Franco Ordine definisce il muro della Danimarca una riconciliazione calcistica. “Privilegiati, pedine di club e Uefa ma sul campo veri uomini capaci di gesti unici come Kjaer”
L’immagine di Eriksen steso a terra al Parken Stadium, con i compagni a fargli da scudo mentre si tentava di rianimarlo hanno compiuto un miracolo: quello di riconciliarci con il calcio. Lo scrive Franco Ordine su Il Giornale.
“Ha spazzato via la crosta che avvolgeva il mondo del calcio, attraversato dai rancori non ancora sopiti per la Superlega e le minacce quotidiane di Ceferin. Ha dimenticato in fretta le polemiche da quattro soldi per qualche rigore negato che ci portiamo dietro con un retrogusto di provincialismo d’antan. Ha spedito nel cestino dei rifiuti da non riciclare l’idea malsana che la categoria fosse abitata solo da calciatori irriconoscenti e dai loro golosi agenti, trasformati in assalitori della diligenza di club con bilanci ridotti al default dalla pandemia. Ha fatto, insomma, giustizia di quella narrazione secondo cui il calcio di queste ultime settimane sarebbe diventato il pianeta esclusivo dei tifosi, padroni di tutto, delle emozioni e dei bisogni, addirittura degli stessi tornei”.
Ordine continua:
“Per fortuna, oltre a salvare una vita, che è sempre un capolavoro da raccontare, la vicenda di Copenaghen ha rimesso al centro del nostro villaggio la figura di calciatori-uomini che sono l’espressione meno pubblicizzata di questo Europeo nato per uscire dalla prigione del lockdown e trasformato adesso in una liberazione perché gli stadi sono tornati ad animarsi, a vivere insomma, a togliere l’eco di berci lanciati nel deserto e a valorizzare il comportamento di uomini puri che s’inventano anche infermieri, capaci dei primi soccorsi se vedono un loro sodale riverso per terra con la lingua attorcigliata. Di tutto questo abbiamo bisogno per recuperare il senso più antico del calcio e il ruolo dei suoi protagonisti, che restano quei ragazzoni in maglietta e pantaloncini, con le scarpe colorate ai piedi e il sole nei capelli quando rincorrono un pallone come se inseguissero la felicità”.
Qualcosa di cui dovremo ricordarci, conclude, quando dimenticheremo quanto accaduto.