Repubblica ha intervistato la prima atleta transgender a correre nella categoria del proprio genere percepito. E’ in lizza per andare alla Paralimpiadi, ma corre anche contro le normodotate (che non l’hanno presa benissimo)
Valentina Petrillo, napoletana, è la prima atleta transgender a gareggiare nella categoria del proprio genere percepito. Di più: è stata convocata agli Europei di Atletica paralimpica in Polonia, e in predicato per andare alle Paralimpiadi di Tokyo, ma gareggia anche tra le normodotate. Donna con i documenti maschili, ipovedente ma forte abbastanza da gareggiare con chi non ha problemi fisici. Petrillo è una rivoluzione che corre i 200 metri piani.
Intervistata da Repubblica si dice “felicissima” perché “s’è aperto un varco”:
“Nel 2015 il Cio ha stabilito che a loro interessa quello che io sono a livello ormonale. Abbassando i livelli di testosterone è possibile gareggiare nella categoria del proprio genere percepito. Fondamentale, per me, è stato l’incontro con un medico canadese trans, Joanna Harper. Avevo vinto 12 titoli italiani con la Federazione, il presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli, e quello della Fispes (Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali), Sandrino Porru, sono stati fantastici, hanno capito la mia difficoltà a gareggiare con gli uomini e hanno fatto il possibile per realizzare qualcosa che in Italia e nel mondo non era mai accaduto. Siamo arrivati pure prima degli americani”.
“Il mondo paralimpico è abituato a trattare con le diversità, sa ragionare in maniera diversa. A livello atletico, le mie avversarie sono lontanissime, diciamo che non ho rivali, ma nessuna ce l’ha con me per questo. Invece con le normodotate ho avuto problemi. Non ho ricevuto la stessa accoglienza, sono stata contestata. Nella vita di tutti i giorni non è andata meglio: nel 2018 ho iniziato a vivere da donna, ma ho fatto un percorso anomalo, perché prima della terapia ormonale io già vivevo così. Ho perso degli amici quando ho fatto coming out ma per fortuna due settimane fa il mio miglior amico si è rifatto vivo. Io ho sempre avuto una posizione di soggezione rispetto al mio essere trans, anche perché la società non mi ha aiutata. Fino a tre anni fa mascheravo benissimo tutto, sembravo quasi maschilista, estremizzavo la mia parte maschile, negavo l’evidenza a me stessa. La mia famiglia all’inizio è rimasta sconvolta, poi mio padre e mio fratello sono tornati e ora abbiamo un buon legame”.
Petrillo soffre della malattia di Stargardt, scoperta a 14 anni. Una malattia degli occhi rara, e degenerativa.
“Mi alleno 6 giorni su 7 e un giorno almeno dovrei prendermelo di riposo, ma non ce la faccio. Amo troppo questo sport. Sono programmatrice per una società che fa software, in smartworking. Abito in provincia di Bologna, in un piccolo centro. Faccio una vita semplice, sono una persona che ama le cose genuine”.