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Alessandro D’Alatri: «A 8 anni pagavo le tasse e guadagnavo più di mio padre operaio, per lui era frustrante» 

Al Fatto: «I professori mi sabotavano di continuo perché pensavano che lo spettacolo fosse un mondo di perversione, io invece conoscevo a memoria I fratelli Karamazov»

Alessandro D’Alatri: «A 8 anni pagavo le tasse e guadagnavo più di mio padre operaio, per lui era frustrante» 

Il Fatto Quotidiano intervista Alessandro D’Alatri. Ha esordito come attore cinematografico nel 1969, ha lavorato anche con Vittorio De Sica. Negli anni Ottanta è stato regista di celebri spot televisivi. Oggi è regista di diversi successi di Rai1. Racconta come ha iniziato.

«Casualmente; sono figlio di un operaio e di una contadina, persone totalmente digiune di spettacolo: siccome ero molto timido, mamma mi iscrisse alla recita della scuola, con la frase “magari ti sgrassi un po’. Mi divertii molto e il pomeriggio della recita venne una signora impegnata con i casting; il giorno dopo ero già sul palcoscenico del teatro Valle di Roma per un’audizione con Luchino Visconti: cercava un bambino per Il giardino dei ciliegi; allora non me ne rendevo conto, ma in quel momento ero circondato da un cast clamoroso, composto da personalità come Sergio Tofano o Paolo Stoppa».

I primi soldi sono arrivati che era ancora un bambino.

«A otto anni ho iniziato a pagare le tasse e a casa portavo un reddito superiore a quello di mio padre, operaio alle officine centrali dell’Atac; grazie ai miei guadagni un giorno arrivò a casa un tecnico con un televisore, tempo dopo un frigorifero, e via così. Prima, per noi, era normale tenere il latte sul davanzale o andare dalla vicina per vedere la tv; ah, aggiungo l’automobile e le prime vacanze al mare».

Su suo padre:

«Anni dopo ho capito che forse, per lui, questa situazione è stata un po’ frustrante; quando lavoravo mamma era obbligata ad accompagnarmi perché minorenne: giravamo l’Italia e il mondo e nel frattempo dovevo studiare, così viaggiavo con una specie di piccolo registro portabile che consegnavo in ogni scuola dove mi fermavo».

I professori lo sabotavano.

«Un sabotaggio continuo, anche perché il mondo dello spettacolo era visto malissimo, come una realtà impregnata di perversione, mentre in realtà ero circondato da persone con una cultura unica: a otto anni conoscevo alla perfezione I fratelli Karamazov».

 

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