A Repubblica: «Certe domande avrei dovuto farle prima. Mimì? E’ sempre con me, il tempo non cancella niente. La metà di me è morta con lei».

Repubblica intervista Loredana Bertè: ha appena realizzato “Manifesto”, un disco dedicato alle donne, con tante collaborazioni illustri. Uno dei singoli contenuti nel disco è “Figlia di…”.
«Considero Figlia di… un po’ il seguito di Non sono una signora. Sono stata la donna più invidiata quando ho sposato Borg. E ho fatto pena quando sono tornata in Italia: avevo sperato che in questo mio passaggio sulla terra avrei lasciato dei figli e invece lui non era d’accordo, ma me lo ha detto solo dopo 6 anni di matrimonio. Mi sono fatta pena da sola perché certe domande si fanno prima».
Commenta anche quanto successo in Senato con il Ddl Zan, affossato tra gli applausi e le urla da stadio:
«Vedi ciò che è successo in Senato sul Ddl Zan: nel 2021 una scena del genere non è accettabile, sembrava la Corrida. Non si può subire una classe politica così, il popolo è molto più avanti. Ragazzi votate!».
Le chiedono quale canzone preferisce tra le tante che hanno fatto parte della sua carriera:
«Si chiama Luna e l’ho scritta per Mimì. L’ho presentata a Sanremo nel 1997 ma non hanno capito, del resto lì succede spesso. Mimì è sempre con me, il tempo non cancella niente. Io ho questo coltello conficcato nel cuore, la metà di me è morta con lei».