Il regista tv (a capo della regia della Serie A) a La Stampa: “La morbosità è molto diversa dall’informazione. In F1 e MotoGp l’hanno capito già dagli anni 90”
Popi Bonnici è “il” regista sportivo. Il suo nome particolare è conosciuto tra molti telespettatori dei talk sportivi di Mediaset degli scorsi anni. Ora è consulente editoriale della Lega Serie A. In pratica, come scrive La Stampa che lo intervista è “il ct dei registi che mandano in onda le immagini del campionato”.
La gestione mediatica del dramma Eriksen tiene banco, con i giocatori della Danimarca a fargli scudo dall’invadenza delle telecamere, e quelle a indugiare comunque. Bonnici dice che c’è stato, come spesso accade, un eccesso di morbosità.
«La morbosità è molto diversa dall’informazione. Non siamo al Colosseo. Dalla metà degli anni ’90 questo concetto è stato applicato in Formula 1 e nelle gare di moto. Bernie Ecclestone lo aveva capito molto bene. Le immagini hanno indugiato troppo su alcune situazioni drammatiche. Soprattutto il massaggio cardiaco ripetuto in quei minuti interminabili. Non era una fiction, era la realtà. Sono stati i compagni di squadra a impedire che si vedesse ancora di più. Intendiamoci, era giusto mostrare i giocatori danesi intorno al loro numero 10. Quella era una notizia. Ma non quegli aspetti crudi. In quello si è andati oltre».
La foto che mostrava Eriksen cosciente però avrebbe avuto l’effetto di tranquillizzare tutti sullo stato di salute del giocatore…
«La foto, che ha fatto il giro del mondo, poteva ingannare. Avrebbe potuto essere un momento, capovolto pochi secondi dopo».