Contro l’Empoli il Napoli non aveva un piano partita, si è rivista quella ripetitività (e quindi prevedibilità) offensiva che pensavamo superata. L’eccezione Ounas
La sfortuna non esiste
Per il Napoli, la sconfitta per 0-1 contro l’Empoli deve essere considerata e analizzata in maniera diversa, più critica, rispetto a quelle arrivate nelle gare contro Inter, Atalanta, Spartak Mosca. La differenza va ricercata proprio nello zero della casella “gol segnati”, una cifra che mette in evidenza il vero problema manifestato dalla squadra di Spalletti: l’incapacità di creare azioni offensive nitide e quindi semplici da trasformare in gol. Il Napoli, infatti, non ha concesso tanto e/o difeso male. Basta leggere i dati per rendersene conto: pur giocando un’ottima partita, l’Empoli ha costruito 2 sole conclusioni davvero pericolose su 12 tentativi complessivi, di cui 5 in porta – parliamo del tiro di Bajrami dopo pochi minuti nel primo tempo e di quello di Cutrone nella ripresa. Persino il gol decisivo, sempre di Cutrone, è arrivato in maniera rocambolesca, per non dire casuale.
I problemi del Napoli, come detto, sono stati di natura offensiva. Per la prima volta in questa stagione la squadra di Spalletti ha dato mostrato di avere un piano partita errato. O comunque non attuato in maniera efficace. Anche in questo caso, le statistiche non mentono: le sole 5 conclusioni nello specchio da parte degli azzurri, su 30 tiri totali, sono esplicative della difficoltà di creare occasioni pulite; il fatto che i 2 pali colpiti – da Elmas e da Petagna – siano arrivati con due tentativi da fuori, di cui uno deviato, alimentano ancora di più la sensazione di scarsa vena offensiva da parte degli uomini di Spalletti. In virtù di tutto questo, parlare di sfortuna sarebbe non solo eccessivo, ma anche fuorviante. Eticamente sbagliato.
L’aggressività dell’Empoli
Anche perché i problemi offensivi del Napoli, paradossalmente, sono nati dall’atteggiamento aggressivo e sempre propositivo dell’Empoli. Quasi come se avesse annusato preventivamente la condizione deficitaria dei suoi avversari, Andreazzoli ha scelto una formazione molto ambiziosa, con un trequartista di ruolo (Bajrami) dietro due punte pure come Pinamonti e Cutrone. Dall’altra parte del campo, Spalletti ha confermato il 4-2-3-1/4-4-2 visto contro il Leicester. Doble pivote Demme-Zielinski, Ounas sottopunta, Elmas largo a sinistra e Lozano largo a destra. La scelta più interessante e significativa è stata l’avvicendamento tra Mertens e Petagna, che ovviamente ha determinato un cambio tattico: la tendenza del belga ad accorciare il campo, a legarsi con il centrocampo, ha tolto al Napoli la possibilità di attaccare la profondità. E, quindi, di tenere bassa la difesa avversaria.
I 32 palloni giocati da Mertens. In questo screen, il Napoli attacca da sinistra verso destra.
Questa decisione, col senno di poi, si è rivelata sbagliata. Per non dire nefasta. L’Empoli, infatti, si è ritrovato in una condizione perfetta. Senza un attaccante che facesse rimanere bassi i centrali difensivi, la squadra di Andreazzoli ha potuto tenere altissimo il baricentro per tutto il primo tempo, impedendo al Napoli di costruire facilmente il gioco dal basso. Anche le scelte sulle spaziature hanno agevolato l’Empoli in tutte le fasi di gioco: con il suo 4-3-1-2 puro, la squadra ospite ha potuto pressare e impostare quasi sempre in parità o in superiorità numerica; inoltre, la presenza di un giocatore come Bajram, bravissimo a muoversi tra le linee, ha sempre offerto una linea di passaggio verticale ai suoi compagni, mandando spesso in tilt il sistema difensivo del Napoli.
In alto, i dati sul baricentro relativi al primo tempo di Napoli-Empoli; in mezzo, i due centrali dell’Empoli impostano da dietro e hanno moltissime opzioni per far progredire l’azione; sopra, invece, le due punte di Andreazzoli tengono occupati tutti e quattro i difensori del Napoli; nel frattempo, Bajrami viene trovato tra le linee: anche in questo caso, il giocatore in possesso poteva servire comodamente anche Parisi sulla sinistra.
Basta vedere gli screen di sopra per capire cosa intendiamo: con le sue due punte, l’Empoli ha sempre tenuto occupati i centrali e, in seconda battuta, i terzini in raddoppio; gli esterni alti del Napoli hanno dovuto seguire i terzini, mentre i due centrali, il regista e le due mezzali dell’Empoli riuscivano a creare dei triangoli che gli permettevano sempre di muovere la palla evitando il pressing avversario. Una volta superata la trequarti, come detto, i movimenti tra le linee di Bajrami e i contemporanei attacchi della profondità di Cutrone e/o Pinamonti hanno creato degli spazi perfetti in cui sviluppare gioco.
