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Il Napoli dell’uscita da dietro perde la Champions per un gol su lancio di 50 metri

Il destino, a volte, sa come dirti le cose in faccia. Male, spesso. C’entra Hysaj, ma non solo. Pure se l’albanese non ha il dress code per la Champions

Il Napoli dell’uscita da dietro perde la Champions per un gol su lancio di 50 metri

Hysaj titolare, lì a sinistra, era un messaggio d’aiuto. Come un SOS disegnato col polpastrello umido sul vetro di un’auto in corsa che ti supera in autostrada, quasi invisibile. Un grido strozzato, che non abbiamo colto quando potevamo. Per esempio col Cagliari. Avremmo dovuto intuire che quel lancio dalla metà campo di Duncan al minuto ’95 che finisce tra i piedi di Nandez era in realtà un monito: cosa ci fa lì, Hysaj? Non è tanto il suo comportamento, la reattività scomposta, lo smarrimento tattico. La domanda è: perché Hysaj è in quel preciso istante in quel determinato punto del destino del Napoli? Facilitiamo la comprensione con i riflessi filmati, minuto 3’16” (per i più impressionabili passare al successivo capoverso):

Secondo esempio, quello ferale. Un trauma ancora fumante, lo riproponiamo per sadismo. Stavolta il lancio parte addirittura dalla lunetta dell’area di rigore del Verona, ad opera di tal Gunter (il di cui parrucchiere è ancora a piede libero, ci risulta).

Quanto è lungo un campo di calcio misurato nei secondi che ci vogliono per rendersi conto che quel pallone arriverà proprio dalle tue parti, e che forse è il caso di predisporsi a far qualcosa che non sia solo scapicollarsi alla rincorsa di qualcuno che s’è avviato una mezzoretta prima di te? È l’unità che meglio può rendere il deliquio confusionale di Hysaj davanti alla percussione di Faraoni. Il gol, sommato all’altro, che ci porterà via quattro punti e una qualificazione Champions. Il protagonista apparente di questo scatafascio è, appunto, Hysaj.

Ma no. Sarebbe troppo facile, ingeneroso. Quindi indugiamo sul contesto.

Hysaj nasce e cresce terzino destro. Lo sanno anche i sussidiari, quelli per cui non c’è Regione italiana che non si sostenga con la coltivazione di barbabietole da zucchero. Quest’anno ha giocato 24 partite, quasi tutte a sinistra, alternandosi in un ticket con Mario Rui. Piano piano rosicchiando credibilità, per ragioni che andrebbero indagate da altre professionalità. Può una squadra che ambisce ad andare in Champions League giocare la gran parte del suo campionato con Hysaj titolare? Sì, verrebbe da dire osservando i quattro minuti di recupero col Verona di Mario Rui, passati ad infamare la famiglia del guardalinee quando a non procurare falli dal nulla a favore degli avversari. Ma il punto resta: Champions e Hysai possono stare nella stessa frase? Cosa dice la Crusca a riguardo?

La Champions League ha un dress code, e uno standard minimo di decenza. E non siamo certi – lo diciamo con tenerezza – che la titolarità di Hysai vi rientri. Siamo ormai convinti che quella di Gattuso fosse una provocazione, quasi. Un messaggio nella bottiglia lasciato alla risacca dei suoi detrattori: “Quando parlate di stagione fallimentare ricordatevi sempre che io c’avevo Hysaj titolare”, ecco. E’ chiaro che tutto si ridimensiona, così. Tocca fare un passo indietro, alzare le mani. Respect.

I due gol presi dal Napoli, e intestati malevolmente allo stesso difensore albanese, sono anche il sintomo d’un’altra malattia. Tattica. Gattuso (e molti come lui) professa il “suo calcio”, almeno fino a quando un provvido silenzio stampa non è calato dall’alto a interrompere l’autocelebrazione. Che parte dalla ormai famigerata costruzione dal basso: il gioco che si dipana, tic toc, dalla propria area, che divora metri lucidamente per arrivare alla soluzione offensiva con l’azione ben lubrificata. Un preliminare forzato del gol. Il Napoli che su questa perversione ha concentrato grandi sforzi per un anno e mezzo s’è fatto buttare fuori da due lanci lunghi – il secondo lunghissimo – che nemmeno nei rozzi e luridi anni 80. Un capitombolo concettuale inquietante.

Il destino, a volte, sa come dirti le cose in faccia. Male, spesso. Senza un minimo di tatto. Se ne può trarre anche una lezione, volendo: a forza di sentirsi grandi, si smarrisce il senso stesso delle cose. Il Napoli s’è autorappresentato in Champions, troppo presto, senza azzannare il finale come i “campioni” in verità fanno invece di smarrirsi impauriti sul finale. E l’ha fatto anche costruendo il contorno a sua immagine e somiglianza, non attrezzandosi a reagire a comportamenti che rifugge sprezzante: il lancio lungo, che schifo, non era morto con Kurt Kobain? Poi arrivano due provinciali – allenate senza troppa filosofia da Semplici e Juric – e ti sfilano via il grande obiettivo stagionale con un trucchetto vecchio come ciucco: lancio lungo, verticale, un passaggio, un tiro un gol. La fottuta aritmetica del calcio.

Se a difenderti da questi nemici, infine, lasci il povero Hysaj (che Gattuso, ricordiamo, ringraziava pubblicamente perché addirittura s’impegnava col contratto in scadenza), ecco che tutto torna. Tutte le squadre con qualche velleità internazionale – persino in Italia – hanno da tempo riequilibrato la tattica sfruttando il ruolo del laterale di spinta, persino regista. Il fenomeno Cancelo, per descriverlo nella sua massima espressione. Lo scrivemmo a tempo debito: il Napoli non se n’è accorto. Il Napoli ha lasciato Hysaj, su quel fronte. Colpevole, e capro espiatorio in un sol colpo. Comodo, persino.

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