Fabian è un valore inestimabile per il Napoli. Il suo ritorno mostra in maniera nitida il lavoro del tecnico che sta insegnando da mesi a giocare in più modi
Gli indizi che fanno una prova
L’andamento e il risultato di Bologna-Napoli, pochi giorni dopo le sfide contro Sampdoria e Fiorentina, sono gli ultimi tasselli che mancavano per completare il mosaico. Sono gli indizi che fanno una prova, e che servono per definire compiutamente i (molti) pregi e i (pochi) difetti della squadra azzurra. E, se vogliamo, per tracciare la strada e le ambizioni future di Spalletti e dei suoi giocatori. Che relazione c’è tra una vittoria sofferta ma meritata per 1-0 (contro la Samp), una brutta sconfitta per 2-5 (contro la Fiorentina) e il tranquillo 0-2 colto a Bologna? Intanto, dobbiamo partire dalle cose che sono cambiate col tempo, nel tempo: il numero e la qualità dei giocatori a disposizione di Spalletti e le caratteristiche degli avversari.
A Bologna, il Napoli ha ritrovato Mário Rui e soprattutto Fabián Ruiz, oltre a Zielinski, Lozano, Osimhen. Il Bologna, da parte sua, è una squadra molto distante dalla Fiorentina di Italiano, più simile alla Sampdoria di D’Aversa: preferisce lasciare il controllo del pallone agli avversari, così da poter utilizzare il pressing come arma offensiva; pratica un calcio diretto e poco arzigogolato e si esprime al meglio solo quando riesce a giocare ad alta intensità. Insomma, ha un approccio completamente diverso da Empoli, Spezia, Fiorentina, squadre sistemiche che hanno battuto il Napoli. Non a caso, viene da dire.
Attenzione: con questo non vogliamo affermare che il gioco di Mihajlovic o il sistema di D’Aversa siano ontologicamente inferiori rispetto a quelli di Andreazzoli, Thiago Motta, Italiano. Semplicemente, mettono maggiormente in difficoltà il Napoli. Al contrario, le squadre verticali e quindi meno sofisticate nel possesso palla rappresentano un rebus più semplice da risolvere per gli uomini di di Spalletti. Soprattutto quando il tecnico toscano può contare su un organico non decimato, non in emergenza.
Il Napoli visto a Bologna
Per la gara del Dall’Ara, Spalletti ha scelto di schierare un Napoli fortemente orientato al possesso palla. Tutte le scelte, al netto delle assenze, sono state fatte in funzione di questo piano-partita: Mário Rui è andato subito in campo nonostante il fresco recupero dal Covid; Zielinski è stato lanciato addirittura da titolare a pochi minuti dalla negativizzazione; il doble pivote è stato formato da Fabián Ruiz e Lobotka, con Mertens unica punta. L’unico giocatore non coerente con questo approccio era Lozano, che però – come vedremo – ha interpretato il suo ruolo di laterale offensivo in maniera particolare. Il modulo scelto da Spalletti è stato un 4-2-3-1 puro, sia in fase offensiva che difensiva. Con una sola piccola variabile: spesso Lobotka era l’unico centrocampista ad abbassarsi per costruire il gioco dal basso, mentre Fabián Ruiz ha tenuto una posizione decisamente più mobile rispetto a quella dello slovacco.
In alto, il 4-2-3-1 del Napoli in fase offensiva, con Lozano molto stretto al centro (ne parleremo più avanti); sopra, la squadra di Spalletti difende con lo stesso identico modulo sulla costruzione arretrata del Bologna.
Quanto conta Fabián Ruiz
Il ritorno di Fabián Ruiz ha un valore inestimabile per il Napoli. Se le doti di Koulibaly permettono alla difesa – e quindi alla squadra – di giocare in maniera aggressiva, se Osimhen crea costantemente apprensione agli avversari grazie alla sua straordinaria capacità di attaccare la profondità, Fabián garantisce al Napoli un’enorme plusvalore nel possesso in tutte le zone del campo. La sua prestazione a Bologna è stata straordinaria, in termini quantitativi e qualitativi: 105 palloni giocati (record assoluto tra tutti i calciatori in campo), 2 passaggi chiave, 4 lanci lunghi riusciti (su 5 tentativi), un assist decisivo e un meraviglioso tiro da fuori area che si è infranto sulla traversa di Skorupski.
In alto, tutti i palloni giocati da Fabián Ruiz; sopra, tutti i tocchi di Lobotka.
