L’analisi tattica di Fiorentina-Napoli / Ai punti Italiano ha vinto il confronto tattico ma Spalletti sa aspettare e leggere i tempi della partita
Il calcio, gli allenatori, i giocatori
Fiorentina-Napoli 1-2 sarà ricordata come una partita sofferta, combattuta, e perciò bellissima per chi l’ha vinta. Ma ha detto tantissimo anche su uno degli aspetti più dibattuti e controversi del calcio moderno: l’influenza e i limiti degli allenatori, soprattutto in relazione alla forza dei calciatori. Per cominciare ad addentrarci in questo discorso, dobbiamo partire da una distinzione tra sfida tattica e partita. Con la dicitura sfida tattica, intendiamo la partita nella partita che si gioca tra gli allenatori, e che deve tener conto del rendimento di una squadra in rapporto alle sue potenzialità. Per partita, invece, intendiamo la gara vera e propria. Quella il cui risultato finisce dritto negli almanacchi, nel referto ufficiale della Lega Serie A.
Ecco, in occasione di Fiorentina-Napoli la sfida tattica tra Vincenzo Italiano e Luciano Spalletti è finita in parità. Anzi, la differenza di valori in campo forse finirebbe per premiare il tecnico viola, ma solo se il calcio fosse un gioco “a punti” e non a gol. Sono i numeri a dirlo: il dato finale sul possesso palla è leggermente favorevole alla Fiorentina (54%), quello dei tiri tentati invece sorride – ma sempre leggermente – al Napoli (12-10); dal punto di vista temporale, la squadra viola ha decisamente “vinto” il primo tempo, mentre quella azzurra ha controllato molto meglio il campo nel secondo.
Come detto, però, la partita è un’altra cosa. E gli allenatori devono vincere quelle. Non le sfide tattiche. È qui che entrano in gioco i calciatori, è qui che incidono la forza, le conoscenze, l’esperienza degli atleti. Per dirla brutalmente: Italiano avrà anche costruito una Fiorentina ambiziosa, godibile, funzionale, perfettamente in grado di mettere in difficoltà e forse anche battere il Napoli. Allo stesso modo, però, Spalletti sa maneggiare il materiale a sua disposizione. Sa leggere l’andamento del gioco. Sa aspettare e interpretare i momenti. E aveva i calciatori migliori che c’erano in campo ieri sera. Così ha vinto la partita.
Alta intensità
Ricostruiamo e contestualizziamo quanto detto finora. La gara è iniziata e le due squadre si sono schierate in maniera speculare: sia la Fiorentina che il Napoli erano disposte con il 4-3-3/4-5-1, con una delle mezzali (Bonaventura e Zielinski) che si staccavano spesso dai compagni di reparto per condurre il pressing sui centrali avversari. Si tratta di une rilevazione che sembra marginale, e invece è fondamentale: l’intensità nella fase di non possesso, il modo in cui è stata concepita e portata, ha segnato le maggiori differenze d’approccio tra Italiano e Spalletti.
In alto, il 4-5-1 del Napoli in fase passiva; sopra, invece, la squadra di Spalletti imposta il gioco disponendosi secondo lo schema 4-3-3 mentre la Fiorentina alza il pressing con Vlahovic e Bonaventura.
Il tecnico della Fiorentina, assecondando le proprie convinzioni e lo spirito che ha trasmesso sua squadra, ha optato per un gioco ad alto ritmo in ogni situazione. L’idea era quella di togliere aria alla fase di costruzione del Napoli e anche la profondità a Victor Osimhen. L’attaccante nigeriano veniva seguito praticamente a uomo da uno dei due centrali, più spesso Martínez Quarta rispetto a Milenkovic – la discriminante in questo senso, è stata la differenza di velocità. Il Napoli, dall’altra parte del campo, ha scelto un approccio più prudente, meno aggressivo. Ecco qualche evidenza statistica a supporto di questa tesi:
I dati sul baricentro, lunghezza e larghezza media delle squadre.
Spalletti non ha forzato il contesto fin da subito, confidando sul fatto che la Fiorentina avrebbe iniziato proprio in questo modo. L’idea del tecnico del Napoli era quella di far venire fuori la sua squadra sulla lunga distanza, di assorbire al meglio l’ondata iniziale dei viola e poi di sfruttare la loro stanchezza. Il problema, però, è che il Napoli ha subito gol.
La rete di Martínez Quarta è arrivata su calcio d’angolo, ma non è stata per niente casuale. Anzi, alla fine si può dire che i viola abbiano meritato il vantaggio. Per come sono riusciti a bloccare il Napoli (un solo tiro tentato fino al 33esimo minuto), per come hanno saputo sempre risalire il campo con autorità. Per la capacità di muovere il pallone su tracce verticali e poi in ampiezza, sfruttando soprattutto la regia dinamica di Pulgar, la vivacità di Nico González, l’intelligenza di Bonaventura nei movimenti a legare i reparti. Quindi, per dirla con una frase: la Fiorentina ha meritato il vantaggio per il suo rendimento rispetto alle qualità di base. Non a caso, prima, parlavamo della vittoria nella sfida tattica.
