Il nostro Paese isterico s’era convinto che fosse un brocco, addirittura un raccomandato. La verità è diversa: Simeone quest’anno ha numeri straordinari, ma ha sempre fatto bene

Tutto si sarebbe aspettata l’Italia del calcio da questo 21/22 meno che l’exploit di Giovanni Simeone, in gol anche ieri allo stadio Maradona.
Basti pensare che quelli che giocano al fantacalcio (e in Italia sono tanti, sempre di più) l’avevano soprannominato 5imeone. Facile intuirne il motivo: Simeone nelle pagelle del lunedì prendeva sempre 5. Ed era evitato come la peste. Per rendere l’idea e per spiegare il rapporto tra i «fantallenatori» e il centravanti argentino sono utili alcune curiosità diffuse dal portale Fantaculo, legato a Fantacalcio.it: il Cholito è addirittura svincolato nel 25% dei casi, ed è stato pagato un solo fantamilione – non è stato dunque rilanciato da nessuno – per un altro 25%. Nella restante metà delle leghe fantacalcio.it è stato acquistato per un prezzo che oscilla fra i 3 e i 6 fantamilioni su 500. Per chi non gioca o non ha mai giocato: è poco, pochissimo. Un prezzo paragonabile a quello di tanti attaccanti che potremmo definire «minori». Insomma: è il prezzo di una riserva.
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Il nostro Paese s’era quindi convinto che Simeone fosse un brocco, qualcuno s’è spinto fino a chiamarlo raccomandato. È un fenomeno sociale che andrebbe indagato, pure perché è male ancorato alla realtà. Il Cholito ha ancora 26 anni, è giovane, ma ha già segnato 59 gol nella nostra Serie A. E solo due volte non ha raggiunto la doppia cifra: nell’ultima stagione che ha giocato alla Fiorentina (18/19) e in quella scorsa al Cagliari (20/21). Al di là delle isterie, dunque, legate forse all’enorme aspettativa che quella prima stagione al Genoa aveva creato attorno al ragazzo, il tema è che dovunque c’è stato un progetto tecnico con un minimo di respiro Simeone il suo, e forse anche di più, l’ha fatto.
A rappresentare una novità sono le percentuali bulgare di realizzazione, che forse in passato aveva sacrificato sull’altare dell’abnegazione, della garra che ha ereditato dal padre Diego. Simeone non ha mai fatto mancare il suo contributo difensivo, vitale nei contesti che non funzionavano in cui era necessario correre tanto e forse, in realtà, si correva male. Eppure che sapesse far gol e che sapesse farlo in tanti modi – pure di testa ne fa tantissimi, nonostante non sia un watusso (raggiunge a malapena i 180 cm di altezza) – non era certo sfuggito ai più attenti osservatori.
Quest’anno, la svolta. I saggi dicono che le cose belle arrivano per chi sa aspettare, e questo è il caso: il bollettino all’8 novembre recita 9 gol (senza rigori) e 3 assist in 651 minuti di campionato. In questa stagione agli ordini di Tudor, in pratica, Simeone segna o fa segnare ogni 54 minuti. Medie da capogiro, in un ciclo di partite in cui, da ottobre in poi – giusto per centrare le dimensioni della questione – in campionato ha segnato più di Lewandowski, l’attaccante più forte d’Europa che pare sia un passo dal vincere il pallone d’oro. Gol pesanti, peraltro: quattro alla Lazio di Sarri, due alla Juventus di Allegri, uno anche al bunker difensivo che è quest’anno il Napoli di Spalletti. Gol pesanti e pure tecnicamente pregevoli: straordinaria la frustrata volante dal limite dell’area con cui ha trafitto Reina qualche tempo fa, spettacolare il tiraggiro (00:46) con cui ha inguaiato Allegri la settimana scorsa.
Colpi non nuovi a Simeone, che al fianco dei gol di rapina aveva messo anche in passato gol non banali. Sempre alla Lazio, nel dicembre del 2019 (quando giocava al Cagliari), fu una sua volée d’autore su una splendida sponda di Joao Pedro a far impazzire la Sardegna Arena. Fu gol che non segnano tutti, anzi.
Un diablo, quindi, il nuovo Cholito. Ha messo a sistema delle qualità che già c’erano, che erano ben visibili, ed oggi è temibile per tutti. In una condizione atletica ma soprattutto mentale devastante. Oggi, insomma, 5imeone il raccomandato è un brutto ricordo. Il segreto? Per lui la meditazione, la ricerca di un equilibrio. L’ha dichiarato qualche settimana fa al Corriere di Verona.
Ho iniziato a fare meditazione: la facevo prima, a Firenze e Genova, poi ho mollato. Mi sono ritrovato a pensarci. La meditazione mi ha cambiato, mi ha reso migliore come persona, non solo sul campo. Il fatto di respirare e togliere i pensieri che uno ha in testa, con la respirazione, mi aiuta tanto a stare bene, in equilibrio. La faccio almeno 10 o 15 minuti al giorno.
Ma forse, semplicemente, il segreto è un contesto – tattico, grazie all’ottimo Tudor, e ambientale – che gli ha permesso di tornare ad esprimersi al meglio.