A Roma la gestione del Var si conferma a corrente alternata ma il Milan ha dimostrato di essere forte. Come il Napoli del resto anche se l’ambiente ha cominciato il funerale
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Il Milan ha meritato di vincere all’Olimpico contro la Roma. Basta un pizzico di onestà intellettuale per riconoscerlo senza troppe dietrologie. Pur senza creare palle gol a volontà, i rossoneri hanno amministrato con autorevolezza la partita col piglio della squadra più forte, dando sempre l’impressione di avere la partita in pugno. Al punto che – almeno prima dell’espulsione di Theo – la Roma non si è praticamente mai resa pericolosa.
Bisognerebbe partire da qui nell’analisi della partita di ieri. E non da questo o quel rigorino. Certo, la rabbia di Mourinho è comprensibile: l’utilizzo a correnti alternate del VAR si presta a discussioni e necessita dei chiarimenti. E tra l’altro qualche volta può bastare un episodio per pareggiare una partita che si meritava di perdere. Però il campo ha detto inequivocabilmente che la squadra di Pioli fa sul serio. L’avrebbe detto pure se fosse finita 2-2.
Il Milan sembra forte, dunque. Soprattutto nella testa.
Bisogna farsene una ragione ed affrontare il prossimo futuro evitando certe litanie dei defunti. Sì, litanie dei defunti. Quelle che hanno radici nelle prefiche greche. La Napoli social, infatti, sin dalla tarda serata di ieri s’è vestita a tema per il 2 novembre, e s’è messa a celebrare il funerale del Napoli.
Non paiono essere argomento di discussione i 31 punti su 33 disponibili raccolti dalla banda Spalletti, vittoriosa anche ieri a Salerno pur risparmiando – più o meno forzatamente – Osimhen e Insigne. Tra radio, twitter e giornali si assiste solo a polemiche su polemiche, alcune di bassa lega: dagli arbitri corrotti che non vogliono lo scudetto al sud fino allo spauracchio Coppa d’Africa, passando per il calendario e per la difficoltà dei prossimi impegni.
È bastato farsi in bocca il sapore del sorpasso e del primato in solitaria (e ci poteva stare col Napoli a Salerno e col Milan a Roma) ed essere parzialmente delusi in questa aspettativa per dar vita al solito show dell’autolesionismo. Il Napoli è primo, ha subito solo tre gol in undici partite di campionato (e se non è un record poco ci manca), ma dovrebbe segnarsi da qualche parte che «deve morire», come consigliarono a Troisi in uno sketch cult di Non ci resta che piangere.
«Ricordati che devi morire», Napoli, segnatelo da qualche parte fin da subito, o saranno gli arbitri corrotti, la Coppa d’Africa o il calendario a svegliarti bruscamente dal sonno.
Ma insomma: non sarà il caso di farla finita?
Napoli e Milan hanno fatto un inizio pazzesco. Entrambe. Dieci vittorie e un pareggio in undici partite sono tanta roba. E forse il punto è che per entrambe (e per i tifosi di entrambe) è difficile, quasi frustrante, accettare di non dominare in solitudine il campionato. Bisognerebbe fermarsi qui. A questa piccola impresa. La cui misura la dà l’Inter di Inzaghi, che non è poi così lontana dall’avere una media scudetto (ha gli stessi punti che aveva l’Inter di Conte l’anno scorso) ma che a causa del ruolino di marcia impressionante di partenopei e rossoneri deve accontentarsi di stazionare a ben sette distanze dalla vetta, occupata non da una ma da due squadre. Le due squadre che affronterà nei prossimi due turni di campionato, misurando davvero il portato delle sue ambizioni.
Questo è, oggi. Il futuro, per fortuna, non lo conosce nessuno. Ma è meglio che il Napoli non si segni da nessuna parte di dover morire.