Tre a zero al Bologna, primo posto in classifica. Missile di Fabian, due rigori di Insigne. Se Spalletti fosse psicoterapeuta a Manhattan, Woody Allen gli dedicherebbe un film
Napoli-Bologna 3-0. “La force tranquille” recitava il vincente slogan della campagna elettorale di François Mitterrand nel 1981. Quarant’anni dopo, a rendergli omaggio c’è un uomo delle regioni rosse, un toscano di campagna che fin qui aveva fatto sì che tutti lo dipingessero come un uomo poco adatto al controllo di sé e degli altri. È arduo stabilire quanto fosse forzata la narrazione e quanto invece ci sia stato un lavoro su di sé. Fatto sta che è Luciano Spalletti l’uomo che ha trasmesso al Napoli la forza tranquilla con cui gli azzurri stanno vivendo e gestendo l’inizio di campionato (ormai siamo a dieci giornate giocate). Una squadra insolitamente consapevole, abile a comprendere i momenti della partita, che sul campo sta imparando e ha imparato a giocare più partite in una.
Il Napoli non è più la squadra del “sono fatto così, so giocare così”. No. Il Napoli è una squadra che impone il suo gioco ma che guarda gli avversari e non disdegna di adeguarsi alle situazioni. Un tempo, qui, era considerato sacrilegio. Quando si doveva giocare in uno e in un solo modo e guai a chi sgarrava. L’iniziativa individuale era bandita.
È con la forza tranquilla che il Napoli ha liquidato il Bologna di Mihajlovic e ha vinto la nona partita su dieci. Un solo pareggio: sul campo della Roma. Primo posto in classifica, in condominio col Milan. Come negli anni Ottanta.
Il Napoli ha gestito la fisiologica tensione che spesso farà capolino. Perché essere in testa al campionato non è la stessa cosa che recitare il ruolo di outsider e di genio incompreso. Spalletti ha riproposto Lozano ed Elmas, riposo per Politano e Zielinski. Il tempo di divorarsi il gol dell’1-0 con Insigne solo davanti a Skorupski. Poi ci ha pensato Fabian con un missile terra-aria al 18esimo. Il raddoppio al 41esimo. Ed è stata un’altra testimonianza della forza tranquilla. Rigore per il Napoli e lo ha tirato di nuovo Insigne che ne aveva sbagliati tre. Ma non c’è ansia in questa squadra. Sembra incredibile, ricordando quel che siamo stati costretti ad ascoltare nelle due stagioni precedenti.
Fallo di mano. Insigne è andato dal dischetto e ha segnato. E nella ripresa ha persino bissato, ancora su rigore. Ancora per fallo su Osimhen (anche il mani di Medel è figlio di una marcatura goffa sul nigeriano). Da segnalare anche una traversa di Anguissa. Il secondo tempo è stato accademia. Una pura formalità. Giocata con ardore, anche e soprattutto da chi è subentrato. È entrato anche Ghoulam.
La squadra – e non è una novità – si è confermata matura, adulta. Più forte di tutto. Delle Panda rubate. Delle Maradona Cup. Dello stadio semivuoto. Delle scorie di Napoli-Verona. Perché quello psicodramma non va dimenticato. Ci ricorda da dove veniamo.
Quel signore toscano deve saperla lunga. In poche settimane, ha stravolto il Napoli. Se facesse lo psicoterapeuta a Manhattan, avrebbe la fila fuori. Woody Allen gli avrebbe dedicato un film. Per nostra fortuna, fa l’allenatore.