ilNapolista

La freddezza di Napoli è un vantaggio per Spalletti

Tra l’onda lunga di Napoli-Verona e malumori sparsi, l’allenatore potrà cominciare a lavorare a fari spenti. E a Napoli è un lusso che capita raramente

La freddezza di Napoli è un vantaggio per Spalletti

La differenza di entusiasmo tra romanisti e napoletani per gli arrivi di Mourinho e Spalletti è stata talmente eclatante da non aver bisogno di essere commentata più di tanto. Per certi versi è comprensibile. Mourinho è una star, siamo oltre i confini del calcio. Spalletti è “solamente” un grande allenatore, nonostante non gli manchi la capacità di bucare lo schermo.

I motivi della freddezza di Napoli sono diversi e solo in parte riguardano il tecnico di Certaldo il cui arrivo peraltro è incredibilmente accompagnato anche da una percentuale di incomprensibili dubbi. A questo siamo abituati. Abbiamo avuto fior di tecnici che non hanno scaldato i cuori. Ma c’è molto altro oltre Spalletti. A Napoli, dopo il pareggio col Verona, è dilagata quella che De Laurentiis ha definito dietrologia. Bisognerebbe definirla avantologia, perché a Napoli saranno rimaste sì e un centinaio di persone a credere che semplicemente la squadra non abbia avuto la forza psicologica di vincere la partita decisiva.

E dopo la conferenza di De Laurentiis, anche i pochi scettici si sono convertiti al complottismo. Come spesso gli capita, soprattutto ultimamente, il presidente non ha rinunciato ad attingere al mare magnum del populismo. Dimenticando che si tratta di una scelta che al massimo dà frutti nel brevissimo periodo, sempre che li dia, per poi certamente rivelarsi dannosa nel medio e nel lungo. A meno che non ci siano prove di altro; in quel caso, però, la trafila sarebbe diversa e non passerebbe per una conferenza stampa.

Il dibattito – per noi lunare – su Napoli-Verona è riuscito a far calare il silenzio sui due anni che hanno condotto il Napoli dall’essere la squadra anti-Juventus a un club che ha fallito la qualificazione Champions per due edizioni consecutive, passando per un evento come l’ammutinamento, e che ora – sempre parole di De Laurentiis – ha la prima esigenza di far quadrare i conti. Addirittura «per non fallire».

Abbiamo scritto il nostro pensiero. La verbosa conferenza del presidente non ha risposto all’unica domanda che a nostro avviso dovrebbe oggetto di dibattito nella tifoseria (altro che Napoli-Verona): come mai, a fronte di 150 milioni spesi in due sessioni di mercato, il Napoli è tornato nella seconda fila del calcio italiano? Quali errori sono stati commessi? Chi li ha commessi? I responsabili sono stati e/o saranno puniti? La società di cambiare modello organizzativo e in che modo? Il modello anglosassone è basato sull’assunzione di responsabilità: in un’azienda ci sono responsabili di settori e chi non raggiunge l’obiettivo, in questo caso in maniera clamorosa, vengono rimossi.

De Laurentiis non ha fornito spiegazioni. Non era dovuto, per carità. La speranza, come scritto, è che lui abbia tutto chiaro. Ha richiamato nel club uomini di fiducia che in precedenza hanno lavorato con Mazzarri (il team manager Santoro) e con Sarri (il vice Calzona e il preparatore atletico Sinatti). Ha ingaggiato uno degli allenatori più bravi e più solidi in circolazione. Sono risposte pratiche. Il direttore sportivo è sempre Giuntoli – al di là del suo essere in primo o in secondo piano, è a busta paga, ricopre il ruolo – e con lui il Napoli ha speso 150 milioni fallendo la Champions per due anni di fila.

Il contesto è questo. Come detto, ci sono anche dubbi che accompagnano Spalletti. Dubbi non nostri. Non possiamo star qui a difenderlo, sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti della sua carriera. Vi lasciamo alle parole di Sabatini che lo conosce decisamente meglio di noi. È un grande allenatore, lo abbiamo scritto in tempi non sospetti, anche quando allenava la Roma. Anche della vicenda Totti sapete come la pensiamo (qui e qui). Aggiungiamo che adesso è l’ambiente ideale per l’allenatore di Certaldo. Che può lavorare senza pressioni. L’ambiente Napoli è “pericoloso” quando si entusiasma, si passa alla fase della pretesa, come se il calcio fosse aritmetica e non uno sport. È preferibile quando la piazza è giù di morale.

È più o meno quel che accadde anche con Sarri accolto da diffidenza, persino con manifesti contrari al suo arrivo. E poi osannato come leader politico prima di prendere atto – più o meno mal volentieri – che di mestiere fa l’allenatore e di conseguenza va dove gli offrono un contratto.

Abbiamo visto il video in cui Spalletti risponde a qualche domanda. Ne abbiamo apprezzato la serietà, senza alcun intento demagogico. Il che è anche pericoloso per la piazza cha da sempre ha un debole per chi la prende per i fondelli. Tant’è vero che De Laurentiis ha rotto quelle dichiarazioni di compostezza e buon senso col suo bel vocione: “perché Napoli è unicaaaaa”. Non si sa mai.

Spalletti è troppo robusto per non sapere che cos’è Napoli. Ha conosciuto, a fondo, piazze calcisticamente più complesse della nostra (non c’è paragone con Roma versante giallorosso). Ha la possibilità di partire a fari spenti. È la condizione ideale. Probabilmente lo sa anche lui.  Saranno due-tre mesi in cui potrà e saprà dare la sua impronta alla squadra (che vale più del settimo e del quinto posto ottenuti con Gattuso). È l’unico aspetto positivo del surreale dibattito su Napoli-Verona. Magari in privato Spalletti avrà avuto da De Laurentiis le spiegazioni sul declino. In quel caso il quadro sarebbe completo. Il resto ce lo metterà lui.

ilnapolista © riproduzione riservata