Il problema-Insigne
In una condizione del genere, il Napoli avrebbe dovuto alzare l’intensità e la qualità del proprio palleggio. Nel primo tempo ci è riuscito solo in pochissimi frangenti, anche perché l’Empoli non ha solo cercato di risalire il campo velocemente, ma ha accettato di duellare con la squadra di Spalletti sul possesso palla, ha tentato di controllare la partita, non solo di subirla – infatti la percentuale grezza della prima frazione di gioco è risultata sostanzialmente pari, 51%-49% in favore del Napoli. Quella di Andreazzoli, del resto, è una squadra che ama giocare un calcio verticale, ma sa anche trattare il pallone in maniera sofisticata, grazie a centrocampisti di buonissima qualità, a terzini che appoggiano costantemente l’azione offensiva.
La situazione, per il Napoli, è peggiorata con il cambio forzato Insigne-Zielinski: l’uscita di un calciatore abile a strappare palla al piede, in grado di rompere le linee avversarie in progressione, unita all’ingresso di un giocatore che tende sempre a rallentare e ad allargare il possesso, ha finito per rendere più prevedibile il gioco della squadra di Spalletti. Non a caso, viene da dire, una delle poche occasioni di rilievo create dal Napoli è arrivata quando Lozano è riuscito a scappare in profondità e a impegnare Vicario con un tiro in diagonale.
Questa sarebbe stata una buona idea per aggirare la difesa dell’Empoli
In realtà quella conclusa dal messicano è stata l’unica azione degna di nota costruita dagli azzurri nella seconda metà del primo tempo, cioè dopo l’ingresso di Insigne. Con questo non vogliamo gettare la croce addosso al capitano del Napoli – che ovviamente sconta una condizione fisica ancora deficitaria dopo il problema che l’ha costretto a restare fuori nelle ultime partite. C’è da sottolineare, però, la squadra di Spalletti ha visto acuirsi i suoi problemi dopo il suo ingresso.
Il fatto che, a fine partita, gli azzurri abbiano fatto registrare il 44% di azioni costruite a sinistra e ben 97 palloni giocati da Mário Rui è il segnale di un inquietante ritorno al passato. Il vero problema, però, è che oltre a Insigne, Mário Rui e forse Mertens, il resto dell’organico del Napoli non è più portato a questo tipo di calcio. E allora ha finito per sbattere inevitabilmente sulla ripetitività – quindi sulla prevedibilità – offensiva. Un problema che si è ingigantito ancor di più nel secondo tempo.
Senza profondità
Nella ripresa, l’inevitabile calo delle energie a disposizione ha indotto l’Empoli a ritrarsi un po’ nella sua metà campo. In realtà, va detto, anche una pressione più accentuata da parte del Napoli ha determinato l’arretramento della squadra toscana (il cui baricentro si è abbassato fino a quota 39 metri), solo che questo tentativo di aumentare l’intensità offensiva non ha generato grandi occasioni: dall’inizio del secondo tempo al 63esimo, il minuto dei primi tre cambi effettuati da Spalletti, la squadra azzurra ha tentato per 5 volte la conclusione su azione manovrata, e in una sola occasione ha centrato lo specchio della porta. Con un tiro che, tra l’altro, è stato scoccato da Di Lorenzo ben fuori dall’area di rigore. Difficile immaginare una situazione con minore possibilità di trasformarsi in gol.
Per alcuni segmenti della ripresa, è sembrato che il Napoli potesse trovare il colpo in grado di cambiare la gara. Spalletti, nelle interviste del postpartita, ha parlato di «episodio che può far girare tutto», forse riferendosi proprio a questo. In effetti una squadra che schierava Mertens, Insigne, Ounas e Lozano davanti e in cui Elmas e Demme erano i due centrocampisti, non c’erano molte altre soluzioni che affidarsi all’estro dei singoli. Anche perché l’arretramento dei giocatori dell’Empoli ha determinato un’ulteriore mancanza di profondità da parte del Napoli in fase offensiva.
Il 4-2-3-1 del Napoli è rimasto invariato, con Ounas sottopunta e doble pivote composto da Anguissa (qui in proiezione offensiva) ed Elmas. Politano porta palla ma è isolato e può solo puntare l’avversario e poi cercare il cross in area. Dove Petagna si trova in netta inferiorità numerica.
A quel punto, Spalletti ha cercato di modificare la situazione con i cambi – ma senza modificare lo schieramento di base, come si vede sopra. Petagna è entrato al posto di Mertens per cercare di sfidare anche sul piano fisico i centrali del’Empoli; Politano ha preso il posto di Lozano così da far rientrare anche l’esterno destro sul piede forte; Anguissa è subentrato a Demme in modo da spingere fisicamente il pallone nella metà campo avversaria, piuttosto che condurlo con molti passaggi.
