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Heddi Goodrich torna con “L’americana”, un’autobiografia romanzata a Castellammare

La scrittrice: “Volevo in realtà scrivere un romanzo sul rapporto intimo che si instaura tra donne quando si forma quel flusso di complicità”

Heddi Goodrich torna con “L’americana”, un’autobiografia romanzata a Castellammare

Dopo il folgorante – per lettori e critica – “Perduti nei Quartieri spagnoli (Giunti)” dove parlava della sua vita napoletana, la statunitense Heddi Goodrich – che ora vive in Nuova Zelanda – ritorna in libreria, sempre con l’editing maximo di Antonio Franchini, con “L’americana (pagg. 348, euro 18; Giunti)”, un romanzo che abbandona l’autobiografia diretta per ricrearla dentro lo specchio di una finzione romanzesca.

Ci troviamo qualche anno prima a Castellammare di Stabia dove una giovane – 16enne – Frida, approda in forza di un programma di scambi interculturali, nel seno generoso della famiglia Palomba e dove scopre la sua ‘mamma stabiese”, Anita, impiegata della Cgil locale. Frida che frequenta il glorioso classico “Plinio Seniore” cittadino è una creatura indistinta che ancora deve mettere nel giusto posto i frammenti diversi del suo essere dimidiato. L’americana Anita – è così che per le sue smanie di emancipazione chiamano la sindacalistica gragnanese d’origine – mette sotto la sua egida femminile la ragazza dell’Illinois e la segue nel suo divenire umano e sessuale.

Frida conosce un ragazzo del Centro storico malfamato stabiese – siamo nel 1988 – l’orfano di padre Raffaele – che è una sorta di guappo in ascesa nel piccolo contesto camorristico locale e se ne innamora in tal modo da definire la sua personalità in forza della conoscenza del suo sentimento amoroso. Crescendo con Anita ed i suoi figli Ricky ed Umberto, ed i suoi familiari ed amici e con gli amori della prima riesce ad integrarsi nel complesso mondo stabiese che tra ruralità ed urbanità ha generato uno sviluppo complicato.

“Volevo in realtà scrivere un romanzo sul rapporto intimo che si instaura tra donne quando si forma quel flusso di complicità – ci dice Heddi – ed ho approfittato della mia amica e mamma stabiese Rita Stile che fu la mia reale mamma napoletana per farne un personaggio di fantasia da cui poi ho tratto il romanzo”.

Questo testo che ha una lingua personale, classica e vitale, Goodrich l’ha scritto direttamente nel suo italiano mediato dal suo occhio frutto dell’esperienza partenopea e del suo essere una narratrice nata. L’autrice non ha rinunciato ad interrogarsi sui nostri meandri interni ed è scesa in profondità per stabilire i legami tra il sangue della vita e la scintilla che l’accende: quella dell’anima.

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