Brych impiegato per tre gare consecutive nelle fasi finali, Van Boekel al VAR per Italia-Inghilterra, tante esclusioni non del tutto comprensibili
Voler interpretare le scelte di Roberto Rosetti in questi Europei non è un esercizio facile. Di prevedibile c’era soltanto la scelta finale, quella di Bjorn Kuipers, praticamente già fatta all’eliminazione dell’Olanda agli ottavi ed è stata confermata quando è stato indicato per Repubblica Ceca-Danimarca, il quarto di finale meno blasonato così da tenerlo più riparato. Il percorso di designazioni con cui ci si è giunti però è dei più tortuosi.
Ormai da tempo il duo olandese composto da Kuipers e Makkelie è sinonimo di garanzia in ambito internazionale. Sono stati gli arbitri più impegnati nella scorsa edizione della Champions League, di cui Kuipers ha diretto la finale nel 2014 e ben presto toccherà anche a Makkelie che può già vantare l’atto conclusivo dell’Europa League dell’anno scorso. Erano insomma inquadrati fin da subito come profili di rilievo, favoriti per gare delicate.
L’inizio di Makkelie è stato molto turbolento: in Italia-Turchia si è perso un clamoroso fallo di mani, che il risultato finale per fortuna ha ridimensionato, oltre ad una gestione dei cartellini un po’ incerta. Non è andato meglio successivamente: è parso sbiadito. L’esperienza di Kuipers gli ha permesso di distinguersi in direzioni autorevoli, dove il piccolo difetto di natura tecnica viene offuscato dalla capacità di tenere sotto controllo l’umore dei giocatori in campo, ma anche lui non è parso al 100%.
Giunti alle semifinali, Rosetti aveva davvero poco margine. Non poteva contare su Orsato, Mateu Lahoz, Del Cerro Grande, Taylor e Oliver a causa delle nazionali presenti. Una partita sembrava dover essere assegnata a Cakir che ha vissuto anni di totale appannamento in Europa ma che in questo torneo è stato uno dei migliori, indiscutibilmente. Sarebbe stato anche un giusto premio ad una carriera che l’ha visto ai vertici della classe élite Uefa fino al 2015, il compromesso perfetto. L’altra sfida avrebbe richiesto una soluzione un po’ più azzardata. Hategan era stato già tagliato fuori (perché?), Turpin ha perso una grande occasione per fare l’ultimo passo in avanti con degli errori gravi, Karasev non è stato ritenuto un nome di spessore, Vincic sarebbe stato un rischio troppo grande in parte già corso con Italia-Belgio. Alla fine, il designatore ha preferito affidarsi al talento in ombra di Makkelie e soprattutto impiegare oltremodo Brych.
Il tedesco è stato designato consecutivamente per ottavi, quarti e semifinali, una cosa che praticamente in tornei di questo calibro non si vede quasi mai. In Portogallo-Belgio è stato autore di una prestazione inconcepibile, fiero portatore di una moda in vigore qualche anno fa: non cacciare i cartellini, come se il taccuino pulito fosse sinonimo di gara diretta bene. Inghilterra-Ucraina è stata senz’altro più positiva, mentre anche in Italia-Spagna è tornato a non sanzionare da un punto di vista disciplinare diversi episodi.
I più svegli avranno notato il quasi sistematico impiego dei direttori di gara olandesi per l’Inghilterra, che molti hanno indicato come scelta politica, come per dare il meglio su piazza per la nazionale più ospitante delle altre, per così dire. L’aspetto che invece è più sorprendente, nella designazione della squadra arbitrale, riguarda la presenza in sala VAR tra gli altri dell’olandese Van Boekel, protagonista silenzioso davanti al monitor in alcune delle decisioni arbitrali più controverse di questo Europeo: il rigore concesso agli inglesi contro la Danimarca e quel mani a cui si faceva riferimento prima in Italia-Turchia, che Rosetti aveva pubblicamente definito un errore del VAR che non aveva suggerito a Makkelie la review. Se il sistema che vige, almeno in teoria, è guidato dalla meritocrazia, questi Europei non ne sono stati di certo la dimostrazione.