L’ex Inter a The Players’ Tribune: «Amavo il calcio, perché lo amava lui. Sono caduto in depressione. Ho iniziato a bere tanto. Non avevo voglia di allenarmi»
L’ex attaccante dell’Inter, Adriano, ha rilasciato una lunga intervista a The Players’ Tribune. Ha parlato del suo rapporto con il club nerazzurro.
“Sono andato all’Inter e la gente mi chiamava L’Imperatore. Come la spieghi una cosa del genere? È per forza Dio, ve lo dico io. Mi ricordo che appena arrivato in Italia, non avevo bene idea di cosa stava succedendo. Guardavo i miei compagni e pensavo: “Seedorf. Ronaldo. Zanetti. Toldo. Cavolo”. Era ovvio che fossi in soggezione, no?! Seedorf camminava per lo spogliatoio senza maglietta – quello stronzo aveva il 7% di grasso corporeo! Rispetto! Non dimenticherò mai quando stavamo giocando un’amichevole contro il Real Madrid al Bernabeu, e sono entrato dalla panchina. Guadagniamo una punizione dal limite dell’area e io mi avvicino al pallone. Ma sì, perché no?! Beh, indovinate chi c’era dietro di me a dirmi: “No, no, no. La batto io.” Materazzi! Quel gran bastardo! Ahahahahhahaha! Potevo a malapena capire che mi stava dicendo, perché ancora non parlavo italiano. Ma ho capito che gli rodeva. “No, no, no!” La voleva battere lui. Poi è intervenuto Seedorf e ha detto: “No, lascia tirare il ragazzino”. Nessuno discute con Seedorf. Quindi Materazzi si è fatto da parte e la cosa divertente è che se guardate il video, potete vedere Materazzi con le mani sui fianchi che pensa: Questo ragazzino del cazzo sicuro la manda in curva!!! La gente mi chiede tutto il tempo di quel calcio di punizione. Come? Come, come, come? Come hai fatto a calciare il pallone così forte? E io gli rispondo: “Cazzo! Sai che non lo so! L’ho colpita di sinistro e Dio ha fatto il resto!” BOOOM! All’incrocio. Non lo so spiegare. So solo che è successo”.
E ancora:
“L’Inter è la mia squadra ancora oggi. Amo il Flamengo, il San Paolo, il Corinthians… amo molti posti in cui ho giocato, ma l’Inter per me è qualcosa di speciale. La società Inter è la migliore. C’è un coro che mi cantavano a San Siro che ancora mi fa venire la pelle d’oca. ‘Che confusione, Sarà perché tifiamo, Un giocatore, Che tira bombe a mano, Siam Tutti in piedi per questo brasiliano, batti le mani, che in campo c’è Adriano’. Cavolo, dai. Un ragazzo della favela come me? Sono l’Imperatore d’Italia? Non avevo fatto quasi niente e tutti mi trattavano come un re. Era fantastico. Mi ricordo quando tutta la mia famiglia veniva a trovarmi da Rio e quando dico tutta la famiglia mi sa che non capite bene cosa voglio dire. Intendo la mia famiglia. Alla brasiliana. Non stiamo parlando di mamma e papà, stiamo parlando di 44 persone! Cugini, Zie, Zii! I miei amici! Su quell’aeroplano c’era tutto il vicinato. La voce era arrivata anche al Presidente. Il Signor Moratti (la leggenda!). E il Signor Moratti ha detto: “Ehi, questo è un momento speciale per il ragazzo, prendiamo un pullman per la sua famiglia”. Moratti ha fatto noleggiare un intero pullman dai suoi collaboratori. Vi immaginate 44 brasiliani in gita in Italia?! Uno spettacolo. È stata una festa. Questo è il motivo per cui non parlerò mai male di Moratti o dell’Inter. Tutte le società dovrebbero essere così. Lui si preoccupava per me come persona. Adesso so cosa state pensando. “Ma Adriano, perché hai lasciato il calcio? Perché te ne sei andato?” Mi fanno queste domande ogni volta che vado in Italia. Certe volte penso di essere uno dei calciatori più incompresi del mondo. La gente non riesce davvero a capire quello che mi è successo. Loro hanno la loro versione che è completamente sbagliata. In realtà è molto semplice. Nel giro di nove giorni, sono passato dal giorno più felice della mia vita al giorno più brutto. Sono passato dal paradiso all’inferno. Sul serio”.
“Ero tornato in Europa con l’Inter. Mi chiamano da casa. Mi dicono che mio padre è morto. Un infarto. Non mi va di parlarne, ma vi dico che da quel giorno, il mio amore per il calcio non è stato più lo stesso. Amavo il calcio, perché lo amava lui. Tutto qui. Era il mio destino. Quando giocavo a calcio, giocavo per la mia famiglia. Quando facevo gol, facevo gol per la mia famiglia. Quindi da quando mio padre è morto, il calcio non è stato più lo stesso. Ero in Italia, dall’altra parte dell’Oceano, lontano dalla mia famiglia e non ce l’ho fatta. Sono caduto in depressione. Ho iniziato a bere tanto. Non avevo voglia di allenarmi. L’Inter non c’entra niente. Io volevo solo andare a casa. Se devo essere onesto, anche se ho segnato tanti gol in Serie A in quegli anni, anche se i tifosi mi amavano davvero, la mia gioia era svanita. Era mio padre, capite? Non bastava spingere un bottone per tornare me stesso”.
Adriano parla di un buco nell’anima:
“Non tutti gli infortuni sono fisici, capite? Quando mi sono rotto il tendine d’Achille nel 2011? Sapevo che per me fisicamente era finita. Puoi operarti, fare riabilitazione e provare ad andare avanti, ma non sarai mai più lo stesso. Avevo perso esplosività. Avevo perso equilibrio. Cazzo, ancora cammino zoppicando. Ho ancora un buco nella caviglia. Quando mio padre è morto è stata la stessa cosa. Solo che la cicatrice era dentro di me .“Che è successo ad Adriano?” È semplice. Ho un buco nella caviglia e uno nell’anima. Nel 2008, era l’epoca di Mourinho all’Inter, la situazione era diventata insostenibile. I giornalisti mi seguivano ovunque e con Mourinho era tutto un: “Che cazzo! Vaffanculo! Vuoi fottermi, vero?”. Ho detto, Oh Signore. Portami via da qui. Non ho resistito. Mi hanno convocato in nazionale e prima di partire Mourinho mi dice: “Non torni più, vero?!” Gli ho detto: “Già lo sai!” Biglietto solo andata. La stampa alle volte non riesce a capire che siamo degli esseri umani. Essere L’Imperatore significava avere troppe pressioni. Io venivo dal nulla. Ero solo un ragazzo che voleva giocare a calcio e poi uscire per bere qualcosa con i suoi amici. So che è un qualcosa che non si sente spesso dai calciatori di oggi, perché è tutto così serio e ci sono troppi soldi di mezzo. Ma voglio essere onesto. Io non ho mai smesso di essere il ragazzo della favela. La stampa diceva che ero “scomparso”. Dicevano che ero tornato nelle favelas, che mi stavo drogando e tante altre storie incredibili di tutti i tipi. Pubblicavano foto mie dicendo che ero circondato da criminali e che la mia storia era una tragedia. Mi viene da ridere, perché quando fanno così, non sanno assolutamente di cosa stanno parlando. Non capiscono che stanno facendo una figura di merda”