ilNapolista

Stano: «Schwazer si è dopato: la sua storia non mi interessa. Di vincere da sporchi son capaci tutti»

Al CorSera: «Marciare è una tortura: per provarci gusto devi essere sadico. La vittoria a Tokyo? Nella mia testa ho deciso di essere arrivato secondo: così ho ancora fame» 

Stano: «Schwazer si è dopato: la sua storia non mi interessa. Di vincere da sporchi son capaci tutti»
Tokyo (Giappone) 05/08/2021 - Atletica Leggera Marcia 20 Km / Olimpiadi Tokyo 2020 / foto Imago/Image Sport nella foto: Massimo Stano

Sul Corriere della Sera un’intervista al marciatore Massimo Stano. Il 5 agosto, all’Olimpiade di Tokyo, ha conquistato
la medaglia d’oro nella 20 km di marcia. Racconta cosa è per lui la marcia:

«Correre strisciando i piedi per terra e senza mai sbloccare le ginocchia. Tortura, fatica bestiale: per provarci gusto devi essere sadico».

Dice di avere un grosso debito di riconoscenza nei confronti del suo allenatore, Patrick Parcesepe.

«Venivo da due fratture da stress alla tibia. Patrick capì che il mio stile di marcia non andava d’accordo con la forma delle mie gambe. Abbiamo rivoluzionato il passo per renderlo più fluido, scelta pericolosa perché rischi il fallimento o la squalifica. O entrambi: ai Mondiali di Doha 2019 un cartellino rosso mi fermò mentre ero lanciato verso una medaglia».

In tv, a caldo, si dichiarò subito colpevole.

«Ho scelto la marcia, so che c’è una giuria che deve decidere a occhio nudo se il mio stile è corretto o meno. Tre giudici stabilirono che non lo era. Il giorno dopo rividi la gara in tv: i rossi ci stavano. Decisi che mi sarei vendicato a Tokyo e così è stato».

Nella marcia si bara di proposito o per eccesso di foga?

«Entrambe le cose. Ci sono i bari di professione che sperano di farla franca, sempre meno per fortuna».

La svolta, racconta, è arrivata in una prova di Coppa del Mondo a La Coruña, nel 2019.

«Quel giorno decisi che non avrei mai più messo al polso un cronometro per non farmi influenzare e che se la gara fosse andata male avrei ingaggiato un motivatore per rimuovere i limiti mentali».

Alla fine marciò in un’ora e 17’, demolendo il primato italiano. E del motivatore ha fatto a meno.

«Faccio da solo: ho brevettato due frasi banalissime (si figuri che una è: sei il più forte del mondo) che da allora mi ripeto ossessivamente prima di ogni gara. Funziona».

Gli viene chiesto se a Tokyo era il più forte del mondo. Risponde:

«In quei novanta minuti, sì. E quando dopo un’ora di gara ho visto che ero l’unico in testa a non avere proposte di squalifica ho capito che potevo forzare e staccare tutti».

La vittoria le ha cambiato la vita?

«No, mi sono attrezzato mentalmente. Nella mia testa ho deciso di essere arrivato secondo: così resto lo Stano di sempre e ho ancora fame»

Non lesina un giudizio su Schwazer:

«Schwazer dopo Pechino si è dopato: la sua storia non mi interessa. Di vincere da sporchi son capaci tutti».

ilnapolista © riproduzione riservata