Permetteteci una piccola digressione proprio sulla partita di Demme. In una gara come quella di ieri, in cui era fondamentale muovere il pallone con velocità e creatività, il tedesco è risultato troppo elementare e anche poco presente nel gioco della sua squadra. 44 passaggi (di cui solo 3 più lunghi di 15 metri) in 63′ di gioco sono davvero pochi. Soprattutto considerando quanto fosse importante rifornire giocatori come Mertens, Insigne e Ounas di palloni puliti. Anche la proporzione con Anguissa è indicativa, in questo senso: pur giocando meno della metà del tempo, il camerunese ha effettuato 32 passaggi. Sorvoliamo sul fatto che fosse anche reduce da un infortunio.
Lo svantaggio e la frenesia
Il gol di Cutrone ha aggravato ulteriormente la situazione. A quel punto, la confusione tattica mostrata dal Napoli è aumentata ancor di più, perché sono subentrate anche la frenesia e la smania di voler recuperare la partita. In un contesto del genere, l’unico giocatore che è sembrato in grado di dare un po’ di sprint al gioco offensivo degli azzurri è stato Adam Ounas. La sua partita come sottopunta non è stata brillante solo a un’analisi superficiale. I dati, infatti, sono davvero significativi: l’algerino ha tentato la conclusione per 5 volte (solo Insigne lo ha fatto di più, arrivando fino a quota 7) e soprattutto ha servito 7 passaggi chiave; a questi numeri, vanno aggiunti 5 dribbling riusciti e una presenza continua e costante su tutto il fronte offensivo. Proprio come dovrebbe e/o deve fare un sottopunta.
Tutti i 90 palloni giocati da Ounas
Il punto – che poi è il vero problema – è che il Napoli, a quel punto, ha smesso di avere una struttura tattica. Ha provato a recuperare la partita di pancia. Non c’erano molte alternative, considerando anche l’infortunio di Elmas – uscito per far spazio a Malcuit, con Di Lorenzo spostato nel doble pivote. Ma, ripetiamo, è la prima volta che succede dall’inizio di questa stagione. All’Empoli è bastato difendere con accortezza la zona centrale dell’area di rigore, dopo aver portato gli avversari sulle fasce (a fine partita il Napoli risulta aver tentato 27 cross, di cui 20 nella ripresa), per limitare le occasioni pericolose concesse agli azzurri.
I dati, in questo senso, sono eloquenti: nei 26 minuti di gioco passati dal gol di Cutrone al fischio finale, la squadra di Spalletti ha tentato per 9 volte il tiro in porta. Solo due conclusioni sono finite nello specchio: quella di Insigne, deviata di testa da Parisi; quella di Ounas poco al di là del limite dell’area, respinta da Vicario. Troppo poco. Davvero troppo poco.
Conclusioni
Tre giorni dopo il successo sul Leicester, il Napoli ha fatto un brusco passo indietro. Per la prestazione e per il risultato, ma soprattutto per il modo in cui ha preparato la partita. Al netto dell’infortunio di Zielinski, che ha effettivamente cambiato i piani di Spalletti, la domanda è la seguente: quale meccanismo era stato preparato in allenamento per armare Mertens e gli altri attaccanti? Contro la Lazio, una squadra che difende in maniera aggressiva come l’Empoli, i passaggi tra le linee avevano permesso ai giocatori di Spalletti, proprio Mertens in primis, di creare e poi attaccare enormi distese di campo. I giocatori di Andreazzoli hanno difeso sicuramente meglio di quelli di Sarri, ma è evidente come al Napoli sia mancato un riferimento di questo tipo. Una o anche più idee da attuare per poter determinare la partita da un punto di vista tattico, non solo tecnico.
È la condanna del calcio liquido, un approccio che Spalletti ha attuato – con profitto – nella preparazione della fase offensiva. Il Napoli non può permettersi di non avere un piano-partita. Non può permetterselo mai, a maggior ragione quando affronta avversari organizzati come l’Empoli. Certo, magari la squadra di Andreazzoli non avrebbe meritato di vincere la gara. Ma ha saputo giocare ad armi pari e poi limitare una squadra molto più forte – al netto delle assenze. Con la sua identità, con i suoi meccanismi, anche con una discreta qualità – 26 punti in 17 partite non si fanno per caso.
Aspettando il rientro degli infortunati, Spalletti non può che provare a insistere in questa direzione: quella dei continui cambiamenti. Contro l’Empoli non si è visto il suo tocco, quello che finora aveva permesso al Napoli di uscire bene anche dalle sconfitte. Ed è proprio questa la notizia peggiore arrivata dalla partita di ieri.