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Salvate il soldato Hysaj partigiano a sua insaputa

Ha storpiato in mutande un canto della Liberazione. E gli ultras fascisti sono riusciti a farne un eroe della Resistenza. Come il protagonista di Oltre il Giardino, come Forrest Gump

Salvate il soldato Hysaj partigiano a sua insaputa

Salvate il soldato Hysaj. Partigiano a sua insaputa. O suo malgrado, chissà. Quando appena un paio di mesi fa eravamo noi ad invocare la salvezza, scempiati da un paio dei suoi ripieghi difensivi che erano costati la Champions al Napoli, mai lo avremmo immaginato icona della Resistenza, ben oltre la collina, asserragliato sulle Dolomiti, in ritiro coi fasci laziali fuori ad aspettarlo. Lo ricordiamo in rotta col Cagliari, e col Verona, ma per lo più renitente un po’ a tutto, ai cross soprattutto. In sei anni di Napoli era rimasto nei ranghi, milite ignoto. Gattuso gli aveva tributato un plauso commosso a febbraio, per il sacrificio di allenarsi col contratto in scadenza invece di acquattarsi nelle retrovie. Con quel freddo, poi. Ma niente di più. Lasciando Castel Volturno aveva promesso: “non è un addio, è un arrivederci”. I più traumatizzati ci avevano letto una minaccia.

Invece il “comunista” silenzioso Sarri se lo porta alla Lazio e scoppia il casino. Bella Ciao, figurarsi. “Una cosa fuori dal mondo”, urla il capo-ultrà Franchino. “Non poteva non sapere”, gli rinfacciano, che quella è “una canzone politicizzata”. Perché – fa già ridere così – gli ultras laziali si sono informati: lui è sì albanese, ma è figlio d’operaio sfruttato in Italia, lo sa che Bella Ciao è un vessillo del nemico. Mo sei alla Lazio, mica puoi cantare quello che ti pare.

Ma andiamo a rivedere, come al Var, il video incriminato. E’ istruttivo.

Hysaj è al ristorante, in piedi su una sedia, coi calzoncini arrotolati all’inguine come impone l’etichetta del calciatore sguaiato. Dà proprio l’impressione d’essersi svegliato trovando l’invasor… Non ne conosce il testo, tanto che è costretto a sbirciare dallo smartphone. Preso dalla lirica si lascia trasportare: chiede al partigiano di portarlo via, “perché quest’anno si vince qualcosa”. Fine.

Sullo sfondo, tra i compagni che ridono e scherzano, si nota Pepe Reina che proprio di sinistra non è. Anche lui travolto dall’ilarità generale, non s’accorge dell’oltraggio a certi valori. Non avverte l’entità della bestemmia. Bella Ciao – la sensazione è questa – è una vittima collaterale: avrebbe potuto intonare Vattene amore, sarebbe stata la stessa cosa.

Magari Hysaj è un fuoriclasse dello spionaggio, eh. Una cellula dormiente della lotta marxista, insediatasi tra Empoli e Napoli per poi sbocciare finalmente nella Capitale. Ma la gestualità finto-alticcia, l’euforia della caciara da quinta liceo in gita d’istruzione, la storpiatura volgare di un canto della Liberazione… niente lascia intendere che Hysaj desse un significato ideologico al suo karaoke. Eppure ci son cascati tutti, noi compresi.

Oppure – ma non abbiamo ulteriori elementi a suo carico – Hysaj è l’Hysaj che tutti abbiamo imparato a ignorare in questi anni: un tranquillo terzino di fascia media senza particolari ambizioni politiche. Trovatosi atterrito al centro d’una bufera più grande di lui. Mal-assistito, questo sì, dal suo mentore allenatore ed intellettuale di riferimento Maurizio Sarri. Una specie di Chance il giardiniere di Oltre il giardino (“la vita è uno stato mentale”) o di Forrest Gump che quasi mette pace tra USA e URSS giocando a ping pong (“la vita è una scatola di cioccolatini”). S’è ritrovato, come il partigiano Johnny “in the wrong sector of the right side”, un po’ come a Napoli: a destra, o a sinistra, muovendosi con la stessa classe.

Gli ultras della Lazio – una minoranza ossessionata da se stessa, visto che siamo alla fase dei distinguo – sono riusciti nell’impresa di fare del povero Hysaj una bandiera, un feticcio. Il primo che s’inventa la t-shirt di Hysaj col basco del Che, fa i soldi veri.

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