Famoso per la foto con Salvini. Nel 2009 aggredì un tifoso dell’Inter facendogli perdere un occhio. Condannato, non gli pagò mai i danni. Motta perse tutto, non poteva curarsi e si suicidò

Ora Luca Lucci va in carcere. Il capo della Curva Sud del Milan, da anni coinvolto in numerose inchieste per droga, e diventato ulteriormente famoso per una foto “scomoda” con l’allora vicepremier Matteo Salvini, è finito in un’inchiesta per traffico di droga della Squadra mobile di Milano.
C’è anche lui tra le otto misure cautelari scattate a seguito di un’indagine condotta dalla procura di Milano, per un commercio di stupefacenti dal Marocco e dal Sudamerica. Con Lucci coinvolti anche altri esponenti del tifo organizzato del Milan.
Tra i beni confiscati – riporta Calcio e Finanza – anche il “ramo aziendale relativo all’attività di somministrazione di alimenti e bevande” del ‘Clan 1899’, locale storico a Sesto San Giovanni (Milano) di ritrovo degli ultras della curva sud milanista. Un locale che, secondo i giudici Roia-Tallarida-Pontani, era anche “base operativa per riunioni” su traffici di droga, in cui sarebbe stato coinvolto lo stesso Lucci, capo ultrà di 40 anni. Lucci, hanno scritto i giudici, è “capo carismatico ed indiscusso della tifoseria ultras, riconosciuto ed investito come tale da un altro leader storico come Capelli”, detto il ‘Barone’ e che ha anche testimoniato nel procedimento della Sezione misure di prevenzione.
Ma Lucci ha un ulteriore precedente penale, il più doloroso, di cui ha scritto il Napolista ormai 10 anni fa: il coinvolgimento nel suicidio di Virgilio Motta, un tifoso dell’Inter che il 15 febbraio 2009 era a San Siro con la figlia e altri bambini, ne uscì senza un occhio. Perse il lavoro, non fu mai rimborsato dei danni, e finì per togliersi la vita tre anni dopo. Il colpevole di quell’aggressione era, appunto, Lucci.
La storia di Lucci è Motta è uno spaccato avvilente della giustizia italiana e della violenza negli stadi.
Motta faceva parte di un gruppo che si chiamava “Banda Bagaj” (Banda bambini, in dialetto milanese) nato per portare anche i piccoli allo stadio. Era padre di una bimba. E quel giorno era al Meazza per assistere al derby milanese. Un gruppo di ultras milanisti cala dal secondo al primo anello per punire un gruppetto di interisti che avevano osato strappare uno striscione. Motta finisce per caso in mezzo alla rissa. Gli arriva un pugno che gli spappola un occhio. Il 17 luglio 2009 il giudice Alberto Nosenzo condanna a pene comprese tra sei mesi di reclusione e quattro anni e mezzo di carcere sei ultras milanisti accusati, a vario titolo, di rissa aggravata e lesioni. Luca Lucci, eccolo là, viene riconosciuto colpevole di aver sferrato il pugno. A Motta viene riconosciuta invece una provvisionale di 140 mila euro a carico dei condannati “da versare in solido”. La moglie di Lucci alla sentenza urla a Motta che “i 140 mila euro te li devi spendere tutti in medicinali, maledetto infame”.
Lucci risulta nullatenente. Motta non se li può spendere nemmeno in medicine quei soldi, come pure avrebbe voluto fare. Accetta suo malgrado persino una sorta di pagamento rateale: niente. Entra in depressione, piano piano. Pur andando allo stadio, ancora. Ma senza bambini. Tre anni dura. Poi la fa finita.
Il suo legale, l’avvocato Consuelo Bosisio, disse che “le sue condizioni psicologiche sono peggiorate perché gli imputati condannati per quegli scontri non gli hanno versato i 140 mila euro che gli dovevano come risarcimento e con i quali lui voleva andare a farsi curare all’estero”.
Ecco chi è Luca Lucci. E fino a ieri era a piede libero, mentre trafficava droga.