Spalletti sta dando un’anima tattica alla squadra. Ha disegnato un piano partita chiaro. Ha concesso pochissimo al Leicester, ha inciso con i cambi
Il miglior Napoli dell’anno
Nel suo articolo pubblicato subito dopo il fischio finale di Leicester-Napoli 2-2, Massimiliano Gallo ha scritto che i gol di Osimhen hanno ribaltato le prospettive sulla gara del King Power Stadium, che «hai voglia a giocare bene: se non segni, non lasci il segno». Tutto vero, tutto giusto. Questo spazio, però, ha una natura diversa: cerca di razionalizzare il gioco del calcio dal punto di vista tattico e statistico. In maniera oggettiva, per quanto possibile. E allora per l’analisi di Leicester-Napoli dobbiamo partire da presupposti esattamente ribaltati: in base a quello che si è visto in campo, i due gol segnati dal Napoli sono stati profondamente meritati. Anzi, sono stati il frutto del gioco proposto dalla squadra di Spalletti. Che, dal punto di vista tattico, ha espresso la miglior prestazione della sua stagione.
Questa visione è verificata nei numeri: secondo le statistiche rilevate al 90esimo minuto, il Leicester ha tentato per 7 volte la conclusione verso la porta di Ospina, mentre il Napoli ha toccato quota 22; anche il numero dei tiri in porta premia la squadra di Spalletti (7 a 5); come se non bastasse, tutti gli altri indicatori statistici (possesso palla, dribbling riusciti, calci d’angolo, persino contrasti vinti) sono favorevoli agli azzurri. Certo, il risultato finale è un pareggio. E fino a 20 minuti dal termine, il Leicester era avanti di due gol. Solo che, come detto, non si può partire da qui. Almeno in questo spazio.
76 minuti (più recupero) senza tiri concessi
Nel calcio, l’obiettivo di un allenatore è che la sua squadra vinca le partite. Per farlo, banalmente, deve limitare il numero di azioni offensive dell’avversario e/o trovare il modo per costruirne il più possibile. Il Napoli è riuscito a fare tutto questo per la stragrande maggioranza del match del King Power Stadium, pagando due momenti di scarsa intensità – tattica e tecnica – con altrettanti gol subiti. Basta riavvolgere il nastro della gara per rendersi conto che il Leicester ha trovato i gol di Ayoze Pérez e Barnes nei due momenti in cui ha spinto di più sull’acceleratore: tutti i 7 tiri di cui abbiamo già parlato sono infatti arrivati in un intervallo complessivo di 14 minuti, ovvero tra il quinto e l’ottavo minuto, tra il 34esimo e il 42esimo, tra il 63esimo e il 66esimo minuto.
Per tutto il resto della gara, vale a dire per 76 minuti abbondanti senza considerare il doppio recupero, il Napoli non ha concesso altre conclusioni tentate all’avversario. Non stiamo parlando di tiri in porta e/o molto pericolosi, ma di conclusioni in senso assoluto. E, se vogliamo, entrambi i gol realizzati dal Leicester nascono da una ripartenza veloce su passaggio errato: il primo da un lancio troppo telefonato di Koulibaly verso Malcuit, il secondo da un pessimo appoggio rasoterra di Di Lorenzo. Insomma, il dispositivo difensivo del Napoli ha funzionato bene. Si è inceppato solo nel momento in cui l’avversario – un ottimo avversario, nel gioco d’attacco in campo aperto ma anche nella gestione ragionata del possesso – ha alzato l’intensità del pressing, mentre gli uomini di Spalletti non sono riusciti a fare altrettanto. A capire in tempo che era il momento di aumentare i giri.
Cosa ha fatto Spalletti
Certo, questo è un problema di un certo peso, di un certo rilievo. Soprattutto in vista di partite contro squadre forti come e più del Leicester, partite in cui rimontare non sarà sempre possibile. È su questo che deve lavorare Spalletti, che però nel frattempo ha indovinato il piano gara iniziale, ha dominato la partita quando la sua squadra è riuscita a giocare in maniera intensa, rapida, e poi ha recuperato due gol grazie ai cambi e alle sue letture. Insomma, ha compiuto un piccolo capolavoro tattico non completamente premiato dal risultato. Un capolavoro che è giusto definire effimero, ma che dà grande speranza per il futuro. Cerchiamo di scomporlo e di analizzarlo.
In alto, la difesa a tre del Napoli in fase di costruzione, con Zielinski che in questo caso si è abbassato a supporto del doble pivote; sopra, invece, il 4-5-1 in fase difensiva
Cominciamo dalla formazione e dallo schieramento: il Napoli è sceso in campo con un 3-5-2/3-4-2-1 in fase di possesso che diventava 4-5-1 in fase difensiva. Si vede chiaramente da questi due screen: quando la squadra di Spalletti costruiva gioco, Di Lorenzo diventava braccetto di sinistra della difesa a tre, accanto a Rrahmani e Koulibaly; davanti a loro, c’erano Anguissa e Fabián a formare il doble pivote, poi Malcuit e Insigne esterni a tutta fascia; a sinistra, però, Insigne veniva spesso supportato dai movimenti di Zielinski, abile a danzare tra il ruolo di mezzala e quello di trequartista esterno per cercare il sovraccarico da quella parte; a destra, invece, Lozano agiva più come attaccante laterale che come ala pura. Non a caso, il Napoli ha costruito il 44% delle sue azioni sulla sinistra, ovvero dalla fascia in cui aveva più uomini.
