Il Napoli è arrivato in forma a questo finale di stagione. Ma non vanno dimenticati gli errori sia tattici sia nella costruzione della rosa
Cosa significa avere Victor Osimhen (e saperlo sfruttare)
L’analisi tattica di Napoli-Udinese parte da due dati essenziali e correlati: quello sul possesso palla e quello sui lanci lunghi. Cominciamo dal possesso palla: al fischio finale, il Napoli ha raggiunto quota 52%, l’Udinese quota 48%. Per quanto riguarda i lanci lunghi, invece, le cifre sono tutte a favore della squadra di Gattuso: 64-37. Presi così sono numeri che hanno un peso, un valore e un significato relativi, ed è un discorso che vale per tutte le statistiche calcistiche. Il compito di chi analizza questo sport secondo criteri oggettivi e razionali, ovviamente per quanto possibile, è proprio quello di contestualizzare questi numeri, e di legarli alle evidenze tattiche.
Riguardando la gara dello stadio Maradona, è evidente fin da subito che si tratta di cifre significative. Soprattutto rispetto al passato del Napoli. Contro l’Udinese, infatti, la squadra di Gattuso ha saputo interpretare perfettamente un nuovo modo di essere, un nuovo approccio al gioco: quello fondato sulla verticalità, sulla rapidità, su un calcio diretto e verticale. Che non vuol dire “buttare il pallone avanti”, quanto creare i presupposti perché un certo tipo di passaggio lungo possa determinare un’occasione da gol. Direttamente, magari, ma anche indirettamente.
In Napoli-Udinese, così come nelle ultime gare disputate dagli azzurri, questo passaggio di stato è da attribuire tutto a Victor Osimhen. Al centravanti nigeriano basta scendere in campo perché i suoi compagni si sentano costretti a giocare come chiede lui, come vuole lui. È ovvio che si tratta di una forzatura, è naturale che il merito sia dell’allenatore: Gattuso, in questo momento, sa di avere tra le mani il miglior Osimhen possibile, un attaccante – anzi: un calciatore – fuori scala per la Serie A. L’ex Lille incontenibile dal punto di vista fisico, ma anche molto efficace a livello tecnico. In virtù di tutto questo, saperlo sfruttare vuol dire prendersi un vantaggio tattico enorme sugli avversari di turno. Vediamo come e perché.
Il gol di Zielinski
Quando hai Osimhen, non c’è bisogno di tenere il possesso per molto tempo. Lo si è visto chiaramente nell’azione del gol di Zielinski, quello che ha cambiato per la prima volta il punteggio e ha indirizzato la partita. Come detto anche prima: non si tratta di rinunciare a gestire il pallone, piuttosto di cercare di verticalizzare il gioco non appena possibile. Con Osimhen diventa sempre possibile. O quasi.
Un gol (molto) più tattico di quanto può sembrare a prima vista
Diventa possibile anche quando il lancio verso di lui non è preciso, e allora Victor non può controllarlo. Nel calcio, del resto, esiste un momento specifico del gioco che si chiama seconda palla, e che viene preparato dagli allenatori in maniera sistemica. In questa occasione, per esempio, Osimhen non può mai arrivare a gestire davvero il lancio di Bakayoko, eppure la sua presenza e il suo stacco costringono Becão a una respinta corta. Insomma, determinano una seconda palla. Su cui Zielinski è veloce, attento, intelligente. E infatti è nella posizione giusta, ci arriva prima di tutti. Il passaggio di testa verso Osimhen è perfetto, dosato bene. Poi ci pensa il centravanti nigeriano.
In realtà, però, il momento decisivo di questa azione risale a qualche secondo prima. Si vede appena, in questo video, per via dell’inquadratura: è quando Bakayoko si appresta a ricevere il pallone, tra l’altro in una strana posizione da terzino sinistro, e Osimhen scatta per attaccare la profondità. È lì che nasce il gol. Perché l’Udinese di Gotti è una squadra fisica, tosta e organizzata, possiamo dire anche speculativa, certo. Ma in questo caso teneva piuttosto alta la sua linea difensiva. E Osimhen ne ha approfittato con una delle sue infinite corse che allungano il campo, che costringono i centrali avversari a scappare all’indietro.
Tutti i palloni giocati da Osimhen durante Napoli-Udinese; la squadra di Gattuso, ovviamente, attacca da sinistra verso destra di questo campetto.
