Un sistema malato e impunito, che ha chiuso gli occhi per anni. Oggi “scopre” un reato. C’è una differenza: nel calcio c’è qualcuno che ha interesse a far crollare tutto?
Come disse quel tale, “i grandi fatti della storia universale si presentano per così dire due volte: la prima in forma di tragedia, la seconda di farsa”. È molto probabile che le parole di Karl Marx potranno essere applicate anche al presunto ennesimo imminente terremoto del mondo del calcio italiano. Una situazione che ricorda moltissimo quel servizio del Tg1 sul Pio Albergo Trivulzio, su quel signore – tal Mario Chiesa – che venne arrestato e cominciò a raccontare del sistema di finanziamento che legava l’imprenditoria alla politica. L’anno che sconvolse l’Italia. Era il 1992. Nulla fu più come prima. In nome di una legge fin lì dimenticata, venne rispolverato il reato di finanziamento illecito ai partiti. Reato che era stato sepolto dalla consuetudine. Venne giù tutto. L’Italia cambiò per sempre. Ed è tutto da stabilire se in meglio. La magistratura divenne in pochi giorni l’attore principale della scena italiana. Ruolo che non ha più mollato. Ancora oggi, trent’anni dopo, le origini di quello tsunami sono avvolte nel mistero. Di certo un sistema sparì da un giorno all’altro. Addio all’architrave di potere che per quasi cinquant’anni aveva retto e governato l’Italia.
La vicenda delle plusvalenze – che al momento dal punto di vista giudiziario riguarda soltanto la Juventus – ricorda molto da vicino Tangentopoli. Con alcune differenze sostanziali. Anche in questo caso, improvvisamente una consuetudine pacificamente e comunemente accettata per anni dal sistema, torna a essere reato. Basta fare una banale ricerca su Google per imbattersi in elogi giornalistici sulla capacità della Juventus di realizzare circa 40 milioni di plusvalenze in venti giorni. Era ed è una pratica comunemente accettata. E il sistema calcio si è sistematicamente girato dall’altra parte. Come peraltro fa su qualsiasi tema: che sia il razzismo, il sessismo o altro. Il calcio non c’era e se c’era, dormiva. Il calcio italiano è del tutto inadeguato. È una poltiglia disgustosa, con ai vertici persone prive di qualsiasi visione, e molto spesso tristemente ignoranti.
Alla lunga nel nostro calcio ci siamo trovati di fronte all’istituzionalizzazione dell’impunità. Che – è bene ripeterlo in tempi in cui si fa parecchia confusione – è concetto ben diverso dal garantismo. L’impunità elevata a sistema ha fatto sì che ovviamente non fosse più percepito il rischio fisiologico che normalmente si avverte quando si sta compiendo un reato. La Federcalcio di Gravina, così come quella di Tavecchio (e quelle ancora prima, si badi bene), ha del tutto abbandonato l’idea di stabilire principi inderogabili e far sì che venissero rispettati. Tutto è stato inghiottito all’insegna del “così fan tutti”. Gli esempi sarebbero innumerevoli. Persino la vicenda Suarez non ha minimamente turbato la Federcalcio. Giornalisti come Paolo Ziliani – che al di là di qualche eccesso che secondo noi gli ha nuociuto, ha sempre denunciato le “stranezze” che avvenivano sotto gli occhi di tutti – sono stati bollati come folli. Come in qualsiasi sistema omertoso che si rispetti. Il calcio in Italia viene raccontato come se vivesse su un altro pianeta. Il fruitore di calcio è percepito alla stregua di un ignorante incapace di oltre una discussione sul fuorigioco.
Ovviamente, in teoria, il calcio aveva ed ha gli strumenti per far rispettare le regole. La Covisoc è sempre esistita. Solo recentemente ha cambiato presidente e il nuovo presidente evidentemente ha pensato bene di non voler mettere la propria faccia su vicende quantomeno oscure. Ha fatto sì che la Covisoc facesse il suo dovere. Ne è stata informata la Consob. Contestualmente si è mossa la Procura della Repubblica di Torino. Non è accaduto nulla di clamoroso. Si è semplicemente rimesso in moto un sistema di garanzie previsto dal nostro ordinamento. L’abc della vita in collettività.
E torniamo al 92. Allora – ed è il vulnus di quella vicenda – c’era una parte politica che aveva un chiaro interesse politico affinché la macchina di Tangentopoli andasse avanti e radesse al suolo il sistema. Senza riaprire discussioni che sarebbero infinite, accadde che poi sulla scena apparve un ostacolo imprevisto e le cose andarono come andarono.
Ma nel calcio c’è qualcuno che ha realmente interesse alla caduta del sistema? Questa è la domanda. Noi una risposta l’abbiamo ed è no. Coloro i quali denunciano l’ovvio, come ad esempio Commisso, vengono trattati alla stregua di simpatici burloni, folcloristici italoamericani. Eppure parliamo di una grande imprenditore ma in Italia imperano i canoni del provincialismo e dell’omertà. Il calcio italiano non è marcio. È di più. Scoperchiare la pentola vorrebbe dire ritrovarsi un terremoto di portata quasi superiore a Tangentopoli, facendo le debite proporzioni. C’è un sistema di potere cristallizzato, che riguarda relazioni tra i club (Alessandro F. Giudice è sempre da leggere sul Corriere dello Sport, gli andrebbe concesso uno spazio fisso in prima serata in tv), sistema di potere industriale, asservimento sistemico dei media. Il calcio è ben oltre la bugia. E tutti hanno il loro interesse affinché si continui così. Ciascuno ha il proprio guadagno: chi cento, chi cinquanta, chi dieci. Il sistema è marcio ma fa comodo a tutti. Aggiungiamo che in questo caso non ci sarà nessun discorso storico in Parlamento. Andrea Agnelli non è neanche lontanamente paragonabile per statura, preparazione e visione a Bettino Craxi. Non andrebbero mai messi nella stessa frase.
La Procura della Repubblica di Torino è come quella di Milano nel 92. Ma molte componenti sono diverse. Ad esempio non c’è la folla – disgustosa, va detto – che lancia le monetine al Raphael. Perché anche la folla, o buona parte di essa, vuole che si continui nella menzogna. È l’Italia del tifo che si è divorata l’Italia civica, l’ha fatta a brandelli, l’ha lasciata esangue. Perché se un sistema fa schifo, e il sistema calcio fa schifo, è perché tutte le componenti lo accettano e ne sono complici. Premesso che è tutto da dimostrare che l’Italia sia migliorata dopo Tangentopoli, e premesso che questa affermazione non vuole per nulla essere una difesa del sistema calcio italiano, è bene ricordare che stavolta le monetine potrebbero essere lanciate contro i pm.
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