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Il Napoli di Spalletti non è stato in grado di essere sé stesso

Purtroppo il Sassuolo non ha difeso come la Lazio. Il Napoli ha giocato una partita solida, poi ha pagato l’uscita di giocatori chiave. Spalletti deve aumentare le soluzioni della squadra

Il Napoli di Spalletti non è stato in grado di essere sé stesso
Mg Reggio Emilia 01/12/2021 - campionato di calcio serie A / Sassuolo-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Dries Mertens

Un pareggio giusto

Al netto degli episodi arbitrali del finale – che, lo sapete, in questo spazio vengono trattati come un qualsiasi evento incidentale – il 2-2 tra Sassuolo e Napoli è un risultato giusto. I dati, più di ogni altra cosa, raccontano l’assoluto equilibrio che si è manifestato al Mapei Stadium: le cifre relative ai tiri tentati (9) e al possesso palla (50%) sono state identiche; persino il numero di passaggi complessivi (463 per il Sassuolo e 461 per il Napoli) e quello delle palle perse (23 per entrambe le squadre) sono similari. Al di là di queste statistiche – che, senza contestualizzazione, possono significare tutto e niente – anche la sfida tattica tra Dionisi e Spalletti è finita alla pari. Ma, per quanto riguarda il Napoli c’è una grande variabile da tenere in considerazione: la squadra di Spalletti, causa infortuni, è stata costretta a cambiare la propria fisionomia. Anzi, ha smesso di avere una.

Ma cominciamo dall’inizio, dalle scelte di uomini e formazione. Spalletti, evidentemente rinfrancato dal risultato ottenuto contro la Lazio, ha confermato gli stessi undici. Il tecnico toscano ha però operato un leggero cambio di modulo: il 4-3-3 puro in fase offensiva (anzi, in realtà era più un 4-1-4-1, come si vede dagli screen in basso) si trasformava in un 4-4-2 in fase difensiva, con Zielinski spesso molto alto, sulla stessa linea di Mertens, in fase di pressing. L’obiettivo, evidentemente, era quello di inibire la costruzione bassa gestita dai due centrali (Ferrari e Chiriches) e dal pivote del Sassuolo (Lopez). Parlando di pivote, abbiamo già anticipato le scelte fatte da Dionisi: anche il suo Sassuolo è sceso in campo con il 4-3-3, solo che lo scivolamento era più ortodosso rispetto a quello del Napoli, e in fase difensiva il modulo dei neroverdi era il 4-5-1.

In alto, il 4-3-3/4-1-4-1 del Napoli in fase di possesso, con Lobotka pivote e Fabián e Zielinski mezzali; sopra, invece, si vede chiaramente il 4-4-2 in fase passiva, con Zielinski sulla stessa linea di Mertens.

Più che quelle sui moduli, però, vanno rilevate le scelte relative ai principi di gioco operate dai due tecnici. Spalletti è stato praticamente costretto a riproporre gli stessi concetti già visti contro la Lazio: costruzione dal basso affidata ai due centrali più Lobotka; movimenti di Mertens ad allargare (verso sinistra) il campo, piuttosto che ad allungarlo; ricerca della superiorità posizionale dietro le linee del Sassuolo. Per forzare questo meccanismo, spesso i due terzini – Di Lorenzo e Mário Rui – si sovrapponevano internamente ai due laterali offensivi: il loro obiettivo era dare un’ulteriore possibilità di passaggio interna ai loro compagni.

In questa mappa, in cui il Napoli attacca da destra verso sinistra, ci sono tutti i palloni giocati da Di Lorenzo e Mário Rui. Molti sono stati giocati quando i due terzini occupavano posizioni da mezzali.

Purtroppo per il Napoli, però, il Sassuolo ha difeso – e giocato, in senso assoluto – in maniera molto diversa rispetto alla Lazio. Soprattutto nel primo tempo, Dionisi ha portato un pressing non troppo alto né troppo aggressivo, come evidenziato dal dato del baricentro difensivo (posto a 42 metri, quindi molto basso). L’obiettivo era proprio evitare che le imbucate verso Mertens o Zielinski aprissero le praterie che si sono viste contro la squadra di Sarri.

La strategia del tecnico del Sassuolo ha funzionato: il Napoli, per creare gioco, si è rifugiato sulle fasce (gli uomini di Spalletti hanno costruito addirittura 8 azioni su 10 sulle corsie laterali); il calciatore con il maggior numero di palloni toccati è stato Mário Rui (82), seguito dai due centrali e poi da Di Lorenzo (62). Lobotka, ancora una volta precisissimo in fase di interdizione, non è stato meno brillante piuttosto meno presente in fase di impostazione, perché limitato dalla densità degli avversari. Il dato sui suoi palloni giocati dallo slovacco (62) conferma questa sensazione, soprattutto se paragonato ai 148 di Napoli-Lazio.

