La lenta e inesorabile ascesa dell’uomo forte del calcio italiano. Alleanze, promesse, assunzioni, patti elettorali, promozioni ai fedelissimi
Ci fosse un magistrato attento, chissà che sonni agitati tormenterebbero Gabriele Gravina eletto per la seconda volta nel febbraio scorso presidente della Federazione italiana giuoco calcio. Elezioni contraddistinte da operazioni quantomeno discutibili.
Ci sono prove cartacee, come il contratto di Marco Tardelli, ma altre sono andate distrutte e resta solo la testimonianza di qualche persona perbene.
Oggi il presidente Gravina viene dipinto come un santo. Come se avesse vinto lui gli Europei. Lui che non avrebbe voluto che il mister Mancini rinnovasse il contratto, sperando che fosse attratto dai milioni di euro garantiti da qualche società. Gravina aveva disegnato il futuro della Nazionale nelle mani di Marcello Lippi, come direttore tecnico, e di Fabio Cannavaro come allenatore. E non è detto che dopo i Mondiali non si riapra questa partita.
È stata una carriera tutta in salita quella dell’uomo più potente della Figc. Uomo di potere, che ha saputo costruire una rete di alleanze e complicità che gli hanno garantito il successo.
Sono passate sotto silenzio le ultime elezioni per il rinnovo degli organi interni (anche la Procura federale è stata sottoposta a un profondo repulisti, laddove chi non aveva prestato giuramento di fedeltà nei confronti di Gravina è stato emarginato).
Tanti giudici federali esautorati, ad esclusione del procuratore federale Chinè che è stato anche nominato capo gabinetto del Mef, con evidenti profili di incompatibilità tra i due ruoli.
Ma il clou avviene alla vigilia del febbraio scorso, quando si è votato, appunto, per il rinnovo degli organismi interni.
Un attimo di pazienza. L’anno cruciale è il 2017. I due dirigenti della Figc che possono aspirare a diventare presidente sono Gabriele Gravina, presidente della Lega Pro, e Cosimo Sibilia, presidente del calcio dei dilettanti.
L’eliminazione dell’Italia alle qualificazioni Mondiali porterà al commissariamento della Figc. Dopo il rifiuto di mister Ancelotti, sotto la spinta di Giovanni Malagò, Mancini diventerà il nuovo commissario tecnico della nazionale.
Durante il commissariamento si costituisce una alleanza tra Gravina, Sibilia, Nicchi, rappresentante degli arbitri, e Ulivieri, rappresentante degli allenatori, garante l’ex presidente Abete, che raccoglie il 63% dei voti elettorali e che porterà nell’ottobre del 2018 all’elezione di Gravina.
Questa coalizione si impegna a garantire l’appoggio a Sibilia nelle elezioni del 2020.L’unica copia firmata del patto sottoscritto viene consegnata all’avvocato amministrativista Giancarlo Viglione che all’inizio non faceva mistero delle sue simpatie per Sibilia. Ma, dopo le elezioni del 2018, il presidente Gravina nomina Viglione come legale della Federazione.
Che fine ha fatto il contratto riservato firmato da Gravina, Renzo Ulivieri, Narcello Nicchi e Cosimo Sibilia?
Le società forti del Nord, Juve e Inter, premono affinché Gravina non faccia prigionieri. E il presidente – con l’inchiesta di Perugia sull’esame truccato per far ottenere la cittadinanza italiana al giocatore Suarez e il silenzio sulla questione della Superlega – non si mostrerà certo un accanitore persecutore della Juventus.
Il contratto viene sottoscritto e diventa esecutivo il 22 febbraio scorso, il giorno della proclamazione dell’elezione di Gravina a presidente della Figc. Un contratto da 17mila euro al mese per quattro anni.
Il secondo episodio risale al dicembre del 2020, quando Gravina raggiunge un accordo elettorale con il presidente dell’Associazione italiana calciatori, Umberto Calcagno. I due sottoscrivono una scrittura privata con la quale Gravina si impegna a versare un contributo straordinario (Covid) di 1.250.000 euro. Il contributo diventa esecutivo dopo l’elezione di Gravina.
Soldi, finanziamenti, contratti, assunzioni. È il metodo Gravina.