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Perché ciascuno sente di dover dire la propria su un film?

In principio fu l’assunto di Walter Benjamin. E la studiosa napoletana Elena Palazzi parte da lui per disegna l’avanzare della nuova arte cinematografica

Perché ciascuno sente di dover dire la propria su un film?

Perché oggi sui social chiunque si affretta a dare un proprio giudizio sulla nuova versione del film con Castellitto di “Sabato, domenica e lunedì” di Eduardo? Le ragioni risalgano a questo assunto di Walter Benjamin, “tutti nell’epoca della riproducibilità tecnica si sentono in potere di giudicare un film, siccome il referente ultimo del sistema di rappresentazione cinematografica è la realtà”. Così ci ricorda la studiosa napoletana Elena Palazzi che nel suo ultimo testo “Il cinema, un collezionista e la borghesia, sulla soglia tra reazione e progresso (pagg. 91, euro 20.90)”, che pubblica per i tipi della prestigiosa Fondazione Mario Luzi.

Ma la giovane filosofa – con formazione anche cinematografica – fa qualcosa di più e di meglio: partendo da Zola e dai Dulcamara ed avendo come contraltare di visione Baudelaire, disegna l’avanzare della nuova arte cinematografica avendo come pietra filosofale l’opera omnia dell’Angelo caduto benjaminiano. Fa questo dividendo il suo lavoro in tre atti drammatici come la seconda versione di “Natale in casa Cupiello” ed in tre termini che secondo il materialismo dialettico benjaminiano sono la Borghesia, il Cinema ed il Collezionista.

La Palazzi crede in questo scontro di visuali: quello della fotografia, del teatro e del cinema, come Baudelaire credeva nell’essenza superiore della visuale poetica. Una soglia sempre aperta ed in divenire tra reazione (tradizione?) e progresso che porterà il cinema a distruggere l’interiorità accumulativa borghese ed a giungere ai social dei tempi nostri. L’autrice fa questo non dimenticando l’analisi marxista contraddittoria sul Capitale “che più porta avanti la sua storia, tanto più vorrebbe conservarsi”. Ma forse “È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino avrebbe messo d’accordo il collezionista borghese, Benjamin e finanche Baudelaire.

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