In quel rigore c’è un codice per tutti gli emigrati: Piotr ha camminato, corso, lavorato e quel muro in curva – i canti consueti, le parole amiche, l’idioma caro – li ha superati d’un balzo
Non credo di essere stato l’unico emigrato, ieri sera, ad aver accompagnato con un largo sorriso i pochi secondi a cavallo tra fallo e rigore calciato da Zielinski a Varsavia. In patria – in tutte le patrie, infatti – portano sugli scudi chi si lascia assoldare alla propria causa ma amano ben poco chi quella causa decide di scartarla e prosegue altrove.
In quel breve gesto tecnico dagli undici metri c’è un codice che in molti, sparsi per il mondo, avranno riconosciuto. È il piacere vasto e sottile dell’individualismo mercenario – nel senso più antico del termine, di chi percorre le strade con la leggerezza della temporaneità e lavora per un compenso che servirà da scambio per un piacere personale. Piotr ha camminato, corso, lavorato e quel muro in curva – i canti consueti, le parole amiche, l’idioma caro – li ha superati d’un balzo. Un calcio e un salto oltre l’abitudine. Nelle patrie organizzano i cori ma fanno finta di ignorare che i piaceri li portano i mercanti e i mercenari.
Gli stanziali amano il termine “cazzimma”. Che è poderoso, si sposta a stento, viene affibbiato a ogni forestiero che si vuole sentire amico. Cazzimma è una parola che, prima che desiderio di affiliazione, mostra paura delle differenze. Gli emigrati preferiscono la piacevolezza del termine “tradimento”, che a volte medica, altre volte segna una ferita.
In tanti attendono una serie che proponga il sequel della abusata parabola del figliol prodigo: quella in cui, dopo il cenone approntato dal babbo felice di aver accolto la pecorella smarrita, il prodigo redento si annoia e riparte e il figlio fedele, sentendosi sfigato, lo segue proseguendo la storia.
Noi amiamo i mercenari individualisti. È altalenante – e proprio per questo – amiamo Zielinski.