La grande stampa internazionale elogia “il coraggio di fare un passo di lato”: “Ora gli atleti sanno di potersi difendere”
“No. Che parola piccola e semplice. Che potere trasformativo possiede”.
Il “no” di Simone Biles ha fatto deflagrare le Olimpiadi di Tokyo più dell’ennesimo oro a ripetizione della più grande ginnasta di tutti i tempi. Ha trasformato la competizione olimpica nei Giochi della psicanalisi. E sulla stampa internazionale non accenna a spegnersi l’approfondimento della questione “salute mentale”. Con un’unica linea editoriale: dal New York Times al Pais al Guardian, è tutto un elogio del “potere di dire no”, dell’importanza “del passo di lato”.
Per il NYT il forfait di Biles “dimostra che l’empowerment degli atleti, un segno distintivo di questa era nello sport, continua a svilupparsi e crescere. Gli atleti sono più che pronti a schierarsi ora, non solo per la giustizia sociale ma anche per se stessi”. “Dicendo ‘no’, ritirandosi questa settimana e difendendo il suo benessere in un mondo sportivo che mercifica atleti e premi vinti a tutti i costi, supera tutti i suoi risultati per importanza.
“Viviamo in una società che adora gli atleti come divinità magiche e li tratta allo stesso tempo come oggetti usa e getta. Tifosi, giornalisti, leghe, organizzazioni globali come il Comitato Olimpico Internazionale, formano tutti un ecosistema in cui troppo pochi si preoccupano del dolore che gli atleti sopportano: le ossa rotte, le lesioni celebrali e i problemi di salute mentale. Finché sono lì per il nostro intrattenimento, va tutto bene”.
Il Guardian sottolinea la specificità della ginnastica femminile, uno sport in cui se non sei concentrato al 100% rischi la vita.
E stessa cosa fa El Pais che affida un fondo a Gervasio Deferr, oro nel volteggio ad Atene e Sydney.
“Sappiamo che è un lavoro, che è uno stile di vita, ma ci sono momenti in cui devi fare un passo di lato, farti da parte e guardarti un po’ dentro. In caso contrario, se reagisci in ritardo, a volte l’impatto e il problema peggiorano”.
Per Deferr “quando noi ginnasti saltiamo, abbiamo una perdita di orientamento come quella che ha subito Simone ma, beh, è un processo che si allena e si impara a gestire. Ma, quando l’hai già masticato perché sei in alto come Simone Biles, e all’improvviso succede di nuovo, e succede di nuovo in una competizione, riflette l’esistenza di un problema più serio. Non è più un “non so cosa mi succede nell’aria”, ma un “non so cosa mi succede nella testa”.
Inoltre “a quei livelli di massima difficoltà, la ginnastica d’élite è davvero molto rischiosa. Devi essere al 100% per essere in grado di fare tutto ciò che vuoi fare. In caso contrario, possiamo farci molto male. E non vale il rischio in quel senso, in quelle condizioni. Quando ci stai giocando e sei al 100%, allora corri dei rischi, ma se no, non puoi assumerlo, sai che non lo supererai”.
Biles è stata “coraggiosa, molto coraggiosa. Chi combatte in guerra non sempre è il più coraggioso. A volte ci vuole più coraggio per farsi da parte”.