Il libro di Iovane sul Fatto quotidiano. Zatterin lo definì un fallito, ai funerali c’era solo De Andrè: “Non un cantante ha mandato un fiore”.

Si avvicina Sanremo e il Fatto Quotidiano dedica una pagina al libro di Antonio Iovane su Luigi Tenco: “Un uomo solo”. Ecco alcuni estratti.
“Luigi Tenco era prima di ogni altra cosa un uomo solo” disse a caldo Giorgio Gaber ricordando l’amico, morto suicida il 27 gennaio 1967. Ecco spiegato il titolo, Un uomo solo, sotto il quale Antonio Iovane snoda queste sue pagine dedicate al cantautore che a 28 anni decise di farla finita dopo la prima serata del Festival di Sanremo.
Tenco è il cantante del rimpianto, nelle sue canzoni tutto è già accaduto, non c’è niente che si possa più fare, nessuno può reagire, contrastare il destino, nelle sue canzoni sono tutti sbagliati, perdenti, sconfitti, inerti, nelle sue canzoni non resta che accettare la solitudine”.
Sono le due di notte quando dalla stanza 219 le urla di Dalida volteggiano su “un corpo inanimato in terra, gli occhi al soffitto, rivoli di sangue dalla bocca e dal naso che tagliano in due le guance”. Sanremo prosegue all’insegna di un cinico the show must go on,
Leggere Un uomo solo di Iovane significa non solo rinnovare la memoria di Tenco, ma interrogarsi sulla natura profonda di uno star system che corre sempre il rischio di avere qualcosa a che spartire con il clima di 55 anni fa.
Nei giorni successivi alla morte del cantante un certo milieu intellettuale addirittura incrudelisce. Ugo Zatterin definisce Tenco “un fallito”, Riccardo Bacchelli scrive che “non vale la pena di spendere molte parole sulla futilità di certi suicidi”. Al funerale, in provincia di Alessandria, solo Fabrizio De André: “Non un cantante ha mandato un fiore”.