Il Napoli solido

In questo contesto – stiamo ancora parlando del primo tempo – il Napoli ha scelto di giocare in modo solido. Di non forzare in maniera vistosa, di provare a gestire senza subire. E ci è anche riuscito: all’intervallo, la squadra di Spalletti ha fatto registrare il 58% di possesso palla, 5 tiri tentati contro 4 del Sassuolo. Ma soprattutto aveva costruito le uniche due azioni realmente pericolose di tutta la partita – la conclusione di Zielinski al 14esimo e il tiro di punta di Insigne dopo una ripartenza solitaria, al minuto 26′.

Quando, all’inizio del secondo tempo, gli azzurri hanno alzato il ritmo del pressing e l’intensità delle giocate offensive, la partita è svoltata. E non stiamo facendo riferimento solo all’aggressività su Traoré e Ferrari che ha determinato la palla persa e il gol di Fabián Ruiz, ma soprattutto dell’azione da cui è scaturito il gol di Mertens. In cui, in pratica, si vedono e si realizzano tutte le mosse attuate da Spalletti per provare a superare tatticamente il Sassuolo.

Quanto è importante alzare l’intensità

Come detto, in quest’azione c’è tutto: c’è Di Lorenzo che riceve palla in posizione di terzino e poi si alza nello slot di mezzala, aprendo lo spazio a Lozano; c’è Fabián Ruiz che viene a costruire da dietro, accanto a Lobotka; c’è Lozano che ha spazio e tempo per ricevere e per puntare Rogério, mentre Zielinski fa un perfetto movimento da mezzala e dà ampiezza all’azione offensiva; ci sono, infine, la qualità di tocco di Zielinski e il perfetto inserimento di Mertens. Il belga, dopo essersi mosso da seconda punta più che da centravanti puro, attacca lo spazio giusto e viene trovato perfettamente da Zielinski.

Come spieghiamo da tempo nell’ambito di questa rubrica, il Napoli è una squadra di possesso che deve alzare l’intensità per diventare pericolosa. Per farlo, ci sono due strade: attaccare in maniera più diretta e verticale, oppure aumentare il ritmo e la velocità delle azioni offensive per disordinare le difese avversarie. Con Osimhen, quando c’è Osimhen, giocare in maniera diretta e verticale è più facile. Anzi, diventa la strategia più efficace e funzionale. Quando Osimhen non c’è, e al suo posto viene schierato Mertens, serve seguire la seconda strada. Serve muovere il pallone con velocità e con qualità. Come fatto in questa azione. Come fatto contro la Lazio, per meriti della squadra di Spalletti e per (evidenti) demeriti difensivi di quella di Sarri.

Gestire tutto il possibile

Sullo 0-2, la partita tra Sassuolo e Napoli sembrava chiusa. Non a caso, cinque minuti dopo, Spalletti ha provveduto a sostituire Mertens e l’infortunato Fabián Ruiz con Petagna e Politano. L’idea, da parte del tecnico toscano, era quella di gestire tutto il possibile. Vale a dire: il risultato, ovviamente; le condizioni fisiche di giocatori non proprio al massimo della forma; le energie in vista delle prossime partite (decisive e complicatissime) contro Atalanta e Leicester. Solo che l’uscita di Fabián Ruiz, come spiegato anche dallo stesso Spalletti nel postpartita, ha tolto agli azzurri il giocatore che, più di tutti, garantisce sicurezza e lucidità nella fase di costruzione.

Il Napoli butta via un pallone e subisce il gol (splendido) di Scamacca

Per quanto riguarda il gol di Scamacca, come si vede chiaramente dal video appena sopra, i meriti del Sassuolo (e soprattutto del suo attaccante e di Kyriakopoulos) superano di gran lunga i demeriti del Napoli. Il punto, però, è che questo gol nasce da un’azione di possesso statica gestita male da Ospina, che rilancia alto un pallone che avrebbe potuto giocare comodamente verso Mário Rui. O che magari avrebbe appoggiato a Fabián se l’andaluso non fosse uscito per infortunio, ed Elmas non l’avesse sostituito nel suo slot a centrocampo.

Chiariamoci. Non è colpa di Elmas, anzi il macedone fa tutto quello che deve fare: si muove verso il portiere colombiano, gli offre il corridoio per il passaggio basso. Solo che, nei panni di Ospina, voi a come smistereste una palla che scotta, tra l’altro con cinque giocatori del Sassuolo nella trequarti difensiva? La buttereste via o la affidereste a Elmas? Ma soprattutto: quanto vorreste che, al posto di Elmas, ci fosse Fabián Ruiz? O anche Lobotka?

Spalletti ha detto proprio questo, nel postpartita: «Sono usciti dal campo dei calciatori forti che possono dare un po’ di tranquillità alla squadra per quello che riguarda il controllo della partita. Poi quando il Sassuolo è tornato dopo il 2-0 abbiamo perso dei palloni troppo facili e dovevamo fare qualcosa di più. È mancata qualità nella gestione quando conquistavamo la palla, gliela abbiamo ridata spesso e loro ci hanno costruito sopra la loro aggressione finale che ha portato al pareggio».

