In soli quindici giorni, la nostra idea è diventata una campagna. Sarebbe un messaggio ai bambini: non serve essere supereroi per giocare a calcio. E anche un risarcimento postumo a Iniesta
Magari tutte le campagne mediatiche e propagandistiche finissero così. Il Napolista diverrebbe l’agenzia di comunicazione più richiesta al mondo. In meno di venti giorni, “Jorginho Pallone d’oro” è diventata una realtà, siamo quasi alla consegna anticipata.
Partimmo in solitudine il 22 giugno (il pezzo è qui). Un pensiero ci spinse a lanciare l’idea: se Kanté è uno dei candidati al Pallone d’oro, visto che ha vinto la Champions col Chelsea e potrebbe bissare con la Francia agli Europei, allora perché no Jorginho? E infatti il titolo fu proprio Jorginho Pallone d’oro, why not?
Allora non ci saremmo aspettati il suicidio calcistico della Nazionale di Deschamps che, ebbra della propria superiorità, si è andata a schiantare contro la Svizzera. Era rimasta a ballare con Pogba al gol del 3-1 e nel frattempo gli elvetici avevano pareggiato e avevano persino vinto ai rigori.
Anche Jorginho, come Kanté, ha vinto la Champions da protagonista col Chelsea. E a differenza del francese, la sua Nazionale è andata in finale agli Europei. Ha segnato il rigore decisivo contro la Spagna: conta, conta, l’apparenza, la mediaticità contano eccome, e quel rigore è stato un film, un romanzo, un elogio della lentezza, un omaggio a Zenone e al paradossi di Achille e la tartaruga.
Conta a maggior ragione per Jorginho calciatore che da sempre paga il suo non essere appariscente, caratteristica che oggi è considerata alla stregua di un reato.
Subito dopo il lancio della campagna da parte del Napolista, il claim “Jorginho pallone d’oro” ha cominciato a vivere di vita propria. Conferenza stampa di Insigne e domanda Rai sul tema. E poi ancora, ancora. Anche il parere contrario di Cassano – che ha una doppia valenza positiva: tecnica (se lui è contrario, allora è giusto che lo abbia) e mediatica – contribuisce a irrobustire la campagna.
Adesso ne parlano tutti (ieri pure il Guardian). Oggi, giustamente, il Corriere dello Sport dedica al tema un editoriale. Libero un articolo. Altri lo danno per scontato. Sarebbe anche un modo per riportare il Premio alla realtà del calcio. Per lanciare il messaggio che non c’è bisogno di essere supereroi per saper giocare a calcio. Jorginho è un esempio di tenacia e di abnegazione. Un calciatore che ha saputo mettersi in gioco una volta arrivato in Premier, che ha navigato nel mare delle avversità calcistiche una volta perduto il suo mentore Sarri che ha abbandonato il Chelsea per andare alla Juventus (il sogno di ogni operaio, sia pure calcistico). È lì che Jorginho ha compiuto il cambio di passo. Quando ha assaporato la panchina con Lampard. Ha mostrato carattere, forza di volontà e capacità di giocare a calcio anche cambiando spartito. Ha lottato, è cresciuto, ha riconquistato il posto in prima squadra e poi tutto quel che sappiamo.
Il Pallone d’oro a Jorginho sarebbe anche un modo per chiedere scusa a Iniesta che nel 2010 avrebbe dovuto vincerne due e invece il premio fu inopinatamente dato a Messi.
Per ora, aspettiamo domenica. Noi siamo soddisfatti del nostro ruolo di agit-prop.