiore esposizione dei calciatori italiani rispetto ai colleghi tedeschi e inglesi. In questa stagione già 372 guai muscolari, il 49% del totale

Troppi infortuni muscolari in Serie A: muscoli costruiti in palestra e troppa tattica

I calciatori italiani sono più esposti dei colleghi europei agli infortuni muscolari. Lo dicono i numeri. Quelli che riporta oggi la Gazzetta dello Sport relativi ad una ricerca effettuata per conto della rosea da Noisefeed.com.

“Nelle due ultime stagioni, la Serie A ha registrato oltre 100 incidenti di questo tipo in più rispetto a Premier e Bundesliga, da noi scelti come metro di paragone”.

Al 24 marzo, la Serie A, in questa stagione,

ha fatto registrare 757 infortuni su un totale di 557 giocatori impiegati, a fronte dei 652 in Premier (515 giocatori scesi in campo) e dei 596 in Bundesliga (523 giocatori). Gli incidenti muscolari sono stati 372 in Italia, il 49% del totale; 273 in Inghilterra, il 41,8%; 232 in Germania, quasi il 39%. Nel 2019-20 ci sono stati 936 infortuni in Italia (391 muscolari, il 41,7%), 774 in Inghilterra (305 muscolari, pari al 39,4%) e ben 1.029 in Germania, ma solo 287 muscolari, neanche il 28%”.

La Gazzetta ha interpellato alcuni esperti per spiegarne le cause. Laura Bertelè, fisiatra e specialista in rieducazione motoria, esclude che ad incidere sia stato il Covid.

«Uno: in Italia la tendenza agli infortuni muscolari era evidente anche in passato. Due: si gioca a raffica pure all’estero, dove ci si fa male di meno. Gli atleti hanno un corpo eccezionale, sono delle fuoriserie a cui non puoi pensare di cambiare telaio e motore. In Italia è passata l’idea che debbano essere costruiti e potenziati in palestra: è un’idea malata. Sto curando un undicenne di un club di A rimasto fermo un anno per pubalgia. Assurdo. Un calciatore grosso in maniera indiscriminata diventa buono per la pubblicità delle mutande».

Secondo Stefano Fiorini, ex presidente dell’associazione preparatori, il problema è connesso con gli scarsi fondi impiegati nella ricerca.

«In Italia siamo in ritardo rispetto alla distinzione tra allenamento vero e proprio e benessere del calciatore. Sono due cose diverse e non possono più essere gestite con un lavoro di gruppo, che deve riguardare la tecnica e la tattica. Il nostro calcio è troppo tattico e la tattica inibisce, non promuove. Le nostre squadre sono frenate. Si provano movimenti e schemi a velocità ridotta perché è un continuo fermarsi, correggere, ripartire: ma in questo modo non hai il ritmo partita. La prevenzione vera la fai giocando, allenando i muscoli alle sollecitazioni cui saranno sottoposti in partita. In caso contrario reagiranno in maniera imprevista. E saranno soggetti a infortuni».

Stefano Rapetti, ex preparatore dell’Inter del Triplete e dello United di Mourinho, chiama in causa le ridotte possibilità economiche di alcuni club.

«È anche un fatto di possibilità economiche. I club inglesi destinano il 10 per cento del fatturato allo sviluppo scientifico e tecnologico. Hanno strumenti costosissimi per lo screening del corpo. Un esempio? Il NordBord misura la forza della catena posteriore della coscia. In Italia ce l’hanno solo Milan, Juve e Roma. Forse l’Inter».

ilnapolista © riproduzione riservata