Un generoso che alla fine della fiera rimane pieno di ferite, lividi e bitorzoli ma che non stringe nulla, un Rambo dei poveri di fronte al quale si inchinerebbe anche Clint Eastwood
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Sono otto le stagioni de “L’ispettore Coliandro” – le potete recuperare tutte su RaiPlay – e quindici gli anni da quando l’ideatore Carlo Lucarelli ha creato questo personaggio molto italiano con la co-sceneggiatura di Giampiero Rigosi e la regia del Manetti Bros.
Protagonista è proprio il giovane Coliandro (Giampaolo Morelli) un ispettore maldestro e non molto acuto che relegato dal suo dirigente De Zan (Alessandro Rossi) a tappare buchi nella Questura di Bologna – e sotto l’egida malefica della sostituto procuratrice Longhi (Veronika Logan) – sogna di tornare in serie A (la Squadra Mobile). Per fare questo passa il suo tempo assentandosi dal servizio attuale e tra pause caffè più o meno autorizzate inizia indagini non autorizzate sul modello dei suoi idoli cinematografici Callaghan et altera innamorandosi della belloccia in pericolo di turno, “perché bimba la vita non è un film”. Fa questo alternando modelli di inanità intellettuale, borie, stolidità, ma mai dimenticando l’umanità. In perenne contrasto con i colleghi Gambero (Paolo Sassanelli), Berta (Caterina Silva), Buffa (Benedetta Cimatti) e con le uniche sponde in Gargiulo (Giuseppe Soleri) e Lorusso (Francesco Zenzola).
Con le sue battute – le sentiamo ripetere anche nella vita reale – divenute idiomatiche Coliandro rappresenta oramai l’italianità che neanche leader politici come la Meloni potranno mai intercettare: ignorante, ma coraggioso; razzista contro gli stronzi, in definitiva una icona nazionalpopolare veridica vestito come Dylan Dog. Tutto questo accresciuto dallo sfondo Bologna che bene si adatta alla serie: una città che vediamo nobilitata dalle immagini alte con i droni ben prima di quelle di “True detective” che sono diventate di scuola. Anche i tempi musicali sono perfetti come quella “Memories” che bene rappresenta il personaggio Coliandro: un generoso che alla fine della fiera rimane pieno di ferite, lividi e birorzoli ma che non stringe nulla.
Penso che anche il grande Clint Eastwood si inchinerebbe al nostro poliziotto Rambo dei poveri, ma che non lascia nessun ‘Sandokan’ annegare in mare.