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Caliendo: Maradona è stato l’espressione della libertà, dovetti dirgli di no

Il precursore dei procuratori a La Verità: “Diego aveva bisogno di una persona H24. Oggi si curano solo i soldi, noi ci occupavamo anche della persona”

Caliendo: Maradona è stato l’espressione della libertà, dovetti dirgli di no
Mandatory Credit: Photo by Meazza Sambucetti/AP/Shutterstock (7332841a) Diego Maradona Argentine soccer superstar Diego Armando Maradona cheers after the Napoli team clinches its first Italian major league title in Naples on Diego Maradona, Naples, Italy

La Verità intervista Antonio Caliendo, re dei procuratori di calcio ai tempi di Baggio e Maradona. Napoletano, 77 anni, è finito nel mirino della Procura di Modena, che ad agosto ha chiesto il congelamento di 6,7 milioni di euro e lo indaga per evasione fiscale e autoriciclaggio in triangolazioni fra Italia e Montecarlo dove risiede. Dice di sentirsi «un po’perseguitato; passa il tempo e gli investigatori aggiungono sempre qualcosa» e, mentre attende gli sviluppi della vicenda giudiziaria, fa da supervisore a una docuserie sulla sua vita in cinque puntate.

«In Spagna e in Argentina ho recuperato filmati sulle trattative per portare Maradona al Barcellona e poi al Napoli, negli archivi Rai c’è molto materiale. Per interpretarmi, la produzione vorrebbe un attore americano. Si parla perfino di Al Pacino…».

Racconta come nacque l’idea dell’agente dei calciatori:

«Negli anni Settanta mancava una figura che rappresentasse i campioni e li sostituisse in tutte le incombenze quotidiane. Loro avrebbero dovuto preoccuparsi solo di giocare. Oggi in molti mi dovrebbero ringraziare».

Ha avuto sotto contratto, per primo, Giancarlo Antognoni. Poi anche Baggio.

«Sono stato procuratore di Passarella, Batistuta, Schillaci, Dunga, Aldair, Ruben Diaz, Maicon. Ma il mio capolavoro fu proprio il trasferimento di Baggio alla Juventus, quando ho dovuto affrontare le personalità di Gianni Agnelli, Silvio Berlusconi e dei conti Pontello. Il primo accordo fu con il Cavaliere e Galliani, poi subentrò l’Avvocato che voleva il calciatore sopra ogni altra cosa. Per lui era un quadro d’auto re, lo aveva soprannominato Raffaello. In più, Baggio non voleva lasciare Firenze».

Racconta come si sbloccò la vicenda:

«Con un incontro fra Agnelli, Romiti, Berlusconi e Galliani. In piena tempesta Mondadori, il Cavaliere capì che con la Fiat bisognava andare d’accordo. Quelle decisioni passarono sulla testa di molti, compresa la mia».

Oggi i procuratori vengono definiti il male del calcio.

«Il mio mondo è cambiato. Noi ci occupavamo anche dell’aspetto umano del ragazzo, oggi conta solo l’aspetto economico. Lo avevo previsto negli anni Ottanta, già allora il lavoro dell’agente si stava esaurendo, assorbito dalle grandi organizzazioni finanziarie. Oggi una scuderia gestisce anche 500 calciatori e l’umanità non fa più parte del vocabolario».

Sul passaggio di Cristiano Ronaldo al Manchester United.

«Anche qui il procuratore Jorge Mendes ha avuto un peso notevole. È lo stesso che ha costretto Rino Gattuso a rimanere in mezzo al guado tra Firenze e Londra, sponda Tottenham, con un imbarazzante calo di immagine. Eppure Rino è un bravissimo ragazzo e un ottimo allenatore».

Caliendo disse di no a Maradona.

«Mi corteggiò ma gli dissi di no. Eravamo amicissimi e mi prendeva in giro: i migliori li hai tutti, però ti manca la ciliegina. Avrebbe avuto bisogno di un manager che lo supportasse 24 ore al giorno vivendo, mangiando, dormendo con lui. Non potevo farlo e non potevo neppure mettergli al fianco altri; con la sua personalità li avrebbe sovrastati. Diego è stato la più completa espressione di libertà individuale che il calcio abbia avuto».

 

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