Come si vede chiaramente dalla grafica appena sopra, Osimhen allunga il campo da gioco del Napoli, ma riesce pure ad allargarlo. Vale a dire: i suoi movimenti in profondità si spostano anche sull’asse orizzontale, offrono costantemente uno sfogo alla manovra, e non solo per via centrale. I portatori di palla della squadra di Gattuso, dunque, hanno sempre una doppia soluzione per cercare di far progredire l’azione: quella più ragionata, che passa da combinazioni ravvicinate e sofisticate; quella più diretta, più immediata, che prevede la ricerca di Osimhen che nel frattempo aggredisce lo spazio dietro la difesa avversaria. Cercare il secondo tipo di sviluppo potrebbe sembrare più rischioso, di certo è meno sicuro dal punto di vista statistico. Ma in realtà la presenza di Osimhen aumenta le probabilità di riuscita di questo tipo di manovre. E poi, in caso negativo, c’è sempre la seconda palla.
È per questo che il Napoli ha potuto rinunciare a tenere il possesso in maniera intensiva per diversi tratti della sfida all’Udinese. Anzi, ha dovuto farlo: perché Gattuso ha preparato la partita così, per accendere Osimhen e anche Lozano, e i suoi giocatori si sono calati perfettamente in questo piano tattico. Anche perché questo approccio piuttosto semplice, per non dire elementare, è stato integrato con altre scelte “di disturbo”, solo apparentemente laterali, che hanno permesso al Napoli di muovere il pallone con maggiore varietà
Fabián Ruiz e Insigne
Se foste l’allenatore del Napoli, a quale giocatore della rosa azzurra affidereste il compito di gestire il possesso palla? Bravi, risposta esatta: a Fabián Ruiz. Con questa frase piuttosto banale, non vogliamo assolutamente sminuire i meriti di Gattuso. Anzi, vogliamo esaltarli. Perché ovviamente anche il tecnico del Napoli avrebbe risposto allo stesso modo alla nostra domanda retorica, e in realtà ha risposto coi fatti, affidando all’andaluso il compito di fare regia a tutto campo. Gattuso, però, ha anche creato il contesto che piace di più all’ex Betis Siviglia: gli ha dato la maggior libertà possibile.
La perfetta rappresentazione del concetto di regia a tutto campo.
Fabián Ruiz, a fine partita, ha fatto registrare un totale di 124 palloni giocati. Un’enormità. Nel campetto appena sopra, si vede che ha potuto farlo e l’ha fatto in ogni zona del campo, associandosi ai compagni nei momenti e nei luoghi in cui c’era bisogno di lui. Della sua qualità, della sua intelligenza. Tutto questo è stato reso più facile e fattibile dalla presenza di Bakayoko, un centrocampista centrale decisamente più statico rispetto a Demme, che in virtù di queste sue caratteristiche ha operato quasi come da pivote singolo.
Nel primo tempo, quasi per controbilanciare questa mossa tattica, Insigne ha giocato in maniera diversa dal solito. O meglio: in una posizione meno circoscritta del solito. Soprattutto dopo la fase di prima costruzione, il capitano del Napoli veniva a stringere molto verso il centro del campo, fino quasi a occupare lo slot di mezzala sinistra. Un accorgimento che ha portato la squadra di Gattuso a disporsi in alcuni momenti con un 4-3-1-2 asimmetrico, un sistema in cui Zielinski si muoveva tra le linee in posizione centrale, da trequartista, mentre Lozano continuava a garantire ampiezza sulla fascia destra. A onor del vero, va aggiunto e ricordato che anche Insigne ha giocato in una posizione simile nel match vinto 1-0 contro la Juventus il 13 febbraio 2021. Anche allora la scelta di Gattuso fu il preludio a una buona prestazione del capitano del Napoli.
In alto, tutti i palloni toccati da Insigne nel primo tempo di Napoli-Udinese; sopra le posizioni medie occupate dalla squadra di Gattuso, con Insigne molto più stretto rispetto a Lozano, e su una linea leggermente arretrata rispetto a Zielinski e allo stesso esterno messicano
Il gol realizzato da Lozano dopo pochi minuti della ripresa, quello del 3-1, non ha solo chiuso virtualmente il risultato, ma ha anche riportato la partita su binari tattici più canonici, diciamo anche più tradizionali. Resta però il fatto che il Napoli ha subito un (bellissimo) gol di Okaka nel momento in cui ha abbassato – leggermente, forse anche fisiologicamente – l’intensità del suo gioco, del suo possesso palla, dopo il picco che aveva determinato l’uno-due firmato da Zielinski e Fabián Ruiz; nella ripresa, poi, gli uomini di Gattuso hanno ricominciato a tenere un ritmo alto, anzi hanno addirittura esasperato il pressing sulla prima costruzione dell’Udinese, e così è arrivato il furto (con) gol dell’esterno messicano.
