Con Gattuso non giocavano mai, e quando giocavano venivano divorati dall’ansia. Spalletti li ha rimessi al mondo e restituiti al Napoli

Per qualcuno – per gli alfieri della «settimana tipo» sicuramente – le nazionali sono solo un intralcio. E certo è innegabile che delle volte le soste (con le annesse partenze dei calciatori più rappresentativi) possano creare dei problemi alle società che detengono i cartellini degli atleti. Nazionale, però, significa innanzitutto prestigio: scriverlo forse può apparire addirittura lapalissiano, ma un club che manda i calciatori in nazionale è un club che cresce e che crea valore, in tutti i sensi. Specie se poi questi calciatori riescono a ben figurare, a decidere gli incontri internazionali, a mettersi in mostra.
Ecco: è il caso del Napoli. Che nella prima tranche delle partite novembrine di qualificazione alla Coppa del Mondo del Qatar ha mandato in gol calciatori a tutte le latitudini. Anguissa, con un poderoso tiro al volo dal limite dell’area; Di Lorenzo, che ha segnato all’Olimpico un gol fondamentale alla Svizzera; Osimhen, rigorista in Nigeria; Elmas, con la doppietta che ha mandato la Macedonia a giocarsi uno storico playoff Mondiale e che ha attirato sul calciatore – stando a quanto scrive la Gazzetta – le attenzioni delle big spagnole; perfino Rrahmani, che quest’anno ha scoperto un’inedita attitudine al gol: due in campionato, uno anche adesso col suo Kosovo nel pareggio con la Grecia.
Rrahmani, già. Che è lo stesso calciatore che meno di un anno fa regalava un’evitabile marcatura a Kevin Lasagna nella sua partita d’esordio, ritardata da Gattuso – che poi lo tolse perfino dal campo al 45′ – fino a gennaio 2021. E che invece oggi gioca autorevolmente titolare nel Napoli, decidendo pure le partite della sua Nazionale, di cui è capitano. Lui, con Elmas, è l’immagine del nuovo corso. Forse addirittura più di Osimhen che migliora a vista d’occhio ma che aveva già fatto almeno percepire di essere un calciatore importante del Napoli del presente e del futuro.
Rrahmani ed Elmas, invece, no. Con Gattuso non giocavano mai e quando giocavano venivano divorati dall’ansia di mettersi in mostra, che spesso si traduce nell’ansia di sbagliare. Che poi inevitabilmente porta proprio a sbagliare. Con la guida calma e sapiente di Spalletti hanno cambiato del tutto registro. Giustificando anche l’investimento importante che su di loro ha fatto la società e che pareva francamente senza senso.
Il «pelato» può sorridere, il suo lavoro è già fruttuoso e i frutti sono rigogliosi.
Lo dicono le sfide internazionali. Lo dice il calcio che conta.