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E se quello del Napoli fosse stato un gesto di ribellione?

Il Napoli mi ha ricordato un film inglese del 1962 sul movimento contro il potere e le istituzioni a colpi d’arte e gesti simbolici di ironia, rabbia e sberleffi

E se quello del Napoli fosse stato un gesto di ribellione?
foto Hermann

A pochi metri dal traguardo Colin ha già staccato di alcune centinaia di metri tutti gli avversari e si appresta a vincere la maratona che ogni anno si disputa tra gli studenti di un esclusivo college inglese e i detenuti di un riformatorio minorile.

Colin Smith è un giovane proletario ribelle, proveniente da una famiglia disadattata, il quale sta scontando, nel riformatorio, la pena per un furterello commesso quasi per gioco.

Il cerbero Direttore del riformatorio, però, intravede in lui un ottimo maratoneta, in grado di fargli, finalmente, vincere l’annuale gara con i rampolli delle più altolocate famiglie londinesi.

Circostanza, questa, che darebbe grande prestigio e potere al direttore, ma anche tangibili benefici al vincitore.

Giunto, però, a un metro dal traguardo, Colin si ferma irrigidito, si gira a guardare indietro e vede il campione del college che sta arrancando faticosamente verso il traguardo.

Colin è lì, fermo, impietrito.

Aspetta che il giovane collegiale lo raggiunga e con un inchino, accompagnato da un ampio gesto della mano, gli indica di tagliare il traguardo regalandogli, così, la vittoria.

Quello che vi ho appena raccontato è il finale di uno dei film-manifesto del “free cinema” inglese: “The Loneliness of the Long Distance Runner” (“La solitudine del maratoneta”) di Tony Richardson. Film del 1962 che in Italia, non si capisce il perché, usci con lo stralunato titolo di “Gioventù, amore e rabbia”.

Un film ribellistico che, nel Regno Unito, si inseriva in quel filone culturale che prendeva le mosse dal movimento teatral-letterario degli ‘Angry young man’, quei giovani arrabbiati i quali combattevano il potere e le istituzioni, con l’arte e con gesti simbolici fatti di ironia, di rabbia e di sberleffi attraverso i quali denunciavano le storture di un ‘sistema’ corrotto, vessatorio e non emendabile.

Un gesto, quello di Colin, che lo stesso Richardson definì “un’affermazione poetica del diritto dell’individuo di sconfiggere questa società”.

Ma perché vi sto parlando di questo film?

Forse perché al triplice fischio dell’arbitro Chiffi che decretava la fine di Napoli-Verona, assieme all’amarezza, mi è salito in mente questo film e il suo finale.

E ho visto Insigne, il capitano, che, come Colin, si protendeva in un inchino, accompagnato da un ampio gesto della mano per indicare a Milan e Juventus di tagliare il traguardo per la Champions.

Non è convincente questa mia interpretazione?

E allora cosa mi dite del nostro allenatore il quale non ha inserito, nell’ultima mezz’ora, un uomo, Demme, che poteva dare ordine al nostro inesistente centrocampo ed invece ha schierato un attacco a cinque punte che si aggiungevano ai difensori e centrocampisti veronesi in modo da creare una densità di gambe, piedi e corpi nell’area del Verona, tale da non permettere il passaggio, non dico del pallone, ma neanche di un filo d’erba spinto da un vento impetuoso?

Voi davvero credete che si tratti soltanto di uno dei tanti errori di lettura della partita che il nostro allenatore ha compiuto in serie durante tutto il campionato?

E i vari Hysaj, Di Lorenzo, Lozano e compagni che si erano dimostrati dei campioni fino alla settimana scorsa, possibile che non abbiano indovinato una sola traiettoria per far pervenire il pallone a un compagno di squadra, consegnandolo, sempre e comunque, a piedi nemici?

Ma come potete affermare che si tratta semplicemente di banali errori, se finanche l’allenatore avversario, resosi conto che c’era qualcosa di incomprensibile nel comportamento del Napoli e temendo chissà quali diavolerie stessero architettando ai danni suoi e della sua squadra, subito dopo il gol subìto ha sostituito il suo portiere con il terzo portiere, quasi a dire: “beh, lasciamoli vincere, basta che la facciamo finita con ‘sta partita”.

E per fortuna che il nostro astuto allenatore ha annusato il pericolo e si è subito chiuso in difesa, sventando la mossa dell’avversario e subendo il gol del pareggio (e questo è un film che ha avuto numerose repliche in questa maledetta stagione).

E non trovate niente di strano nel fatto che un arbitro, per la prima volta nella storia del Napoli, ci abbia fischiato tutto a favore? Corner dubbi, rimesse laterali, un secondo giallo non dato a Bakayoko. E credo che ci avrebbe dato anche un rigore a favore, se solo uno dei nostri avesse avuto una piccolissima parte dei cromosomi di Cuadrado.

Ci ha anche convalidato un gol valido, vi sembra normale, quando invece nell’arco di tutto il campionato ce ne hanno annullati di validissimi?

No. Io non credo si possa tranquillamente analizzare questa partita usando i tradizionali metri di giudizio.

Ci sono troppi indizi, circostanze, episodi che alimentano sospetti.

C’è qualcosa di ‘altro’, di diverso, di incomprensibile.

Per questo vi ho parlato di Colin Smith.

Sarebbe sbagliato, secondo voi, prendere in considerazione questa sconfitta (anche se si tratta di un pareggio) come un atto estremo di ribellione?

Questo rifiuto di una pacificazione piccolo-borghese a fronte di una miriade di torti subiti?

Questo sberleffo grande e significativo verso un “sistema” sempre più marcio e corrotto?

Questo gesto significante per smettere di rincorrere in perpetuo una piccola carota che non si raggiungerà mai, mentre ci faranno sentire sempre di più i colpi del bastone?

E mi piacerebbe tanto parlare, assieme a Tony Richardson, di un’affermazione poetica del diritto dell’individuo (o di una comunità di individui) di sconfiggere chi cerca, con artifizi e raggiri, di sconfiggere i sogni.

Un gesto estremo di rivolta verso il ‘sistema’ di potere calcistico, gesto ancora più orgoglioso se richiede di sacrificare il raggiungimento di un traguardo importante che è lì, a un metro di distanza.

E lì, in quel metro, in quell’attimo, Colin-Lorenzo consacra il suo riscatto.

Questa immagine ho visto nell’incredulo stordimento del dopo-partita, mentre, dallo schermo del nostro scontento, venivamo riportati alla dura normalità dall’assordante pubblicità di automobili e aperitivi.

Non so se questo mio vaneggiamento abbia un minimo di credibilità.

Se qualcuno di voi ha una spiegazione più logica di questo evento che appare, sempre più, illogico e incredibile, vi prego di comunicarmelo.

Ne va della mia salute mentale.

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