Il mercato non è ideologico, e non funziona per “dispetti”: Dazn dovrà affrontare il calo degli ascolti, e la Serie A la svalutazione del prodotto

No, non troverete glosse di Massimo Ferrero alla “Grande Trasformazione”. Magari Er Viperetta ha letto Karl Polanyi, vai a sapere, ma è probabile che abbia dimenticato tutta la lezione sul mercato autoregolantesi. Lui e i suoi colleghi della “Grande Industria Calcio Italia”: quella manica di proto-imprenditori che gestiscono i milioni del pallone, spesso con logiche da basso impero. Parliamo di Dazn, non si fosse capito. Perché la rotella che gira ipnotica ha quanto meno il merito di lasciare al cliente-abbonato tanto tempo per meditare (al netto dei sacramenti che pure si prendono la loro parte).
Oltre ad esserci persi la diretta streaming del gol di Rebic – deve trovarsi lì, in uno speciale deposito degli highlitghs smarriti assieme al gol del 2-1 di Koulibaly sempre alla Juve – non c’eravamo appuntati la frase che il presidente della Fiorentina aveva regalato a Novantesimo Minuto, sulla pressante questione “Dazn sta rovinando agli italiani il loro giocattolo preferito”:
«Sky deve imparare che non controlla lo sport in Italia, la competizione con Dazn fa bene a loro e al nostro calcio».
Non solo Dipollina su Repubblica l’ha letta in questo senso: l’abbiamo fatto anche un po’ per dispetto. Diamo una lezione ai quei prepotenti di Sky, chi si credono di essere?
Trattasi di economia specchio-riflesso, finanza dello scompa. Pensano ai soldi, certo, ma suppongono di agire mossi dal proprio interesse con una miopia a tratti imbarazzante. Se il caos del Dazn italiano è un fenomeno mediatico tale da sconfinare anche su El Pais non è solo per colpa di Dazn. Il carico spetta anche a chi agisce come guidato dagli ormoni, lasciandosi trasportare dalla politica, gli interessi di bottega, dall’emotività e spesso dall’ignoranza. I presidenti di Serie A non sanno di essere sul mercato, o fanno come se.
Ma il mercato, di per sé, non è ideologico. E’ malleabile, e risponde spesso con reazioni non-uguali e contrarie alle azioni di chi vuole maneggiarlo in maniera sconsiderata. E’ fisica economica base. Per cui se Dazn fornisce un servizio scadente accadono due cose, prima o poi: sempre meno clienti saranno disposti ad acquistare quel servizio, molti se ne tireranno fuori, e nel frattempo anche il prodotto stesso – la Serie A – ne uscirà svilita, svalutata.
I padroni, cioè i tycoon all’amatriciana, non pensano alle conseguenze. Il medio-lungo periodo non sanno cosa sia. Chiudono un contratto con Dazn senza preoccuparsi di vedersi garantita una qualità di trasmissione che non pregiudichi il valore del loro stesso prodotto rendendolo a tratti inguardabile. Se ne fregano del tifoso cui per anni hanno intestato la paternità del gioco (violentando la retorica fino a saturazione), e procedono per scossoni.
Tutto ciò – va da sé – in assoluta mancanza di dati accertabili, almeno per ora. Come ha segnalato Paolo Ziliani il bubbone che sta per scoppiare riguarda il crollo degli ascolti, che della deprimente qualità del servizio è diretta conseguenza. Dazn insiste col sistema di rilevazione fatto in casa, quello Nielsen, che persino la AgCom ritiene non conforme.
Già da due anni, scrive Ziliani, Auditel (certificata) è in grado di fornire la “total audience” che somma ascolti tradizionali (tv) e ascolti da device (pc, tablet, smartphone ecc.). Dazn invece ha provato a barare, mescolando mele e pere, utenti unici o multipiattaforma, mettendo sullo stesso piatto della bilancia gli ascolti di un Napoli-Juventus del weekend con uno infrasettimanale. Il livello, di nuovo, è da primarie di secondo grado: “Non è che non ho studiato, è che il cane s’è mangiato il libro”.
Dazn tra l’altro ha una fragilità potenziale causata dalla stessa natura commerciale dello streaming: si può disdire sempre, uscirne quando si vuole. Non esistono vincoli. In un mercato razionale dopo due o tre mesi di questa impagabile gestione tecnica la clientela dovrebbe fuggire a gambe levate. Nel calcio italiano ci sono delle fisiologiche resistenze dovute all’esclusiva che la Lega ha affidato a Dazn: il tifoso bestemmia, si lamenta sui social, i più ostinati se ne fanno una ragione, ma poi – i grandi numeri dovrebbero rilevarlo – fugge a gambe levate. E così – molto più imperturbabili – faranno gli sponsor. L’eventualità di uno “sciopero” non è affatto peregrina.
Il sogno dei Presidenti di Serie A è fare come gli opossum. Lasciare che le cose vadano al loro posto per grazia ricevuta. Che il mercato del calcio non risponda alle più generali regole macroeconomiche, ma che invece sia condizionato e preservato perché bene di prima necessità. E’ una litania che conosciamo benissimo, una sorta di ridicola leva ricattatoria: se il calcio fallisce voi poi come fate?
La risposta dovrebbe funzionare al contrario: e voi come fate? E’ fallita Lehman Brothers, non può accadere alla Serie A?