Il gol di Lozano
Anche in questo caso, la giocata decisiva è di Victor Osimhen. Come detto, il Napoli ha iniziato il secondo tempo con maggiore convinzione e intensità, ma la scintilla che dà origine all’incendio è ancora da attribuire al centravanti nigeriano. Che attacca Musso correndo velocissimo, che costringe il portiere argentino ad affrettare un passaggio già sballato di suo verso De Paul. Musso consegna il possesso a Lozano, il messicano è bravissimo a restare in piedi non una ma due volte, pur tenendo una velocità altissima. E poi è freddissimo nel trovare un diagonale sporco ma efficace, che si insacca all’angolino e fa scorrere i titoli di coda sulla partita. O meglio: sulla partita tattica, perché il Napoli da lì in poi si limita a controllare agevolmente. E trova anche due gol, con Di Lorenzo e Insigne.
In difesa
La prova del Napoli è stata positiva anche in difesa. Abbiamo già puntualizzato il fatto che la rete di Okaka sia venuta nell’unico momento di (leggero) blackout della squadra di Gattuso, nell’unico segmento di gara in cui l’Udinese è riuscita a entrare nella metà campo avversaria. Non a caso, tra il 24esimo e il 42esimo minuto (quando Okaka ha insaccato la rete del 2-1) sono arrivate 2 delle 4 conclusioni totali tentate dall’Udinese.
Tutti i giocatori del Napoli sono nella metà campo difensiva, eppure De Paul riuscirà a trovare il corridoio per servire Okaka
Come si vede anche dallo screen sopra, un attimo prima del gol, il Napoli non ha perso le distanze, è rimasto come raccolto al solito nel suo consolidato 4-4-2 difensivo. Eppure De Paul ha trovato il corridoio giusto, con uno dei suoi 2 passaggi chiave (sui 4 totali della squadra di Gotti). Gattuso continua a scegliere un approccio difensivo fatto di linee compatte e baricentro medio-basso, una soluzione che gli permette di contenere i rischi – almeno fin quando i suoi giocatori riescono a tenere alti il ritmo e la concentrazione. Ora che il Napoli è in forma questo sistema sta funzionando bene, ma resta molto dispendioso, perché è difficile risalire il campo velocemente ed essere efficaci in avanti partendo da una posizione così arretrata. Con Osimhen in condizione, però, anche questo problema finisce per essere annullato, o quantomeno bypassato.
Conclusioni
Il Napoli si è presentato allo sprint finale nelle migliori condizioni possibili, dal punto di vista fisico e mentale. Questo stato di cose è evidente anche nel rendimento tecnico-tattico: la squadra di Gattuso sa cosa fare in campo, riesce a eseguire un piano partita come ad assorbire una novità, un piccolo accorgimento preparato per affrontare un determinato avversario. Le motivazioni, poi, sono evidenti e fanno evidentemente la differenza. Soprattutto rispetto a una squadra come l’Udinese, salva da tempo e nettamente inferiore agli azzurri per qualità individuali e complessive – al netto del sublime De Paul.
In virtù di tutto questo, e degli evidenti meriti di Gattuso nella gestione del gruppo, emergono tanti rimpianti per le (troppe) partite perse. Soprattutto quelle contro squadre di qualità inferiore – Spezia, Genoa, Verona, Granada. In quel segmento della stagione, gli infortuni, la composizione ibrida della rosa e l’inesperienza di Gattuso hanno portato il Napoli ad avere un progetto tattico troppo debole. Quasi impalpabile, viene da dire.
È difficile, anzi è proprio sbagliato, accettare che ai massimi livelli calcistici una squadra possa essere considerata tale solo con tutti gli effettivi a disposizione. E questa critica riguarda in primis chi ha costruito la rosa, chi ha messo insieme un organico assemblato senza un filo conduttore tattico; e poi, solo dopo, un allenatore incerto sulla sua stessa collocazione politica, indeciso se far parte del gruppo dei tecnici elastici oppure di quello dei tecnici identitari. Per via di tutto ciò, si parla da tempo di sostituire Gattuso, ma anche dell’addio di Giuntoli. Non è un caso, viene da dire.