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Allo stadio per elaborare i lutti, in Germania il calcio è terapeutico

In Germania se ne occupa un’associazione, che spiega allo Zeit l’importanza del pallone come rito collettivo per combattere il dolore dei singoli

Allo stadio per elaborare i lutti, in Germania il calcio è terapeutico

Elaborare il lutto grazie al calcio. Come terapia collettiva e individuale. E’ molto più che un’idea: Carmen Mayer è una delle promotrici in Germania del progetto Mourning and Football, avviato nel 2018 e ora gestito da più persone. Si occupa di ricerca sui temi del lutto e del calcio. In un’intervista al Die Zeit dice che “il calcio offre un buono spazio per vivere il dolore personale. Le persone in lutto spesso si sentono sole, ma nel calcio non sei solo, sei in mezzo a una grande comunità, senti di essere in buone mani. Molti tifosi con cui ho parlato negli ultimi anni hanno detto che il calcio è una risorsa preziosa per loro nei momenti di dolore: quando la palla gira, ti concentri sul qui e ora, non pensi a ieri o domani. Puoi semplicemente spegnere e ricaricare le batterie”.

E’ la teoria del minuto di silenzio applicata alla vita di ognuno: “Il minuto di silenzio è un momento di pausa collettivo, che permette il dolore nella comunità e lo rende tangibile insieme. Molti tifosi mi hanno anche detto che nei minuti di silenzio spesso non pensano affatto al calciatore scomparso, ma piuttosto al proprio defunto. il solo gesto di andare allo stadio è un supporto importante per molte persone, per dare spazio ai propri sentimenti. Essere lì dove era il defunto e continuare l’eredità di questa passione per la propria squadra è qualcosa che supporta molti tifosi in lutto”.

Il tutto nasce da un’esperienza personale: “I miei figli sono nati morti poco prima dei Mondiali del 2006 e degli Europei del 2008. Nella primavera del 2006 non avevo molto a che fare con il calcio. Nel 2006 le partite della Coppa del Mondo sono diventate un buon motivo per sedermi con i miei amici e staccare la spina per 90 minuti. Spesso portavano qualcosa da mangiare ed erano queste cose molto semplici ad essere incredibilmente preziose. Perché all’inizio per me si trattava semplicemente di sopravvivere. La comunità che ho avuto grazie al calcio mi ha aiutato a non essere solo con il mio dolore, a lasciar correre i miei sentimenti e ad avere persone intorno a me, che erano proprio lì e hanno sopportato il dolore con me. Sulla parete c’era una maglia con il nome del nostro bambino defunto. Sfortunatamente, una maglia è stata aggiunta due anni dopo. Per me allora sembrava che il mondo intero fosse impazzito. La gente continuava ad andare al lavoro, le macchine continuavano a girare per strada, il sole sorgeva e tramontava di nuovo. Tutto sembrava essere rimasto lo stesso, ma tutto era cambiato per me. Quando sei in quello stato, la prossima partita di calcio diventa un obiettivo, una cosa molto familiare che non richiede che tu funzioni bene. Il soggiorno di casa o lo stadio diventano uno spazio protetto”.

Mayer dice che in Inghilterra il legame culturale tra la celebrazione della morte e il calcio è fortissimo: “Con i Queens Park Rangers, ad esempio, è possibile seppellire parte delle ceneri dei tifosi scomparsi alla presenza del sacerdote del club sulla linea di porta. Molti stadi hanno anche i cosiddetti giardini commemorativi. Non si tratta di cimiteri classici, ma di luoghi commemorativi che offrono ai tifosi l’opportunità di lasciare ricordi dei loro defunti. Se vuoi, puoi anche spargere lì una piccola parte delle ceneri dei tifosi defunti”.

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