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«Peppino Prisco riempiva lo studio di milanisti perché godeva della contrapposizione col nemico»

L’intervista di Repubblica al figlio dell’indimenticabile vicepresidente dell’Inter: “Da bambino mi fece crede che le altre squadre non esistevano, spuntavano solo quando l’Inter le batteva”

«Peppino Prisco riempiva lo studio di milanisti perché godeva della contrapposizione col nemico»
Peppino Prisco

Luigi Prisco ha 67 anni, ed è il figlio di Peppino Prisco, indimenticato vicepresidente dell’Inter, produttore seriale di aforismi. Avvocato lui, come il padre, e il nonno, e su per quattro generazioni fino al “quadrisnonno, che aprì lo studio legale Prisco a Napoli”. Intervistato da Repubblica racconta un po’ di aneddoti della infinita passione paterna.

Mio padre mi nascose l’esistenza delle altre squadre. Erano entità astratte, esistevano solo nella misura in cui dovevano perdere contro l’Inter. Un dogma contro cui non ho mai osato ribellarmi, nemmeno in adolescenza. A quindici anni ho forse messo in discussione i miei genitori, come tutti i quindicenni, mai la fede interista”.

Lo studio legale Prisco è sempre un covo di impiegati milanisti.

“Vale per gli avvocati come per le segretarie. Tutte milaniste fino all’attuale, finalmente interista. Peppino godeva della contrapposizione coi milanisti. Aveva un faldone alto una spanna pieno di lettere d’insulti. Quasi tutte di tifosi rossoneri, qualcuna dei supporter del Borussia Monchengladbach, per la causa vinta sulla questione della famosa lattina nel 1971″.

“Durante il militare, andavo comunque allo stadio. E da Tolmezzo, provincia di Udine, non era uno scherzo. Il 21 dicembre 1975 scappai con la mia 127. Una corsa a 160 all’ora. Forse in realtà erano 156, i vecchi tachimetri erano bugiardi. Entrai a San Siro in divisa e Peppino, reduce di Russia, mi guardò commosso. Non si vedeva quasi nulla per la nebbia. Al gol del 2-1, segnato da Facchetti al 90′, mio padre scese in campo e lo abbracciò”

Tra i vari ricordi c’è la vittoria nel ’65 a Torino con la Juve in campionato.

Al ritorno il casellante ci disse che il Milan aveva perso a Roma. Mio padre ripartì per Milano a razzo. Guidava una Flaminia Pininfarina, mia madre era terrorizzata. Avevamo sorpassato il Milan, Peppino festeggiò sorpassando tutti in autostrada“.

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