Tutti i palloni giocati da Piotr Zielinski
Dal punto di vista dei principi di gioco, l’obiettivo di Spalletti era quello di tenere bassi i ritmi e consolidare il più possibile il possesso, così da limitare gli attacchi in campo lungo del Leicester – la miglior arma offensiva della squadra di Rodgers. Questo però non vuol dire che il Napoli abbia fatto solo possesso conservativo: proprio la voglia di superare il pressing del Leicester in modo sofisticato, ambizioso, ha determinato l’errore che ha portato al gol di Ayoze.
Possesso troppo lento, poco convinto, apertura telefonata di Koulibaly e contropiede in pochi tocchi, tutti di prima.
Come si vede chiaramente in questo video, questo tipo di costruzione arretrata – che non vuol dire sempre e solo passaggi corti e bassi tra i centrali, ma cercare di uscire dalla difesa in maniera ragionata, in questo caso attraverso un cambio di gioco da una fascia all’altra – deve essere eseguita con intensità, nel senso che il pallone deve essere spostato velocemente, non in maniera così prevedibile. È un discorso che vale sempre, ma vale soprattutto contro avversari come il Leicester, che amano i ritmi alti e ripartire in campo aperto.
Come detto anche da Spalletti nel postpartita, difendere su un’azione del genere è molto difficile se non impossibile: il Napoli, infatti, si è fatto infilare in una situazione di tre contro tre, perché sul lancio di Koulibaly c’erano Malcuit e i centrocampisti in posizione avanzata, e quindi il recupero era davvero complicato. Certo, Koulibaly e Di Lorenzo non si dividono proprio bene o velocemente l’area di rigore, ma in certe situazioni è eccessivo dare colpe individuali. Il problema si è manifestato prima, quando il Napoli doveva costruire la sua manovra d’attacco.
La forza dell’insistenza
Nelle interviste postgara, Spalletti ha detto anche che il Napoli non si è disunito dopo il gol di Ayoze. Anzi, ha continuato a fare esattamente ciò che aveva preparato per questa partita. Solo che – e questo va detto e sottolineato con la matita rossa, perché il futuro e le ambizioni del Napoli passano da qui – ha cominciato a farlo con maggiore intensità, con maggior velocità. Basta riguardare l’azione che porta al gol mancato da Zielinski a due passi dalla linea di porta, o ancora quella che finisce con il colpo di testa ravvicinato e centrale di Lozano (per altro l’unico momento degno di nota della partita del messicano): in quelle manovre il Napoli non ha mostrato nulla di particolarmente diverso o innovativo, semplicemente ha mosso il pallone rapidamente, in verticale e in ampiezza, e così ha creato scompensi importanti nella difesa avversaria.
Stessa difesa a tre, stesso schieramento offensivo, stessi principi di costruzione dal basso. Il Napoli non ha cambiato niente, ha semplicemente trovato il passaggio verticale giusto, veloce e preciso: così ha costruito un’azione da gol nitida, pulita.
I numeri non mentono: tra il 27esimo e il 45esimo minuto, il Napoli ha tirato per dieci volte verso la porta di Schmeichel. E per tre volte ha centrato lo spazio delimitato dai pali. Sono un po’ pochine in verità, ed è questo un altro aspetto su cui Spalletti dovrà lavorare. La forza dell’insistenza alla fine non ha premiato il Napoli, ma dal punto di vista tattico la prestazione della squadra in quel preciso segmento del primo tempo non può che essere elogiata. Anzi, come già accennato è stata la miglior prova offerta dagli azzurri in gare ufficiali di questa stagione.
Quanto contano i cambi
All’inizio del secondo tempo, il Leicester ha ripreso vigore e forza, ha saputo limitare gli attacchi del Napoli e ha trovato (per due volte) il gol del 2-0. Il Var ha cancellato la prima rete di Daka, ma a livello di gioco è stata evidente la differenza tra la seconda metà del primo tempo e i primi venti minuti della ripresa. Demerito del Napoli, ma anche merito di un Leicester che – proprio biologicamente – non avrebbe mai potuto avere l’energia per pressare e attaccare e rinculare indietro con la stessa velocità per tutti i novanta minuti, e che quindi è andato inevitabilmente a folate. Vale lo stesso discorso anche per il Napoli, che in quella fase ha smesso di muovere il pallone con precisione e rapidità. E ha subito la rete del 2-0.