Allo stesso tempo, però, va detto che la squadra di Italiano non ha saputo sfruttare davvero questa sua superiorità. Considerando sempre l’intervallo fino al minuto numero 33′, i tiri tentati dalla Fiorentina sono stati solamente 4; di questi, appena 2 sono entrati nello specchio della porta: quello che ha determinato il vantaggio, quindi una conclusione su azione d’angolo, e un tentativo da circa 25 metri di Erick Pulgar. Per la cronaca: anche gli altri 2 tiri sono arrivate da fuori (Bonaventura all’ottavo minuto) oppure sugli sviluppi di un calcio d’angolo (Milenkovic al 26esimo minuto).
La reazione del Napoli
Più o meno come accaduto a Leicester, il Napoli ha incassato e poi è ripartito. L’ha fatto senza stravolgere il proprio approccio, il proprio piano partita. L’ha fatto attuando – in maniera più intensa e precisa – le strategie predisposte da Spalletti per sfruttare i bug di sistema della Fiorentina. Tra questi, inevitabilmente, c’è la tendenza a lasciare campo tra la linea difensiva e Dragowski. Come detto in precedenza, Italiano ha provato a risolvere questo problema attaccando un uomo a Osimhen. Non è servito: proprio un lancio lungo in quello spazio, per Osimhen, ha portato al rigore del pareggio. Il fallo sull’attaccante nigeriano è stato commesso proprio dal suo marcatore diretto.
Ogni strategia calcistica comporta l’assunzione di un rischio.
Con questo gol, si torna per un attimo al discorso sul valore dei calciatori e degli allenatori. Perché, come si vede, è bastato un attimo perché un grande centrocampista (Fabián Ruiz) riuscisse a trovare un grande attaccante (Osimhen) con un grande lancio lungo. Perché, e questo è il punto fondamentale, Italiano e la Fiorentina non possono rimproverarsi nulla, neanche di aver tenuto la difesa così alta e aver concesso lo spazio utile per questa giocata: se la squadra viola è riuscita a trovare il vantaggio, è proprio per via di questo atteggiamento. Solo che, come detto, ai grandi giocatori basta un attimo per cambiare il corso di una partita.
E lo stesso discorso vale anche per Spalletti: era evidente, è stato evidente, che il meccanismo applicato dal Napoli nell’azione del rigore sia stato studiato, preparato a tavolino. Insomma, il tecnico toscano sapeva che, a un certo punto della partita, la Fiorentina sarebbe calata nel pressing, nell’attenzione, nella capacità di anticipare le giocate difensive. E che, allo stesso tempo, non avrebbe cambiato atteggiamento, sarebbe rimasta aggressiva, alta in campo, perché questa è la sua identità. E allora ha creato le condizioni per per approfittare delle sue criticità.
Pure il gol di Rrahmani, in apertura di ripresa, è il frutto della profonda preparazione fatta in allenamento. La punizione tagliente di Zielinski è evidentemente frutto di uno schema provato durante il lavoro quotidiano, e forse anche in vista di questa partita in particolare: come si vede chiaramente dal video, anche sulle palle inattive la Fiorentina difende rimanendo molto alta, e poi accorciando verso la porta nel momento in cui il battitore fa muovere il pallone. Cosa c’è meglio di un cross a sorpresa per superare un sistema difensivo del genere?
Secondo i telecronisti di Dazn, Spalletti ha detto per tre volte «Deve andare Insigne col destro». Forse era il segnale per lo schema.
Saper soffrire
Dopo il gol di Rrahmani è iniziata un’altra gara. Fiorentina-Napoli è diventata come una partita di tennis, in cui ognuna delle due squadre aveva a disposizione un colpo per far male agli avversari. E in cui c’era un giocatore meno forte che doveva recuperare il punteggio su un avversario con valori più alti, con maggiore esperienza e alternative di qualità superiore. La Fiorentina ha dovuto provare ad alzare di nuovo l’intensità (nel secondo tempo i viola hanno tenuto il baricentro a 58 metri), ma non avrebbe mai potuto manifestare la lucidità del primo tempo, sia nel possesso che nelle scalate difensive. Il Napoli, sornione, ha risposto in maniera differente rispetto alla prima frazione di gioco: non è rimasto in attesa degli avversari, ma a un certo punto ha addirittura alzato il baricentro, esasperato il pressing, cercato di bloccare il gioco della Fiorentina alla fonte.
Cinque uomini in pressing nella metà campo avversaria.
