A La Stampa: «Contro Tsitsipas non aveva un piano B. Ai miei tempi non si usavano molto i coach. Ho deciso di fare il tennista guardando tutte quelle ragazze correre dietro a Borg»

John McEnroe tiene banco sui giornali italiani, non ha mai concesso tante interviste ai nostri quotidiani. Si parla ovviamente sempre del suo possibile ingaggio come supercoach di Sinner. Stavolta lo fa con La Stampa, in precedenza lo ha fatto col Corriere della Sera.
In Italia c’è grande curiosità: Riccardo Piatti l’ha finalmente ingaggiata come aiuto coach di Sinner?
«Durante il terzo set del match di Jannik con Tsitsipas in effetti mi aspettavo una chiamata da Riccardo…»
Che cosa non le è piaciuto?
«Stefanos ha giocato un grande match ma Jannik non aveva un “piano B”. Si è come bloccato. Capita, se il tuo avversario gioca così bene, è capitato anche a me. Jannik è un gran bravo ragazzo ma deve migliorare ancora. Non è a suo agio a rete e ogni tanto è incerto in mezzo al campo. Deve imparare a cambiare marcia, a fare cose diverse, non può stare due o tre metri dietro la riga di fondo come Nadal, non è il suo gioco. Ma bisogna anche guardare il lato positivo. Ha fatto tanti progressi, è già un campione, può vincere uno o più Slam. Riccardo però non mi ha chiamato. Forse ha deciso di fare da solo…».
Da zero a dieci quanto sono stati importanti i coach nella sua carriera?
«Vediamo…Due? Ma ai miei tempi i coach non usavamo molto. Oggi i tennistici girano con lo psicologo, il trainer, il fisio, due o tre coach, la famiglia, gli amici, persino lo chef. È un mondo diverso».
Borg è stato invece il più importante, la prima vera superstar?
«Stai dicendo che è stato più forte di me, vero? Sì, con il suo stile e i sciso uoi successi Bjorn ha cambiato il tennis. È stato vedendo tutte quelle ragazze che gli correvano dietro che ho deciso di fare il tennista».