Come detto in precedenza, e si vede chiaramente anche in questi screen appena sopra, Fabián si è mosso moltissimo. Ha interpretato in modo perfetto un ruolo nuovo per lui, almeno per quanto riguarda questa stagione: quello del centrocampista dinamico, del facilitatore del possesso palla. Per capire cosa intendiamo, basta riguardare l’occasione creata dal nulla al sesto minuto: Fabián riceve palla mentre è nella posizione ibrida che abbiamo già descritto – davanti e non accanto a Lobotka – e che manda in tilt le scalate difensive del Bologna; a quel punto l’andaluso può avanzare senza opposizione, alzare la testa e vedere che Lozano si sta inserendo tra il centrale e il centrale di sinistra della difesa a tre di Mihajlovic; il suo passaggio di sinistro è perfetto, Lozano stoppa bene ma si fa deviare il tiro da Skorupski.
Bastano pochi istanti
È incredibile pensare che questo Fabián Ruiz sia lo stesso Fabián Ruiz che, in avvio di secondo tempo, ha servito a Lozano il pallone dello 0-2 al termine di una veloce azione originata da una palla ribattuta dalla difesa e poi spostata in avanti in maniera perfetta, per non dire sublime. In realtà è proprio questa la forza di Fabián, ma anche del Napoli-di-possesso quando in campo c’è lo spagnolo. Nella meravigliosa manovra che determina il gol del raddoppio, si notano anche i difetti di ingenuità del Bologna, le caratteristiche genetiche che fanno, della squadra di Mihajlovic, un avversario su misura per quella di Spalletti.
Tutto parte, come detto, da un cross dei rossoblu sputato fuori dalla difesa del Napoli; sulla seconda palla, la squadra di Mihajlovic sente l’odore del sangue e quindi alza molto l’intensità del suo pressing, fino al punto da portare Soumaoro – il braccetto di destra della difesa a tre – fino al limite dell’area del Napoli; la ripartenza dal basso degli azzurri, tipica di una squadra di possesso, parte da Mário Rui e da Elmas, poi trova Fabián Ruiz in una posizione insolita, quella di esterno a destra; tre passaggi a uno o due tocchi, Zielinski imbuca per la corsa (ancora) di Fabián, che arriva col tempo giusto per servire Lozano appostato a centro area; stop morbidissimo con dribbling incorporato e tiro facile facile nella porta vuota.
Uno dei gol più belli dell’anno?
In quest’azione, tutto si incastra armonicamente. Anche Mertens, a dir poco evanescente per gran parte della partita, ha un ruolo fondamentale nell’accorciare verso il centrocampo, nel cucire il gioco e i reparti in maniera perfetta. L’uomo e la giocata che fanno la differenza, però, sono Fabián Ruiz e il suo movimento ad allargarsi, a comprendere come e dove la sua presenza e il suo tocco avrebbero potuto creare uno scompenso in un sistema già compromesso dal pressing alto – come quello del Bologna in quella situazione di gioco.
Del resto, e lo abbiamo sempre detto in questo spazio, sono i giocatori a rendere efficaci e godibili le idee tattiche. E allora il Napoli che recupera Fabián Ruiz, che può schierare Fabián Ruiz accanto a Lobotka, è una squadra che può interpretare ancora meglio un piano partita orientato al controllo della palla (a fine gara, la quota di possesso grezzo fatta registrare dal Napoli è stata del 61%). È così che Mertens torna a essere un giocatore utile alla causa anche se gioca da prima punta e accumula zero (!) tiri tentati in 70 minuti di gioco; è così che Lobotka diventa (con una percentuale del 93%) il miglior giocatore della Serie A per precisione nei passaggi; infine, è così che il Napoli può sfruttare benissimo le disattenzioni di un avversario che, per sua natura, sa difendersi solo in maniera aggressiva, e sa attaccare meglio quando non ha il pallone.
Lozano esterno e seconda punta
L’altra variabile tattica al Napoli-di-possesso, l’abbiamo già accennato in questa analisi, è quella che riguarda la posizione e i movimenti di Hirving Lozano. Non è un caso che il messicano abbia segnato due gol, come non è un caso che sia stato il giocatore in campo che ha tentato il maggior numero di conclusioni verso la porta avversaria (4): Spalletti ha disegnato per lui una posizione ambivalente, gli ha chiesto di essere un po’ esterno e un po’ seconda punta, di venire a riempire l’area ogni volta che fosse possibile. E infatti Lozano è stato il secondo giocatore che ha toccato più palloni in area avversaria (6) tra tutti quelli che sono scesi in campo nella partita Bologna-Napoli. Il primo di questa classifica, incredibilmente, è Diego Falcinelli: pur essendo entrato solo al minuto 52′, l’ex attaccante di Sassuolo e Crotone ha giocato 8 volte il pallone nell’area del Napoli
Come si riempie (bene) l’area di rigore
Questo relativo a Falcinelli è un dato cui poter far riferimento per spiegare le parole di Spalletti nel postpartita. Intervistato da Dazn, il tecnico del Napoli si è detto «arrabbiato per il modo in cui abbiamo gestito gli ultimi minuti della partita». Secondo il tecnico toscano, il Napoli «non è fatto per difendersi a oltranza», e «si è visto nel finale, quando ci siamo abbassati troppo». È una lettura corretta, ma inevitabile. Per un semplice motivo: sullo 0-2, a 20′ dalla fine, Spalletti ha inserito Victor Osimhen. In questo modo, il Napoli ha perso le sue caratteristiche di squadra di possesso e ha finito per allungare troppo il campo, quasi invitando il Bologna a traslocare in massa nella propria metà campo.