Lo screen appena in alto, come si vede dal cronometro, fa riferimento al minuto 73′, dieci minuti prima degli ingressi di Mertens e Petagna. Si tratta di due sostituzioni dal valore enorme, non solo dal punto di vista gerarchico ma proprio per il loro profondissimo significato tattico: l’ingresso di un secondo attaccante è stato un tentativo (riuscito) di costringere la Fiorentina a uscire da dietro con un palleggio più complicato e quindi più sporco, con aperture sugli esterni e/o lanci lunghi su cui hanno giganteggiato Koulibaly e Anguissa (che nel secondo tempo hanno messo insieme 7 eventi difensivi a testa tra palloni spazzati, contrasti vinti e duelli aerei riusciti).
In realtà, come detto, Spalletti era già passato al 4-2-3-1/4-4-2 da diversi minuti: prima ha inserito Elmas al posto di Zielinski, utilizzandolo come sottopunta; dopo ha spostato il macedone sulla sinistra, avanzando leggermente Fabián Ruiz e schierando Demme e Anguissa davanti alla difesa; infine ha sostituito Fabián con Mertens e Osimhen con Petagna. Anche Italiano, inserendo Kokorin, è passato al 4-4-2 nei minuti finali, ma il Napoli è riuscito a contenere la Fiorentina senza concedere grandi occasioni. I numeri confermano questa sensazione: dal 50esimo minuto in poi, la squadra viola ha messo insieme 5 tiri tentati, di cui solo uno (quello di Sottil) è finito nello specchio della porta di Ospina; tutte le altre conclusioni non hanno impensierito il portiere colombiano, e tra l’altro 2 di queste sono arrivate da fuori area. Questo, in gergo giornalistico-sportivo, si chiama saper soffrire.
Tutti i palloni giocati da Fabián Ruiz e Anguissa nella ripresa: centrocampisti o tuttocampisti?
Dall’altra parte del campo, invece, il Napoli ha continuato a (saper) sfruttare i bug di sistema e la stanchezza della Fiorentina. Merito di Fabián Ruiz e Anguissa, che come si vede negli screen appena sopra hanno giocato praticamente a tutto campo; merito di Politano, entrato benissimo per sfruttare la fase difensiva non proprio puntuale – eufemismo – di Biraghi, in difficoltà anche con Lozano nel primo tempo; infine, merito anche di un Osimhen che ha giocato pochissimi palloni (appena 9 dall’inizio del secondo tempo fino alla sostituzione del minuto 84′), ma ha continuato a creare spazi con i suoi ormai proverbiali movimenti ad allungare e allargare la difesa avversaria. L’occasione più nitida del Napoli nella ripresa nasce proprio da una sua progressione, sempre a travolgere Martínez Quarta. Elmas è arrivato con un solo – ma decisivo – attimo di ritardo all’appuntamento con il gol a centro area.
Conclusioni
Il Napoli che arriva alla seconda sosta della stagione è una squadra tatticamente matura e consapevole delle proprie possibilità. L’ha mostrato proprio contro la Fiorentina: prima d’ora, infatti, nessun avversario incrociato dagli azzurri ha cercato di contendergli il possesso palla e ne ha effettivamente avuto di più. Inoltre, i viola hanno mostrato di sapere cosa fare con il pallone, e di avere dei buoni meccanismi di pressing, almeno fin quando hanno retto dal punto di vista fisico. Forse solo il Leicester aveva mostrato dei valori simili a livello tecnico e tattico, al netto ovviamente delle enormi differenze tra l’approccio di Rodgers e quelle di Italiano.
Il fatto che la vittoria contro la Fiorentina sia arrivata in rimonta, sfruttando la stanchezza degli avversari e la maggior qualità degli uomini in maglia azzurra – non come elementi singoli ma come parte di un sistema che tende a esaltarli – è un segnale molto incoraggiante in vista del futuro. Non che prima non ne fossimo al corrente, ma – come detto – finora nessun avversario aveva le caratteristiche e le ambizioni tattiche della Fiorentina. Neanche la Juventus affrontata al terzo turno quando la squadra di Allegri era piuttosto disastrata.
Insomma, il Napoli di Spalletti funziona anche contro avversari di questo tipo. Non si scompone neanche quando sembra farlo, ha sempre un piano per poter provare a vincere la partita e riesce quasi sempre a portarlo a termine. Merito, come ha detto lo stesso tecnico toscano nella conferenza stampa postpartita, di «un gruppo di professionisti seri che sa rimettersi nella giusta condizione mentale per poter recuperare una gara». E che, aggiungiamo noi, sembra aver finalmente preso coscienza di come il calcio sia un gioco vario, non monolitico. Un gioco in cui conta vincere le partite, non le battaglie tattiche. Per riuscirci ci sono un’infinità di possibilità, di approcci. Saperne praticare tanti – e non uno solo, sempre lo stesso – e affidarsi davvero a un allenatore in grado di insegnare come si fa non fa che aumentare le possibilità di arrivare al successo.