Anche Koulibaly

L’uscita di Koulibaly all’80esimo minuto, sempre per infortunio, ha reso ancora più difficile la gara del Napoli. Oltre alla mancanza di diversi giocatori in grado di congelare il possesso palla, Spalletti ha anche perso un difensore fondamentale: quello che permette ai compagni di rimanere alti, di essere aggressivi sugli avversari. Non a caso, i dati relativi alla ripresa sul posizionamento in campo delle due squadre e quelli sul possesso palla ci dicono che gli uomini di Dionisi hanno giocato in maniera molto diversa. Sotto vediamo le cifre relative al baricentro, qui snoccioliamo quelle sul possesso palla: 58% Sassuolo e 42% Napoli se consideriamo la seconda frazione per intero. Dal momento dell’uscita di Fabián Ruiz, il dato dei neroverdi si impenna fino al 66%. Dopo l’uscita di Koulibaly, arriva a toccare il 75%.

Com’è cambiato il baricentro delle due squadre tra primo e secondo tempo

Ovviamente gli infortuni sono un evento incidentale – come gli episodi arbitrali, del resto – e quindi non possono essere un alibi. Se vogliamo fare un’analisi oggettiva, dobbiamo assolutamente e necessariamente dire che il Napoli di Spalletti non è stato in grado di essere sé stesso – ovvero una squadra che gestisce benissimo il possesso palla e difende in maniera aggressiva – dopo aver perso Fabián Ruiz e Koulibaly. E quindi Spalletti dovrà lavorare su questo punto, anche perché – come confermato nel postpartita – pare che sarà molto difficile, se non impossibile, recuperarli per il match contro l’Atalanta.

E poi vanno considerati i meriti di Dionisi e del Sassuolo. Il tecnico neroverde, inserendo Kyriakopoulos, ha cambiato la partita: il terzino greco ha confezionato il cross per il gol di Scamacca e poi si è conquistato la punizione da cui è scaturito il gol di Ferrari. Altra menzione speciale va proprio a Scamacca, che ha realizzato un gol di rarissima bellezza, per cui è difficile trovare un colpevole. Quando un calciatore pensa e attua una soluzione del genere, va solo applaudito.

Il Sassuolo costruisce da dietro in totale libertà, il primo pressing (di Politano) arriva solo quando Ferrari ha già superato la trequarti campo; il ritmo alto di Kyriakopoulos fa il resto, anche se l’azione è piuttosto confusa

Il vero merito del Sassuolo e del suo allenatore, però, va ricercato nella loro capacità di non smarrirsi nonostante il risultato negativo, i passaggi a vuoto che hanno determinato il doppio svantaggio, l’abulia di alcuni giocatori in campo – Raspadori, Frattesi e lo stesso Scamacca, almeno fino al momento in cui ha trovato il gol. La squadra emiliana, aiutata anche da un contesto improvvisamente mutato e diventato favorevole, non ha mai rinunciato al suo gioco. Anzi, si è esaltata proprio nel momento in cui ha potuto alimentare la sua identità offensiva, votata al possesso palla. Di contro, il Napoli ha fatto l’errore esattamente opposto: ha smesso di essere sé stesso e alla fine ha smarrito due punti che avrebbe conquistato senza brillare troppo, con una di quelle prestazioni di solidità e gestione che, a conti fatti, sono decisive per fare il salto di qualità definitivo. Per vincere i campionati.

Conclusioni

Spalletti, insomma, può essere soddisfatto a metà. Perché il suo Napoli, fin quando ha retto, è stata davvero una squadra matura. Sempre in controllo, ha accelerato nel momento buono e ha trovato due gol. Poi però sono arrivati gli infortuni, il ritmo è calato e si sono manifestati degli ampi scarti tra i vari elementi della rosa – almeno per quanto riguarda qualità e personalità nella gestione di un vantaggio, nell’interpretazione di una partita di puro possesso contenitivo. Come detto, anche il Sassuolo ha dei meriti consistenti e delle qualità importanti. Per le grandi squadre sarà difficilissimo battere i neroverdi. Non a caso, viene da dire, Dionisi e i suoi uomini hanno battuto Milan e Juventus. E hanno perso contro Roma e Inter in maniera sporca per non dire immeritata, a causa di un gol nel recupero e di un rigore nel finale.

Il lavoro di Spalletti dovrà concentrarsi sull’ampliamento delle possibilità del Napoli. Sulla capacità di non alterare troppo l’identità di squadra – soprattutto quella difensiva e nel possesso palla – quando sopraggiungono degli imprevisti. In questo senso, quello contro l’Atalanta sarà un vero e proprio stress test – anche perché, a quanto pare, mancheranno cinque titolari. Il risultato e la grande prestazione in occasione della gara con la Lazio, però lasciano ben sperare in questo senso: al netto degli infortuni, Spalletti e la sua squadra sono in grado di adattarsi a nuovi contesti. Anche molto complicati. Del resto pure i primi 60 minuti contro il Sassuolo avevano dato questa sensazione, anche se ovviamente gli azzurri non hanno raggiunto gli stessi picchi di brillantezza. Quindi, niente drammi e occhi ben puntati in avanti: il Napoli e il suo allenatore hanno tutto ciò che serve per uscire indenni da questo periodo interlocutorio e sfortunato.

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