I dati, come al solito, permettono di capire meglio ciò che succede. In questo caso, quello più eloquente e significativo riguarda il possesso palla: dal 70esimo in poi, cioè dal cambio Osimhen-Mertens, il Bologna ha controllato la sfera per il 70% del tempo. Nello stesso segmento, la squadra di Mihajlovic ha tentato 7 delle sue 12 conclusioni totali, mentre il Napoli ha tirato solo per 2 volte verso la porta di Skorupski. Questo, ovviamente, non vuol dire che il Napoli non potrà giocare mai più con Osimhen al posto di Mertens; molto più semplicemente, in occasione di Bologna-Napoli, questo cambio ha determinato una situazione tattica diversa da quella che ha permesso alla squadra di Spalletti di governare la gar.
La distanza tra Osimhen e il resto dei compagni parla da sola: come può, la squadra di Spalletti, gestire questo pallone senza tornare indietro e farsi schiacciare dal Bologna?
Certo, Osimhen ha anche sfiorato il gol con un’azione delle sue, con una grandissima progressione su assist in verticale di Demme. Ma la tattica calcistica è un gioco di compensazione e scelte e rischi: con l’attaccante nigeriano in campo, il Napoli sceso in campo a Bologna non è più stato in grado di gestire la partita come ha fatto per 70 minuti. Forse non è riuscito a reggere distanze più ampie – come si vede nello screen appena sopra – e forse riuscirà a farlo di nuovo quando tornerà Koulibaly, ma resta il fatto che quei 20′ potevano compromettere una vittoria agile e meritata.
Si può accusare Spalletti di aver sbagliato a inserire Osimhen? No, per un semplice motivo: il centravanti nigeriano, per tornare a essere utile al Napoli, ora deve giocare. Per ritrovare la condizione, per permettere alla sua squadra di tornare a supportarlo, ad assorbire la sua esuberanza, il suo gioco fisico, verticale, così diverso da quello di Mertens e Petagna. Perché non tutti gli avversari sono e/o saranno come il Bologna di Mihajlovic: da qui alla fine della stagione, il Napoli affronterà di nuovo Spezia, Empoli e Fiorentina, più tante altre squadre che giocano a calcio in maniera sistemica. Proprio com’è successo nella prima parte del campionato, la presenza di Osimhen in certe occasioni è fondamentale. Non a caso, lo stesso Spalletti ha detto – nel postpartita – che, per raggiungere la Champions, il Napoli «ha bisogno di Fabián Ruiz e Osimhen».
Conclusioni
È la miglior dichiarazione possibile, per chi scrive e gestisce questo spazio di analisi tattica. Da tempo sosteniamo che la grande ricchezza del Napoli stia nella varietà della sua rosa, e – conseguentemente – nella capacità dell’allenatore di sfruttare questa situazione variando stili e approcci e uomini. Se, come abbiamo spiegato, il ritorno di Fabián Ruiz ha immediatamente reso più efficace il Napoli-di-possesso, il recupero di Osimhen aprirà nuovi sbocchi e nuove strade in una direzione diversa, anche se già conosciuta. Quella del gioco verticale, ovviamente.
A quel punto, Spalletti avrà di nuovo la possibilità di immaginare, di intuire, di disegnare la soluzione giusta per ogni partita della sua squadra. E questo discorso vale per le scelte iniziali come per quelle a gara in corso. È così che il Napoli è arrivato in testa alla classifica e ci è rimasto per molto tempo. È così che il Napoli potrà tornare ad aspirare a quei risultati, perché nel frattempo il progetto del suo allenatore non si è mai fermato. Non si è mai adagiato sugli alibi. E ora, mentre Koulibaly, Anguissa e Ounas sono ancora in Coppa d’Africa, i risultati di quel lavoro e di quell’atteggiamento cominciano a vedersi.