Insigne, Immobile, Verratti, Florenzi. Sono i bimbi della Zemanlandia pescarese, arrivati alle porte dei trent’anni alla prima competizione internazionale da protagonisti
“Forse non sarà una canzone
a cambiare le regole del gioco…
ma voglio viverla così questa avventura,
senza frontiere con il cuore in gola…”
Un gesto che un po’ emoziona.
La cassa di Lorenzo Insigne suona, alle porte del Parco dei Principi (non lo stadio, ma l’hotel romano dove ha alloggiato la nazionale), Un’estate italiana di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato. Assieme ai tifosi cantano quella, gli azzurri, quasi a ricordarci che, con buona pace del tentativo di Arisa e degli Autogol, non ci sono più i tormentoni di una volta. O quantomeno che – e chi scrive è del 96’ – quelli di prima erano più belli.
“Notti magiche,
inseguendo un goal
sotto il cielo di un’estate italiana…”
Mi sa che lo pensano pure i ragazzi di Mancini.
Molti di loro nel 90’, quando si giocavano i Mondiali in Italia e quando usciva questa canzone, erano appena nati. Qualcuno sarebbe nato di lì a poco.
E questo qui pare essere diventato all’improvviso il loro Europeo.
Certo, con gli ottavi iniziano partite che pesano di più. E che saranno almeno in parte inevitabilmente decise dagli episodi e dalla capacità di girarli a proprio favore.
E però sarebbe disonesto non sottolineare che, comunque andrà, l’Italia del Mancio è la prima squadra a superare la fase a gironi di un campionato europeo a punteggio pieno senza aver subito neanche un gol. Senza fronteggiare squadre irresistibili e con un piccolo ringraziamento a Gareth Bale per averci permesso di festeggiare questo piccolo “primato”: sì.
Però non andare ai Mondiali di Russia (e uscire ai gironi nel 2014 a discapito del Costa Rica) c’ha forse insegnato che in certi contesti nessuno ti regala nulla… e che i record non si fanno per caso. Roma, ch’è stata la sede delle tre partite della Nazionale, sentitamente ringrazia.
“…e negli occhi tuoi
voglia di vincere
un’estate: un’avventura in più!”
Non ci sono i tormentoni di una volta (e pazienza) e, come s’è detto tanto in questo periodo, non ci sono i campioni di una volta. Perché come abbiamo scritto pure in un articolo qualche settimana fa di Roby Baggio all’orizzonte probabilmente non ce ne stanno.
C’è però una generazione, quella nata proprio a ridosso delle notti magiche di Italia 90’, a cui è stata finalmente data la possibilità di assumere la leadership di un gruppo motivato e motivante.
Sono i bimbi della Zemanlandia pescarese, arrivati alle porte dei trent’anni alla prima competizione internazionale da protagonisti. Quei bimbi si son fatti grandi oramai. Tanto che paradossalmente questo ciclo (e cioè Euro 2020 insieme con, al massimo, Qatar 2022) potrebbe per loro rappresentare contemporaneamente la prima e pure l’ultima occasione per lasciare davvero il segno in Nazionale.
Ventura li faceva giocare poco (e in realtà ancora non si capisce perché); Conte non poté contare su Verratti ai campionati europei del 2016 a causa di un infortunio, e comunque a Insigne e Immobile preferiva i pur modesti Pellé ed Eder, probabilmente per ragioni tattiche.
Ed in verità questa era una generazione di cui si diceva un gran bene. Che riuscì a contendere a quella Spagna schiacciasassi gli Europei Under 21 d’Israele nel 2013. Poi è rimasta sempre un po’ lì: forse troppo piccola per un posto fisso tra i grandi, ma troppo vecchia per essere considerata ancora promettente.
Oggi l’Italia classe 90’ – quella di Insigne, Immobile, Verratti, Florenzi, Jorginho stesso (pure se la sua storia è diversa) – ha, rilanciata da Mancini come centrale in un gruppo assai eterogeneo, la chance di riprendersi almeno per qualche tempo le copertine. E un po’ se le è già prese, in realtà, quelle copertine che in futuro saranno certamente tutte per i Nicolò Zaniolo, i Nicolò Barella, i Moise Kean, i Federico Chiesa.
Chissà se dagli ottavi continuerà a prendersele.
Negli occhi la voglia di vincere c’è. Come pure c’è la necessità di sugellare con una grande vittoria in Nazionale certe carriere.
Il gruppo Italia ci crede. Chi vivrà vedrà.