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Sacchi: «Felice per Ancelotti. Spero che esportare allenatori sia un passo verso un calcio più coraggioso»

Alla Gazzetta: «Ancelotti è umile e affidabile, preparato, tenace, modesto. Avete mai sentito un suo giocatore parlare male di lui? Io no»

Sacchi: «Felice per Ancelotti. Spero che esportare allenatori sia un passo verso un calcio più coraggioso»

La Gazzetta dello Sport intervista Arrigo Sacchi. Il tema è quello del ritorno di Ancelotti al Real Madrid. L’arrivo del tecnico è stato ufficializzato ieri dopo un giorno di trattative che hanno colto di sorpresa un po’ tutti.

Sacchi si dice felice della scelta di Florentino Perez. Anche perché, in lizza con Ancelotti, c’erano Conte e Allegri, tutti tecnici italiani.

«Sono felice di questo, significa che il nostro calcio qualcosa di buono lo produce. Conosco bene la mentalità del Real Madrid, di cui sono stato direttore tecnico. So che cosa chiedono a un allenatore: non vogliono la vittoria senza merito, non vogliono trionfare attraverso la furbizia come spesso si fa in Italia. Mi auguro che esportare allenatori sia un passo verso un nuovo calcio: se la Spagna, negli ultimi dieci anni, ha vinto sei Champions e sette Europa League, e l’Italia è ferma a zero, vogliamo darci una svegliata? C’è bisogno di un calcio più coraggioso».

Sacchi viene chiamato ad un giudizio su Ancelotti allenatore.

«Se dico che lo considero mio figlio, spero che non si arrabbi. L’ho voluto io al Milan nel 1987, anche se sapevo che aveva le ginocchia malmesse. Convinsi Berlusconi, gli dissi che con Ancelotti avremmo vinto lo scudetto. E in quella prima stagione ebbi modo di apprezzare le doti di umiltà di Carlo».

Racconta un episodio:

«Lui aveva già 28 anni, era nel giro della Nazionale. Un giorno Berlusconi mi disse: “Lei ha voluto un direttore d’orchestra che non conosce la musica”. Carletto non era ancora entrato nei meccanismi. Gli riferii la frase di Berlusconi e lui mi disse: “Cosa facciamo?”. “Semplice, – gli risposi – lezioni in più. Tu vieni al mattino, io chiamo i ragazzi della Primavera e proviamo tutte le situazioni che si possono verificare in partita”. Carlo, che avrebbe anche potuto mandarmi a quel paese, accettò con entusiasmo e s’impegnò più di prima. Questa è la sua forza. E poi è una persona affidabile in un mondo che non sempre lo è. E’ preparato, tenace, modesto. Avete mai sentito un suo giocatore parlare male di lui? Io no».

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