Poteva essere uno schiaffo forte, di quelli che incanalano definitivamente le partite. Solo che Spalletti ha letto alla grande la situazione e ha scelto benissimo dalla panchina. Anche se la prestazione che è rimasta negli occhi è quella di Ounas – ne parleremo – il doppio cambio Elmas-Zielinski e Politano-Lozano ha dato subito i suoi frutti: il gol di Osimhen arriva pochi secondi dopo le sostituzioni, ma nel frattempo il Napoli si era già schierato con un modulo più lineare, una sorta di ibrido tra 4-3-3 e 4-2-3-1 anche in fase offensiva, con Elmas a galleggiare tra il centrocampo e la trequarti, e con i due terzini più simmetrici sulle corsie.
Il passaggio alla difesa a quattro in fase di costruzione (anche se in questo frame Malcuit è molto più largo e avanzato rispetto al suo omologo Di Lorenzo).
A quel punto è entrato Ounas, e la partita è cambiata ancora. Anche perché Spalletti ha deciso di togliere Insigne, e quindi di dare – inevitabilmente, viste le caratteristiche di chi c’era in campo – maggior sprint e vivacità al gioco d’attacco. Il Napoli ne ha beneficiato perché ogni pallone giocato in avanti era un’occasione per ripartire in verticale. Inoltre, il Leicester era stanco – non a caso Rodgers ha fatto entrare prima Soyuncu e Tielemans, poi Maddison e Vardy, tutti titolari – e non poteva avere la forza per contenere giocatori dal passo rapido come Ounas (3 falli subiti, record tra tutti i calciatori in campo raggiunto con soli 17 minuti di gioco) ma anche Politano ed Elmas, schierato a sinistra con l’algerino sottopunta.
Infine, ma non per ultima cosa, ecco l’ultimo colpo di genio di Spalletti: il passaggio al 4-4-2 puro. Al minuto 84′, Juan Jesus ha preso il posto di Malcuit ed è andato a fare il terzino sinistro con Di Lorenzo spostato a destra; Petagna ha sostituito Anguissa per giocare ovviamente in attacco, mentre Ounas si ha traslocato a sinistra ed Elmas è andato a centrocampo, accanto a Fabián Ruiz. Una mossa perfetta, perché ha consentito al Napoli di allargare molto il campo senza svuotare l’area di rigore. Come si vede chiaramente da questo screenshot, scattato pochi secondi prima del bellissimo gol di testa di Osimhen.
Dopo lo scambio, Di Lorenzo taglia dentro alle spalle del terzino del Leicester; Petagna e Osimhen si dividono il centro dell’area di rigore; sul secondo palo c’è anche Ounas.
Torniamo al punto di partenza, ovvero alle parole di Massimiliano Gallo sull’importanza di segnare, di fare gol – un concetto ribadito anche in quest’altro articolo sulla serata «splendidamente folle» Victor Osimhen. Ripetiamo ancora: è certo, anzi è ovvio che il Napoli torni da Leicester con una certa dose di soddisfazione solo perché le due reti di Osimhen hanno determinato il pareggio. Se, qualche secondo dopo questa immagine che vedete sopra, Politano avesse sbagliato il cross, se Osimhen non fosse riuscito a impattare la palla e/o a inquadrare la porta, tutta l’analisi tattica che abbiamo fatto sarebbe servita a poco. Alla fine, dopotutto, è così che si manifestano le differenze tra giocatori grandi e grandissimi, tra squadre borghesi e squadre vincenti – o pareggianti, in questo caso.
Conclusioni
Questo 2-2 che sa di vittoria, però, va oltre i due gol da Osimhen. Ha un’anima tattica, ha mostrato tante altre cose, pure piuttosto importanti: un Napoli in grado di studiare e attuare un piano partita alternativo rispetto al solito, per di più con un rendimento tattico efficace; un Napoli in grado di rendersi – molto e ripetutamente – pericoloso contro il Leicester ogni qual volta riusciva ad alzare l’intensità del suo gioco; in ultimo, che poi è la cosa più importante, la differenza più netta rispetto all’anno scorso, dopo Leicester-Napoli possiamo ormai dire con certezza che Spalletti sia un allenatore in grado di trovare la soluzione strategica giusta per cambiare l’andamento delle gare in corso. Per dare ai suoi giocatori degli strumenti diversi con cui provare a battere gli avversari di turno mentre li stanno affrontando.
Insomma, per dirla in maniera secca e brutale: il Napoli ha finalmente un allenatore in grado di fare la differenza. Una frase fatta che vuol dire due cose diverse, in questo caso: vuol dire pensare e creare qualcosa di differente, e poi – attraverso questi cambiamenti – determinare i risultati delle partite operando dalla panchina.
Non sempre potrà andare così bene, non sempre potrà andare come a Leicester, come a Genova o come contro la Juventus, è statisticamente improbabile. Ma nel frattempo Spalletti potrà continuare a costruire l’identità di base del suo Napoli, potrà migliorare i calciatori laddove occorre che migliorino. Insomma, potrà lavorare con questa squadra per aumentare il suo bagaglio e la sua consapevolezza. Per renderla meno imperfetta. Intanto, però, sappiamo che la base è buona e che le cose in panchina sono molto cambiate, che le cose in campo possono cambiare. C’è qualcuno che lo sa fare. Era quello di cui il Napoli aveva bisogno.