A Repubblica uno dei tre giovani inseriti come contropartita insieme a Karnezis: «Non lo sapevamo. Ci hanno bruciato la carriera»
La Repubblica intervista Luigi Liguori, attaccante classe 1998 inserito dal Napoli nell’operazione Osimhen insieme al terzo portiere azzurro, Karnezis, e ad altri due giovani. Nello scambio complessivo di 20 milioni, che si sommavano ai 70 sborsati per l’attaccante nigeriano, Liguori fu valutato 4 milioni. Liguori racconta la sua verità.
All’epoca Liguori giocava in prestito alla Fermana, in Serie C.
«A giugno mi chiamò il Napoli e mi disse: vieni a Castel Volturno, dobbiamo parlare. Siamo andati io e il mio procuratore, la società ci ha offerto due opzioni: potevo rinnovare per un anno e restare, o accettare di andare al Lille e firmare per tre anni, entrando nell’operazione Osimhen. Voi che avreste fatto? Ne ho parlato con il mio agente e ho accettato. Il 30 giugno abbiamo firmato con il Lille».
Ma in Francia non è mai andato.
«Non siamo mai andati a Lille. Nemmeno per firmare. Hanno mandato i contratti a Napoli e abbiamo firmato a Castel Volturno».
Dichiara di aver chiesto di restare un altro anno in Italia in prestito, e che la richiesta è stata accettata. Quando il prestito è finito, il Lille ha chiamato lui e gli altri due giovani scelti come contropartite di Osimhen in Francia.
«Ma noi non volevamo più andare in Francia, allora ci hanno proposto di lasciare sul tavolo i due anni di contratto e accettare una buonuscita».
Perché non volevate più andare in Francia?
«Purtroppo io non sapevo tutto. Loro non è che ti dicono che volevano fare plusvalenza. Ci hanno detto solo: il Lille vuole tre giovani e noi abbiamo pensato a voi. Poi col passare delle settimane abbiamo scoperto tutto, ma ormai eravamo coinvolti, non potevamo più fare nulla».
Questa situazione «ha pesato tanto» sulla mia carriera, dice.
Ed aggiunge:
«Con gli altri due ragazzi coinvolti nell’operazione ci sentiamo spesso e tra di noi ci diciamo: noi avevamo tre anni di contratto. Ci siamo bruciati per “colpa” del Napoli. Perché noi non sapevamo nulla»