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Bartoletti: «Quelli che il calcio? Nessuno mi ha più invitato. Ma non credo che ci andrei»

A La Verità: «Ha perso il significato di allora. Quando i giornalisti sportivi si sono sentiti personaggi sono scaduti in eccessi. Biscardi ha fatto scuola, ma era tutto preterintenzionale»

Bartoletti: «Quelli che il calcio? Nessuno mi ha più invitato. Ma non credo che ci andrei»

Su La Verità un’intervista a Marino Bartoletti. E’ stato l’ideatore del programma Rai «Quelli che il calcio», con Fabio Fazio. In televisione, qualche tempo fa, ha raccontato la sua lotta contro il tumore.

«L’ho fatto per ribadire che la prevenzione è importante, e soprattutto per gratitudine per gli angeli che anche con un sorriso mi hanno curato, qui a Bologna».

Racconta la sua vita familiare, la sua infanzia, la famiglia da cui proviene. E’ nato a Forlì nel 1949.

«Da famiglia provinciale e artigiana, che sono poi i due aggettivi più belli a cui credo si possa ambire. Dalla provincia viene il desiderio di migliorarsi continuo, dagli artigiani il fare le cose con le mani – sulla tastiera nel mio caso – con il cervello e con il cuore».

A 20 anni partì da Forlì per raggiungere Milano.

«Con mia mamma che inseguendomi fino in stazione mi ripeteva: “Cosa c’è a Milano che non c’è a Forlì”. Ancora rido, ricordandolo».

Racconta cosa c’era, a Milano.

«C’erano le ambizioni con le quali non avrei potuto confrontarmi altrimenti. C’era qualche anno di sofferenza e di cinghia stretta, e poi l’incontro con i giusti maestri».

Dice che non gli è stato regalato nulla. Di avere avuto una bella carriera, «ma ho avuto alcune delusioni e dolori anche dalla mia vita professionale».

Parla della sua laurea in Giurisprudenza.

«La laurea fu per far felice mio padre, anche se era già morto. Volevo onorare le 500 lire che mi dava per prendere il treno da Forlì all’università a Bologna. Ma la mia vocazione era diversa. Dalla mia piccola città veniva Ercole Baldini, il campione di ciclismo. Era l’Italia che mi faceva sentire orgoglioso. Anche se allora mai avrei pensato di raccontare io quelle emozioni, di seguire da vicino dieci Olimpiadi, dieci campionati del mondo, i festival di Sanremo…».

Parla anche degli Europei. Dice di stimare molto Mancini.

«Stimo molto Roberto Mancini, è l’uomo giusto al posto giusto. Ha riscattato l’amore per la Nazionale che si era perduto, ha investito sui giovani e nel gioco. Poi si vedrà come andrà, ma lo difendo da critiche e insulti, gratuiti. Gli Europei sono un inizio di normalità, ne abbiamo bisogno. Ben vengano le partite, ben vengano gli spettatori negli stadi. Inutile scandalizzarsi perché si cerca di andare avanti».

C’è spazio anche per la tv. Qual è quella amata da Bartoletti?

«Quella che dà buoni esempi. Che con senso di responsabilità intelligente misura ogni parola. Ma si è perso tutto ciò. Al giornalismo sportivo è accaduto quando tutti noi ci siamo sentiti personaggi e abbiamo perso di vista la missione di divulgare ed educare, scadendo in eccessi per cui lo spettatore era portato a pensare: se lo dice lui in tv, posso farlo anche io. L’amico Aldo Biscardi ha fatto scuola, ma era tutto preterintenzionale. Guardi oggi i talk show: almeno lì si litigava solo per un pallone».

Sul suo passato in Rai: quanto era presente la politica?

«La Rai è un’azienda dalla quale ho ricevuto tanto, alla quale penso di aver dato tanto, ma dove ho anche toccato con mano livelli di ingratitudine che mai avrei pensato potessero esistere. La Rai è immortale: riesce a resistere ai danni che essa stessa si infligge. Ferme restando le eccellenze e le professionalità straordinarie che ci lavorano, intendiamoci. Ma c’è un sottobosco scoraggiante».

E, infine, su “Quelli che il calcio”. Gli chiedono se lo guarda ancora. Risponde:

«Qualche volta. È una trasmissione che ormai ha perso il significato di allora, perché il pomeriggio domenicale è stato spolpato. Mi sono piaciuti Luca e Paolo, e Nicola Savino: l’unico che mi ha dimostrato affetto e gratitudine. Nessuno mi ha più invitato. Ma comunque non credo che ci andrei».

Deluso?

«Mah, semplicemente non eravamo più fatti gli uni per l’altro. Ho tanti amici e me li tengo cari. Oggi se mi invitano in tv vado dove so che mi troverò bene. Ultimamente, per esempio, mi ha mai visto parlare di sport?».

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