IL BESTIARIO DEGLI EUROPEI – Meret è rimasto l’unico a non aver esordito. Dopo il Sassuolo, è la volta dell’Atalanta: comanda la provincia
LA COMUNE DEL MANCIO. Eguaglianza e fraternità, certamente. Libertà sì, ma fino a un certo punto (la sera a letto presto). È Mancini il vero Comandante della pelota italica, altro che l’Esteta dei Titolarissimi schierati pure con il Benevento. Il cittì inocula un massiccio turn over, ben otto cambi rispetto alla Svizzera, e vince alla Mitterrand buonanima, cioè come “la force tranquille” d’ispirazione socialista. Hasta la vista Mancio – 8
IL PIEDE DI VERRATTI. Il ritorno di Verratti propizia il vantaggio decisivo di Pessina. Piede prezioso e giottesco il suo che s’intende con quello geometrico ed essenziale di Jorginho, uno dei tre sopravvissuti al turn over. Per di più, in onore dell’amico caro Insigne a riposo in panca (dovevamo prenderli insieme noi a Napoli: do you remember Mazzarri?) Verratti tenta finanche un tiro a giro a metà del primo tempo. In gallese tiro a giro si dice “saethu o gwmpas” – 8
IL VERBO DI VERRATTI. Le sue parole dopo la partita rientrano nell’enfasi patriottica di questi giorni di risveglio post-pandemico, però che bello se un qualunque ministro di un qualunque governo parlasse così: “Rappresentiamo milioni di persone e siamo tutti uguali, non ci sono egoisti tra di noi”. Viva Verratti – 10
IL GALLES SULLA MUNNEZZA. Per ragioni onomastiche il titolo sarebbe dovuto andare al Gallo Belotti e invece il destino inteso in senso borgesiano stavolta premia a sorpresa Pessina, ripescato dopo l’infortunio di Pellegrini. Che storia, che si somma quelle di Berardi e Locatelli – 8
PROVINCIALISMO UBER ALLES. L’Italia è Paese di poche città e mille province. E così dopo l’ubriacatura sassolese delle prime due partite (i citati Berardi e Locatelli), adesso è il turno dell’Atalanta bergamasca. Non solo Pessina, ma anche Gosens ieri – 8
MEZZO BISCOTTO. Lungi da noi alludere a biscottoni ma diciamo che il ritmo lento del secondo tempo ha fatto comodo a noi e al Galles, arrivato secondo sulla Svizzera grazie alla differenza reti – senza voto
IL TUPPO DI BALE. L’ex prodigio Bale ha sbagliato un golazo facilissimo per lui, dopo il rigore alle stelle contro la Turchia. Forse è troppo concentrato sulla sua chioma: un mini-chignon al centro della testa, in napoletano tuppo, che ricorda la figlioletta dei Flinstones.
L’INGEGNERE MANCIO. Il Comandante Mancio ha pure indubbie doti ingegneristiche. Vedansi la doppia barriera su punizione a nostro favore e il trenino dei difensori al limite dell’area gallese in attesa del corner – 7
PRONTI ALLA MORTE. Chiellini non c’è e così le telecamere di Sky stavolta indugiano sul viso barbudo di Bonucci: “Siam pronti alla morte”. E lui grida: “Sììììììììì”. Retorica nazionalista, senza dubbio, e ci può stare. Ma chiedetelo al povero Eriksen – 5
POVERO MERET. È il ventiseiesimo che non ha giocato. La solitudine del numero uno. I dolori del giovane Meret, a noi sempre caro, già vittima del veleno di Mister Ringhio. A proposito dell’impresentabile Gattuso: un anno fa molti lo davano come sicuro ct della nazionale dopo Mancini, che invece ha poi rinnovato fino al 2026. Visto quello che è accaduto con Fiorentina e Tottenham, Rino sta diventando un collezionista di panchine fantasma – 7 (a Meret)
CHIESA INSIGNITO. Gli esterni d’attacco spesso vengono contagiati dal virus del tiro a tutti i costi. Ansia da prestazione, che sfocia in miliardi di tentativi ribattuti. Lo conosciamo bene, questo virus, per via di Insigne. Ma anche Chiesa non scarsea in merito.
DONNARUMMA VERGINE. Zero gol subiti. E anche questo è un successo. Anche perché stasera qualche pericolo c’è stato. Detto di Bale, c’è la cappellata di Acerbi, per fortuna non letale – 8
VOCABOLARIO PATRIOTTICO. C’è da scommettere che si moltiplicheranno editoriali e commenti tracimanti euforia sulla nazionale. Alcuni concetti chiave: la coesione del gruppo, la forza del gruppo, siamo tutti uguali (Verratti), non importa chi gioca (Chiesa). La nazionale e l’inno cantato come metafora di un Paese incompiuto, spesso postumo di se stesso – senza voto