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Quante fanfare suonano per Spalletti

Un uomo sempre in guerra, soprattutto con se stesso, ideale sovrano a Napoli, questa città che è una guerra continua

Quante fanfare suonano per Spalletti

Caro Max, sono eccitato, caricato a molla, frastornato, scosso e squassato. Maronn’, ma chi sta arrivando? Un uomo che suscita emozioni, come ne danno notizia i tifosi romanisti che lo conoscono bene. Un simpatizzante del 4-2-3-1 che punta sulle ali e sulle contro-ali e inciarma un calcio liquido e verticale, come informano i sapienti del sapere tattico. Un allenatore vaccinato dalle radio romane, come assicurano gli ultras giallorossi. Un proprietario terriero, dice seccamente Mario Sconcerti. Un uomo tutto vanga, aratro e profondità, come dicono i suoi estimatori. Un lunatico ma tutto dedito alla causa, come dice il suo analista.

Maronn’. Luciano Spalletti, annunciato a nove e diciotto colonne. Arriva un uragano, non un allenatore. E quali meriti abbiamo noi del golfo per meritare tanto? L’uomo di Trigoria, l’uomo di San Pietroburgo, l’uomo della Pinetina. Maronn’. E noi che cosa gli offriamo? Castelvoltuno!

Un diavolo d’uomo in questo paradiso già abitato da diavoli. Ci intenderemo. Però mai prima d’ora hanno suonato tante fanfare, nemmeno quando è arrivato Rafa con la gerla dei giocatori del Real Madrid, nemmeno quando è arrivato Carlo l’Emiliano con la promessa è ora di portare lo scudetto al Sud. Adesso è tutto un concerto vocale e strumentale di assaggiatelo e diventerete amici, vi conquisterà, vi stupirà, vi porterà dal settimo posto al settimo cielo. E noi che credevamo fosse, al meglio, un cacciatore di taglie, abile con Icardi e Totti.

Che stupidi, noi del golfo, che abbiamo dimenticato come risollevò la Roma, come conquistò la Russia (a torso nudo e con una catenina sul petto abbronzato), come riportò l’Inter in Champions che non ci andava dai tempi di Mourinho. Il coro entusiasta e straripante dei suoi aedi che ne annunciano l’arrivo a Napoli in luglio (il bene che ti voglio?) è così grande e folgorante che già vediamo Luciano Spalletti sbucare dalla tangenziale ovest assiso sul solare carro di Apollo guidato da Aurelio col semplice movimento della barba bianca e, dietro, i fujenti della Madonna dell’Arco che si percuotono e gemono per avere peccato tutti i peccati di Gennaro Gattuso.

Maronn’. Luciano Spalletti. Lo show. L’adrenalina. Un genio assoluto, come conferma Walter Sabatini anche in periodo di astinenza dichiarata. Un uomo che produce vino e perciò, solo per questo, produce buon sangue. Uno smagliante sessantenne, dicono gli esteti. Più abbronzato di Carlo Conti, aggiungono i produttori di protezioni solari. Un toscano dal linguaggio concavo e convesso nel quale avvilupparsi e perdersi. E un uomo sempre in guerra, soprattutto con se stesso, ideale sovrano a Napoli, questa città che è una guerra continua.

Se ne va de Magistris, arriva Spalletti. Chi ci guadagna? de Magistris lascia chiuso il tunnel della Vittoria, Spalletti aprirà il tunnel del centrocampo. Chi tene ‘o mare, ‘o ssaje nun tene niente, ma chi tene ‘o mare e tene Spalletti?

Maronn’, max. Arriva il compaesano di Giovanni Boccaccio. Arriva se la mi nonna aveva le rote era un carretto e, sul Napoli, chi ‘un ha quattrini, ‘un abbia voglie e senza lilleri un si lallera. E llallarì, lallarà.

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