Il campione olimpico della 4×100 al Corsera: “Ancora non ci credo. Se incontro una ragazza le dico che sono uno studente della Luiss”

Ultimo staffettista verso la gloria, la medaglia d’oro nella 4×100 ai Giochi di Tokyo, un centesimo di secondo davanti all’inglese Mitchell-Blake, e la rivalità con Jacobs che s’accende. Filippo Tortu non ha solo vinto, ha rimontato, s’è arrampicato, ha strappato un pezzo di leggenda come piace agli italiani: underdog, sorpresa, poi mito. Con Jacobs dice di aver già risolto la polemica per quel posto in staffetta, l’ultimo (“ne abbiamo parlato a settembre, al Gran premio di Monza. Entrambi vogliamo vincere tanto con la staffetta, ci schiereremo nel modo migliore per riuscirci. Al prof Di Mulo ho sempre dato la mia totale disponibilità: dove mi vuole, mi mette. Ma io so che la frazione dove rendo di più, per come sono fatto, è l’ultima”), ma al Corriere della Sera racconta anche altro. Della sua normalità, soprattutto.
“Sono campione olimpico. Ancora oggi, mi fa strano dirlo. Se conosco una ragazza e mi chiede cosa faccio, io rispondo: studio economia alla Luiss. Se lei si spinge oltre, se viene fuori il discorso dell’atletica e lei mi chiede qual è il mio sogno, io dico: partecipare a un’Olimpiade”.
Peccato che abbia già vinto una medaglia. Ma tanto – racconta – l’ha nascosta:
“Dove non posso dirlo. Per i ladri che leggono il Corriere e per scaramanzia. Ho disegnato una specie di mappa del tesoro, tipo: 40 passi a Est, venti a Ovest, gira intorno alla credenza, vai dritto fino al bagno... Mamma, papà e mio fratello Giacomo conoscono il nascondiglio, naturalmente, ma hanno l’obbligo di non rivelarlo nemmeno sotto tortura”.
E’ una bella intervista, perché Tortu non racconta banalità. Il ricordo olimpico a cui resta attaccato per esempio non è quello della gloria:
“Non dimenticherò mai i giorni passati prima dei Giochi alla Waseda University di Tokorozawa, a un’ora da Tokyo, sede del ritiro dell’Italia dell’atletica. Rivedo il campo d’allenamento al tramonto, io e papà che mi allena, il frinio fortissimo delle cicale giapponesi, la calma irreale prima della frenesia dell’Olimpiade. Il primo allenamento in Giappone, appena atterrati da Roma, è stato speciale. Non ero felice, di più. Ho pensato: sono all’Olimpiade con mio padre, e di colpo sono tornato bambino”.
Un campione olimpico che per Natale chiedere un maglione in regalo, Tortu è fatto così:
“Mi sono regalato una vacanza a Londra, ma senza togliermi sfizi speciali. Difficilmente mi premio. Anche a Natale. A nonna Titta ho chiesto un maglione, agli amici un ferro di cavallo: sono ultimo al Fantacalcio, mi serve un amuleto. Il regalo più bello è quello che mi sono fatto in pista a Tokyo”.