Intervista al Corsera. L’infanzia a Napoli, la morte della madre, il padre severo, la fuga a 18 anni: «Mai dato nemmeno un bacio in bocca per lavorare»

Barbara D’Urso, intervistata dal Corriere della Sera, parla della sua infanzia a Napoli.
Vivevo a Napoli, in una casa meravigliosa, avevo tutto, poi, io ho sette anni e mamma si mette a letto. Ogni tanto, si alzava, poi, sempre meno. Le sue braccia erano sempre più nere, per le flebo. (…) Poi, all’improvviso, mamma non c’è più e di lei in casa non parleremo mai più. Come se quella tragedia fosse normale. Da allora mi porto dietro quest’imperativo di sopravvivenza e il rigore di mamma, che ho nel Dna».
Com’era fatto questo rigore?
«Di regole. Lei, pure malata, a letto, se la combinavo grossa mi faceva tirar su per le braccia dalla cameriera e mi sculacciava col cucchiaio di legno. Mi è servito: ho sempre saputo che dovevo rigare diritto».
Com’è che a 18 anni scappa di casa?
«Papà si era risposato, erano arrivati altri tre fratelli e, quando stava per lasciare questa nostra meravigliosa famiglia allargata per un’altra, non potei accettarlo. In più lui era pazzescamente severo. (…) Però mi ha picchiata solo una volta. Avevo detto che ero a una festa, non era vero. Mi diede due scudisciate col frustino da cavallo che ricorderò sempre».
Come fu la fuga?
«Gli dissi che me ne andavo e lui: se te ne vai, per me, sei morta. Così è stato, per quattro lunghi anni. Uscii con sole 15 mila lire in tasca. Non sapevo far niente, ma ero una bella ragazza. Iniziai a sfilare per i campionari, mi ci pagavo una stanza. Poi tentai il salto a Milano. Mi sentivo forte perché ce la facevo da sola. Avrei potuto facilmente fare la bella vita, accettare compromessi, ma l’educazione rigida era dentro di me. Non ho neanche mai dato un bacio in bocca a uno per lavorare. Sempre torniamo alla sfida con me stessa».